Geopolitica
Francesca Albanese alla festa AVS
Alla festa AVS una folla gremita di ragazzi con la kefiah ascolta Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati.
La festa Terra! di AVS offre un altro evento importante dopo l’incontro tra i leader del centrosinistra. Una folla gremita di tanti ragazzi con la kefiah ascolta Francesca Albanese, relatrice speciale delle Nazioni Unite sui territori palestinesi occupati, recentemente salita agli onori della cronaca per le sanzioni personali imposte contro di lei dagli Stati Uniti di Donald Trump. Una storia inaudita, in cui si criminalizza il lavoro svolto per conto dell’ONU.
Quando il mondo dorme
La giurista è introdotta dai capigruppo di AVS alla Camera e al Senato, rispettivamente Luana Zanella e Peppe De Cristofaro. I due si confrontano con Albanese a partire dal suo libro “Quando il mondo dorme” nel quale descrive la situazione palestinese a un pubblico più ampio rispetto a quello che può accedere al suo rapporto “Dall’economia dell’occupazione all’economia del genocidio”.
Il titolo del libro è già un punto di partenza per la discussione. De Cristofaro puntualizza giustamente che negli ultimi mesi l’opinione pubblica sembra essersi risvegliata, costringendo i governi occidentali a prendere le prime timide posizioni e incrinando la narrazione mainstream che ha finora additato come antisemiti tutti i critici contro il governo israeliano.
I capigruppo AVS
Sono così state organizzate manifestazioni di piazza, tra cui le 50.000 persone a Genova a sostegno dell’iniziativa umanitaria della Global Sumud Flotilla. Finisce quindi per chiedersi se il prossimo libro dovrà essere ridenominato al passato, “Quando il mondo dormiva”? Però, si chiede anche cosa possiamo fare per aiutare? Perché i governi, specie quello italiano, appaiono inerti, tanto che sono ancora attive tutte le forme di collaborazione con Israele. Solo alcuni governi dichiarano di voler riconoscere lo stato palestinese, ma ponendo condizioni e paletti.
Zanella propone una grande mobilitazione internazionale, magari a Bruxelles, di fronte ai palazzi del potere europeo. Il suo obiettivo è quello di uscire dal buio in cui è finita la causa palestinese e in generale tutto il diritto internazionale. Per questo definisce Albanese una delle poche luci rimaste.
De Cristofaro sottolinea inoltre che negli anni la situazione è peggiorata, per cui la soluzione “due popoli due stati” poteva andar bene in passato. Ora è difficile ottenere uno stato palestinese data la fortissima presenza di coloni israeliani, che sono passati da centomila a un milione.
Lascia infine un ricordo personale della missione effettuata da AVS in Cisgiordania. Il senatore racconta che i luoghi abitati dai coloni e quelli da palestinesi si riconoscono dagli alberi. Dove ci sono i coloni, i corsi d’acqua sono stati deviati per fare crescere gli alberi. Dove ci sono i palestinesi, si trova il deserto.
Il buio del diritto
Francesca Albanese non crede che il mondo sia appena entrato in una fase di buio, semplicemente si è accorto del buio che ha costruito. Questo buio è frutto dell’abbandono della coscienza politica, per cui noi cittadini non abbiamo tutelato abbastanza i beni collettivi, di cui il diritto è parte essenziale. I potenti devono rispondere delle proprie azioni e il loro potere deve essere esercitato nei limiti della Costituzione e del diritto internazionale. Ma quei limiti sono sistematicamente violati da molti anni.
Basta pensare com’è cambiata la narrazione del conflitto israelo-palestinese in Italia. Durante la prima repubblica, le tesi di Albanese erano mainstream. Ma, il movimento pacifista mondiale si è ferito con i fatti del G8 di Genova a cui è seguito l’attentato dell’11 settembre 2001. In quel momento è iniziata l’erosione drammatica del diritto internazionale, in prima battuta con una guerra al terrorismo senza il consenso dell’ONU.
La giurista ritiene che la questione del terrorismo non fu trattata adeguatamente sotto il profilo del diritto. Il diritto ci dice che la violenza contro i civili non è mai giustificata. Però, un atto illegittimo di un popolo oppresso non inficia il suo diritto all’autodeterminazione e alla vita normale. Al contrario, un crimine commesso dall’oppressore ne aggrava la posizione.
Rivendica la possibilità di sbagliare su tante cose, ma non sull’interpretazione del diritto tanto che, ormai, la comunità accademica è concorde nel parlare di genocidio e di pulizia etnica. Difatti, il popolo palestinese si trova di fronte alla minaccia estrema di essere cancellato ed espulso dalla propria terra.
Che fare?
Appurate le violazioni del diritto internazionale, Albanese spiega come reagire. Puntualizza che il nostro senso di impotenza è un privilegio, perché possiamo decidere se fare o non fare qualcosa, mentre i palestinesi devono agire per non rimanere uccisi o essere espulsi dalla loro terra.
Noi possiamo iniziare dalle piccole cose, creando una pressione dal basso. In particolare, il rapporto ONU sottolinea come l’occupazione dipenda anche dalle nostre aziende, università, centri di ricerca e banche. Dobbiamo fare scelte quando consumiamo i prodotti, boicottando il made in Israel, come quelle aziende che sono citate nel rapporto. Non si parla infatti solo di grandi aziende di armamenti, ma anche di portali come Booking.com e Airbnb. Albanese sottolinea che possiamo tranquillamente organizzare le nostre vacanze senza utilizzare queste aziende. In pratica, dobbiamo sacrificare un pochino del nostro comfort per aiutare gli altri.
Inoltre, si deve fare pressione sui governi. Il nostro si distingue come strenuo sostenitore dell’apartheid e si disinteressa di fermare il partenariato commerciale tra Israele e UE. Ultimamente, i governi occidentali provano la strada del riconoscimento della Palestina alle Nazioni Unite. Ma questo non ferma autenticamente i crimini di Israele.
Inoltre, il riconoscimento potrebbe diventare una distrazione. Ad esempio, la Francia si appresta a riconoscere lo stato di Palestina, solo se demilitarizzato. Ma noi occidentali non possiamo dire ai palestinesi come devono governarsi e possono difendersi. In questo contesto teso, non si può chiedergli di rinunciare alla propria difesa. I palestinesi devono essere artefici della propria autodeterminazione e l’occidente non può porre condizioni con la spocchia coloniale che lo contraddistingue.
Un mondo migliore
Albanese crede quindi che il mondo non si sia ancora svegliato, malgrado alcuni segnali positivi e invita tutti a partecipare alla marcia per la pace, la Perugia Assisi del 12 ottobre. Secondo lei, dobbiamo tutti imparare a sognare un mondo migliore, intersecando le diverse lotte. Dobbiamo essere consapevoli di non voler lavorare 10 ore al giorno per comprare cose che non ci servono e che finiscono in discarica, inquinando il mondo. Per questo insiste nella mobilitazione attraverso le scelte etiche.
Oggi si sta inoltre verificando un’espansione della zona di dominio di Israele in Medio Oriente, che fa da cassa di risonanza per gli interessi delle grandi aziende statunitensi. Questo è un grande rischio per noi europei, che dobbiamo inventare un nuovo mondo multilaterale, aprendoci all’America latina, all’Asia, all’Africa e a tutti quei paesi che si battono per il diritto internazionale.
Conclude parlando dell’esperienza di una dottoressa sudafricana che lottava contro l’apartheid e la polizia gli sparò al ginocchio quando aveva 7 anni. La donna ricorda il dolore al ginocchio, ma anche la solidarietà internazionale che ha aiutato il Sud Africa a superare quell’esperienza, che è terminata in maniera repentina e inaspettata. C’è quindi sempre speranza.
Terminato l’incontro, il pubblico omaggia Francesca Albanese con una meritata e commossa standing ovation.
Devi fare login per commentare
Accedi