Medio Oriente
Il “demolitore capo” di Gaza vive in una colonia dichiarata illegale da Israele 25 anni fa e mai demolita
Le colonie israeliane in Cisgiordania sono tutte illegali per il diritto internazionale, come lo erano quelle di Gaza smantellate esattamente 20 anni fa. Alcune sono illegali perfino per la legge israeliana, anche se gli ordini di demolizione emessi, spesso decenni fa, non vengono mai eseguiti. In una di queste, vive Avraham Zarviv, uno dei principali responsabili della demolizione delle case a Gaza, uno che dichiara pubblicamente: “Dobbiamo spianare Gaza”, come riportato da Haaretz alcune settimane fa. La sua storia, una storia paradigmatica della violenza sistematica sulla quale si fonda l’Israele di questi decenni, da ben prima del 7 Ottobre, la racconta il magazine online israeliano +972, in partnership con Local Call, due delle voci più coraggiose e critiche interne allo stato ebraico.
Nella guerra che devasta la Striscia di Gaza dal 7 ottobre, un nome è emerso come simbolo crudo e grottesco della distruzione sistematica: Avraham Zarviv, 53 anni, riservista israeliano giudice rabbinico a Tel Aviv e guida un programma di preparazione pre-militare nell’insediamento di Beit El. Ma è a bordo di un bulldozer blindato D9, nella polvere e nei detriti di Gaza, che Zarviv è diventato una figura virale e controversa. Con tono entusiasta, nei suoi video racconta di abbattere fino a 50 edifici a settimana. Parla della “spianatura di Jabalia” come fosse una bonifica gloriosa. “Quando si arrendono, non resta nulla”, dichiara sorridendo all’obiettivo. I suoi filmati, rimbalzati sui social, mostrano carcasse di case ridotte in polvere, mentre lui posa accanto a ufficiali sorridenti, incluso il Capo di Stato Maggiore Herzi Halevi.
Ma c’è un altro fronte, meno raccontato, che riguarda la vita privata di Zarviv: abita in una casa abusiva. Si trova a Beit El, una colonia illegale in Cisgiordania, su terra palestinese sequestrata da Israele nel 1970. La sua abitazione è colpita da un ordine di demolizione risalente al 2000, emesso dallo stesso stato per cui Zarviv distrugge le case altrui. Un ordine ignorato da 25 anni e che ovviamente nessuno farà rispettare.
Secondo Dror Etkes, analista e fondatore di Kerem Navot, la casa sorge fuori dai confini originari del sequestro militare ed è quindi tecnicamente senza alcuna autorizzazione. Nonostante questo, rimane in piedi. Un edificio illegale in una colonia illegale, mai toccato dai bulldozer dello stato. “Non è un’anomalia”, spiega Etkes. “È il sistema stesso”.
Zarviv non si è mai nascosto: in un’intervista ad Arutz Sheva racconta come l’uso dei D9 in Gaza sia iniziato “dal basso”, da comandanti di brigata. Il bulldozer è diventato arma di guerra prima che strumento logistico: invece di mandare soldati casa per casa, si rasa al suolo l’intero isolato. Niente rischi, niente resistenza. Solo macerie.
“Quando la guerra chiama, le regole cambiano”, dice. Il costo? Circa 6.000 shekel al giorno per far funzionare il suo D9: carburante, pezzi di ricambio, vitto. Il risultato? Migliaia di edifici civili distrutti, con implicazioni legali gravi secondo diverse ONG e osservatori internazionali, che parlano apertamente di crimini di guerra e punizione collettiva.
Il contrasto è feroce. Gaza viene rasa al suolo, con interi quartieri polverizzati senza preavviso, mentre una casa israeliana senza permesso, in un insediamento ritenuto illegale anche dalla Corte Suprema israeliana, resiste nel tempo, protetta dal silenzio e dall’impunità.
Zarviv incarna così un doppio volto dell’occupazione: demolitore instancabile di vite palestinesi e allo stesso tempo beneficiario diretto di un sistema che tollera, incoraggia, premia l’illegalità coloniale. Le sue mani muovono il joystick del D9 come prolungamento di una politica che non distingue tra bersagli militari e civili, tra diritti e arbitrio, tra giustizia e vendetta.
In un paesaggio fatto di rovine, il suo bulldozer non è solo una macchina: è il simbolo di una dottrina. E la casa abusiva dove torna a dormire ogni notte, indisturbato, racconta più di mille dichiarazioni ufficiali di cosa Israele intenda oggi per legge, territorio e potere. Per Arviv è stato chiesto anche un processo per crimini contro l’umanità di fronte alla Corte Penale Internazionale dalla Hind Rajab Foundation. Ovviamente non se ne farà nulla, come per quell’ordine di demolizione che pende sulla sua casa da un quarto di secolo.
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