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Iran

Medio Oriente

Breve storia dell’Iran, da Ciro il Grande all’ayatollah Khamenei

di redazione

Da Ciro il Grande all’ayatollah Khamenei, la storia dell’Iran è un intreccio di imperi, religioni e rivoluzioni che hanno modellato il volto politico e culturale di uno dei paesi più influenti del Medio Oriente

18 Giugno 2025

Storia dell’Iran. Le origini, l’età degli imperi

Il territorio dell’attuale Iran vanta una delle civiltà più antiche del mondo. Abitato sin dalla preistoria, fu conquistato nel VII secolo a.C. dai medi e nel secolo successivo dai persiani. Fu proprio sotto Ciro il Grande che nacque l’Impero achemenide, tra i più vasti e organizzati dell’antichità.

Nei secoli successivi, la Persia passò sotto il controllo di Alessandro Magno (IV sec. a.C.), dei parti (III sec. a.C.) e infine dei sasanidi (III sec. d.C.), che fecero dello zoroastrismo la religione ufficiale. In costante conflitto con l’Impero romano prima e con quello bizantino poi, l’Impero sasanide visse una profonda crisi tra il VI e il VII secolo, che aprì la strada alla conquista araba e all’islamizzazione del territorio (634-651 d.C.).

Dal medioevo al rinascimento persiano

Il periodo successivo fu segnato da instabilità politica e dominazioni straniere. La Persia cadde sotto il controllo dei turchi selgiuchidi nei secoli XI-XII e fu successivamente conquistata dai mongoli (XIII-XV sec.).

Fu solo nel XVI secolo che il paese ritrovò una propria identità politica unitaria, grazie alla dinastia safavide. Con Abbas I il Grande (1587-1628), la Persia conobbe una nuova epoca d’oro: furono rafforzati i confini, l’economia venne rilanciata e l’Islam sciita fu imposto come religione di stato. Tuttavia, il declino dei Safavidi portò, nel XVIII secolo, a un lungo periodo di decadenza, segnato dal crescente interventismo di potenze straniere come la Russia e la Gran Bretagna, attratte soprattutto dalle risorse petrolifere scoperte all’inizio del Novecento.

La dinastia Pahlavi e la modernizzazione forzata dell’Iran

Nel 1921 un colpo di stato portò al potere Reza Khan, che nel 1925 si proclamò scià, fondando la dinastia dei Pahlavi. Lo scià è il titolo dato al sovrano, figura di comando che gode di assoluti poteri in campo politico, ma che può vantare anche una notevole caratura spirituale. Il nuovo sovrano avviò ambiziosi programmi di modernizzazione economica e sociale, ma non riuscì a contenere l’influenza esterna. Nel 1941 fu costretto ad abdicare a favore del figlio Mohammad Reza Pahlavi, che regnò fino alla rivoluzione islamica del 1979.

Durante il suo lungo mandato, lo scià instaurò un regime sempre più autoritario e filo-occidentale, legandosi strettamente agli Stati Uniti e alle compagnie petrolifere internazionali. La sua “rivoluzione bianca”, un programma di riforme lanciato negli anni Sessanta, puntava alla modernizzazione del paese ma non intaccò le profonde disuguaglianze sociali né l’impostazione autocratica del potere.

1979: la svolta islamica

Il crescente malcontento popolare sfociò, nel 1979, in una rivolta senza precedenti. A guidare la protesta fu l’ayatollah Ruhollah Khomeini, esule in Francia, che rientrò in patria dopo la fuga dello scià e instaurò una Repubblica Islamica fondata sulla legge coranica. Khomeini era il simbolo vivente dell’opposizione allo scià e guidò da Parigi la rivoluzione.

La nuova teocrazia si presentò come un modello alternativo ai regimi laici e filo-occidentali, con l’obiettivo dichiarato di eliminare ogni influenza esterna. L’assalto all’ambasciata americana di Teheran, sempre nel 1979, aprì una profonda crisi diplomatica con gli Stati Uniti e segnò l’inizio di un lungo isolamento internazionale.

Guerra, repressione e riforme in Iran

Negli anni Ottanta l’Iran affrontò una sanguinosa guerra con l’Iraq (1980-1988), in quella fase e in quella guerra alleato degli USA, che causò enormi perdite umane ed economiche. Alla morte di Khomeini, nel 1989, la guida religiosa passò ad Ali Khamenei, mentre la presidenza della Repubblica fu affidata a Ali Akbar Rafsanjani, seguito da Mohammad Khatami nel 1997. Entrambi tentarono una moderata apertura riformista. Khātami vinse grazie al voto femminile e giovanile in virtù delle sue promesse di migliorare lo stato delle donne e di dare una risposta alle domande delle generazioni più giovani in Iran. La sua politica fu contrastata però dai settori più conservatori del potere religioso, che nel 2005 poi riconquistarono spazio con l’elezione di Mahmoud Ahmadinejad.

Il ruolo di Ali Khamenei nell’Iran di ieri e di oggi

Ayatollah e politico, Khamenei si è formato in prestigiose scuole teologiche. Ha sempre militato nei movimenti rivoluzionari islamici che si opponevano allo shāh. Uomo di fiducia dell’imam Khomeini e membro del consiglio della rivoluzione (1979-80), dopo la caduta dello shāh è stato tra i fondatori del partito della repubblica islamica, per poi essere nominato guida delle preghiere del venerdì di Teheran. Nel 1981, sopravvissuto a un attentato, che gli ha però precluso l’uso della mano destra, è stato eletto presidente dell’Iran; riconfermato nel 1985, ha mantenuto la carica fino al 1989, quando è stato eletto a vita guida suprema dopo la morte di Khomeini. Noto per la politica ultraconservatrice, antioccidentale e radicalmente antisionista, negli anni il suo potere è andato consolidandosi, anche in virtù della forte influenza esercitata sul consiglio dei guardiani della costituzione, di cui nomina direttamente i sei membri religiosi. In quest’epoca si è ulteriormente la distanza tra Iran e Occidente, e anche tra l’Iran e i paesi musulmani sunniti, a cominciare dall’Arabia Saudita. A dividere Teheran da Ryiad oltre a dispute teologiche e intepretative che discendono dall’antica divisione tra sciiti (maggioritari in Iran) e sunniti (predominanti nel resto del mondo islamico), sono anche gli interessi economici. Le progressive sanzioni che hanno colpito l’Iran, infatti, hanno comunque fortemente limitato la presenza sul mercato globale del petrolio dell’Iran (che è il terzo produttore al mondo di greggio), favorendo il predominio saudita e degli altri produttori del Golfo.

Iran oggi: la guerra con Israele

Già dopo l’11 settembre, l’Iran era tornato al centro del dibattito internazionale. Accusato dagli Stati Uniti di sostenere il terrorismo e di sviluppare un programma nucleare con fini militari, il paese si è trovato ancora una volta isolato, pur cercando alleanze strategiche alternative.

Fino agli anni ’80 Iran e Israele avevano precedentemente goduto di rapporti tendenzialmente amichevoli, nonostante gli islamisti iraniani sostenessero da tempo il popolo palestinese, che definivano “oppresso”. L’Iran addestrò e armò la milizia di Hezbollah durante la guerra del Libano del 1982 e continuò a sostenere le milizie sciite durante l’occupazione israeliana della regione meridionale del Libano. Anche prima del 1979, gli islamisti iraniani avevano sostenuto materialmente i Palestinesi; dopo il 1979 l’Iran intrattenne rapporti con l’Organizzazione per la Liberazione della Palestina (OLP) e successivamente con la Jihad islamica palestinese e Hamas.

L’Iran ha più volte dichiarato l’unicità dello stato palestinese e ha più volte invocato la dissoluzione e distruzione di Israele. Il primo aprile del 2024 Israele ha bombardato il consolato iraniano a Damasco. In risposta, l’Iran ha effettuato per la prima volta un attacco diretto sul territorio israeliano, con droni e missili. Il 31 luglio 2024 il capo politico di Hamas, Ismāʿīl Haniyeh, viene ucciso insieme alla sua guardia del corpo a Teheran, mentre si trova in una struttura gestita dai militari iraniani. Nel mese di ottobre viene ucciso anche Hassan Nasrallah, capo di Hezbollah in Libano.

Intorno alle 2 del mattino del 13 giugno 2025 Israele ha sferrato direttamente e a sorpresa un attacco nel territorio iraniano, bombardando siti nucleari, militari, depositi di carburante e giacimenti di gas ed edifici residenziali. L’Iran ha risposto con un attacco missilistico, riuscendo a colpire Tel Aviv e Gerusalemme. Benjamin Netanyahu ha giustificato l’inizio della guerra con la paura dello sviluppo di un’arma atomica da parte dell’Iran. L’obiettivo sembra però essere quello di provocare un’implosione interna del sistema di potere iraniano e un conseguente regime change. Secondo diversi analisti, tuttavia, una prospettiva di “normalizzazione” dell’Iran, oltre che complicata dal punto di vista pratico, in ragione delle molte divisioni interne alla società iraniana, troverebbe degli avversari in diversi attori rilevanti nell.area. A cominciare appunto dai paesi produttori di petrolio che, rimosse le sanzioni, troverebbero un competitor forte sul mercato globale, mentre al momento la maggioranza delle esportazioni di idrocarburi iraniani vengono assorbite dalla Cina.

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