L’assedio alla Grecia via Bce: nel segreto dell’urna l’Euro ti vede, Tsipras no

2 Luglio 2015

Banche chiuse, code ai bancomat per prelevare poche decine di euro; resse di pensionati agli sportelli riaperti apposta per loro, blocco delle transazioni on line, rifiuto da parte dei fornitori di accettare pagamenti rilevanti, disagi crescenti negli approvvigionamenti persino nei supermercati, traghetti vuoti. Attorno ad Atene, stavolta, non ci sono legioni e flotte nemiche, ma l’effetto è lo stesso. Un assedio in piena regola: vie di comunicazione tagliate, rifornimenti bloccati, panico nella polis.

È il potere dell’Euro che si dispiega sulle province ribelli: «Al momento nessuna liquidità della Bce alle banche greche», ha ricordato oggi Jeroen Dijsselbloem, ministro delle Finanze olandese e presidente dell’Eurogruppo. Dovranno farsi bastare quella fornita finora dalla Bce domenica scorsa, e così sarà almeno fino al referendum di domenica 5 luglio. Il seguito, però, potrebbe persino peggiorare. Se vince il No, avverte Dijsselbloem, «non c’è alcuna base non solo per un nuovo piano ma neanche per la permanenza della Grecia nell’eurozona». Se l’esito è positivo, «allora naturalmente, c’è, da parte europea, la volontà di aiutare la Grecia a uscire dai guai». L’impero a trazione germanica usa il bastone e la carota. L’antifona per i greci è chiara: nel segreto dell’urna l’Euro ti vede, Tsipras no.

Ha dunque ragione il ministro delle Finanze greco Yanis Varoufakis quando parla di una strategia di ricatto basata sulla chiusura delle banche? Forse. L’assedio finanziario alla Grecia attraverso il blocco della liquidità Bce è una conseguenza della necessaria risposta al ricatto dei greci stessi? Questi ultimi sono stati degli irresponsabili è stato detto, ma che dire allora dei custodi dell’Euro? La loro reazione alla mattane elleniche ci costerà più che degli sconti Iva di cui godono gli isolotti sperduti dell’Egeo, e che per l’ala germanica dell’Europa sono una violazione inconcepibile (stiamo parlando di 350 milioni di euro). Proprio oggi il Fondo monetario internazionale ci avvisa che la Grecia abbisogna di aiuti 51,9 miliardi – miliardi, non milioni – nei prossimi tre anni a partire da ottobre, e altri 10 miliardi solo per affrontare i prossimi quattro mesi. Ma siccome «le autorità greche hanno chiuso le banche, imposto controlli sui capitali e sono in arretrato verso il Fondo stesso», il conto si potrebbe aggravare.

Non fa una grinza. Solo che al Fondo, dimenticano che Tsipras è stato costretto a chiudere le banche perché la Bce di Mario Draghi ha smesso di fornire liquidità alle banche greche: ha chiuso cioè la flebo a un sistema bancario di un paese membro dopo che un organismo politico, per di più informale qual è l’Eurogruppo, ha deciso di non aspettare l’esito di un referendum – sia pure un referendum indetto nel modo sgraziato e confuso che sappiamo.

Trasformare una corsa agli sportelli strisciante, che andava avanti da diversi mesi, in una situazione di panico non è ciò che ci si aspetta da una banca centrale. C’è da chiedersi perché la Bce lo abbia fatto: motivi legali o decisione politica discrezionale? Anche se non si capisce al momento quali possano essere i motivi legali – finora le banche greche non sono formalmente in default (e nemmeno la Grecia lo è) –  la questione, secondo l’economista Charles Wyplosz, si riassume così: se la Bce ha smesso di sostenere le banche greche per motivi legali, allora l’architettura dell’euro così come è non sta in piedi; se invece non ci sono motivi legali, allora Draghi ha preso “una decisione politica di importanza storica”. In un caso e nell’altro, afferma Wyplosz, è stata una pessima decisione: «Che piaccia o no, ogni banca centrale è un prestatore di ultima istanza delle banche commerciali. Non tenendo il sistema bancario greco a galla, la Bce sta venendo meno a una sua responsabilità essenziale».

Se la Grecia sarà costretta a uscire dall’eurozona, diventerà chiaro che l’adozione dell’euro non è una scelta irrevocabile. E i mercati avranno di che agitarsi. Certo, potrebbero tranquillizzarsi rivedendo il nostro premier Matteo Renzi che, in un’inedita versione da scolaretto compito accanto alla signora maestra Merkel (video), ripete a pappagallo che «è importante stare dentro le regole condivise».

Assediare la Grecia a mezzo Bce, nel tentativo di mettere all’angolo Tsipras e spaventare i greci orientati a votare contro il piano dei creditori, segna uno spartiacque nella storia dell’Unione Europea. La domanda è se quando Draghi disse che avrebbe fatto whatever it takes per salvare l’euro, in questo “qualsiasi cosa” c’è anche l’indurre nel panico bancario un paese membro dell’eurozona, col rischio di farne collassare il sistema bancario.

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CAT: Euro e BCE

Un commento

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  1. umberto.cherubini 9 anni fa

    La faciloneria di Wyplosz è senza limiti. La BCE avrebbe potuto REVOCARE l’ELA con una maggioranza dei 2/3, e per aumentarlo avrebbe avuto bisogno della stessa maggioranza. Lasciarlo intatto è stata la via di mezzo con la quale la BCE non si è esposta politicamente. Faccio notare anche la teoria secondo cui le banche centrali devono assorbire le perdite e devono essere pronte a fungere da lender of last resort per le banche. Tutte, tout-court? Avevano torto Baffi e Sarcinelli quando rifiutarono di salvare la banca di Sindona? E poi ci sarebbero esempi meno paradossali di questo. In conclusione, ringraziamo il cielo che Draghi abbia lasciato l’accademia per fare il banchiere centrale, e ringraziamo il cielo che Wyplosz sia rimasto in accademia: qui le idiozie restano sulla carta…

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