Lo scontro tra Francia e Germania alla base della crisi greca

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11 Luglio 2015

Nel tardo pomeriggio di venerdì 10 luglio, sulla pagina Web del giornale britannico The Guardian, è apparso un articolo a firma di Yanis Varoufakis, ex ministro delle finanze greco, il quale ha spiegato le ragioni profonde che si muovono dietro al no del referendum del 5 luglio.

Molte e contrastanti voci si sono levate a favore e contro il referendum greco. Prontamente è diventato arma politica anti-europeista per gli euro-scettici, volano per un cambiamento per le sparute forze delle sinistre alternative che faticano a emergere e, soprattutto, un’occasione per i sostenitori dell’austerity di continuare con questa politica.

Il dato rilevante che emerge dalle parole di Varoufakis non riguarda, però, la ristrutturazione del debito. Enfatizza piuttosto il futuro della struttura e dell’idea stessa dell’Unione Europea e dell’euro. Una moneta, l’euro, ideata nel 1992 da un compromesso franco-tedesco. E la crisi greca sarebbe solo una partita per riequilibrare quel compromesso fondante. Alla base dello scontro ci sarebbe il mantenimento dell’attuale modello economico e monetario basato sui parametri di Maastricht che avvantaggiano l’economia tedesca. Per questo la Grecia deve rispettare le regole e deve essere “punita” anche con l’uscita dall’euro. Tutto ciò, nelle intenzioni del ministro delle Finanze tedesco Schauble, per riaffermare disciplina fiscale, austerità e neo-liberismo.

Secondo l’ex ministro del tesoro ellenico, l’euro per prosperare dovrebbe circolare in un sistema istituzionale federale, o comunque non in quello attuale, che si preoccupa solamente di garantire ritorni sugli investimenti per i creditori. Ovviamente ritorni sul debito stesso. Crediti che non vengono irradiati nell’economia reale, ma rimangono bloccati nel sistema fallace delle banche europee che detengono il debito. E il loro obiettivo è riavere i soldi con i dovuti interessi. Una ristrutturazione del debito – che non significa non pagarlo, ma alleggerirne gli interessi – si traduce in perdite per i creditori. Ma senza, Tsipras non avrebbe liquidità necessarie per riforme che non contemplino il taglio del welfare e “macelleria sociale”.

La Grecia è una pedina usata per mantenere una sostanziale asimmetria tra le due più importanti economie dell’eurozona, la Francia e la Germania. Infatti, più alti sono gli interessi, maggiori sono le entrate per le banche tedesche e maggiore è il surplus finanziario che consente alla Germania di mantenere la sua condizione egemonica di prestatore, e quindi di dettare le regole.

Il No del referendum greco è ben più profondo del mero rifiuto della proposta dell’Eurogruppo. È un rifiuto a un’idea di Europa neoliberista che gravita attorno al potere dei creditori e dei grandi gruppi d’interesse. È un rifiuto a una politica di austerità che mette in perpetua condizione di inferiorità economie storicamente diverse da quelle dell’Europa settentrionale.

La grande partita non è il Grexit, ma la rimodulazione dei rapporti di forza tra Francia e Germania stabiliti con i parametri di Maastricht che proprio la Francia aveva progettato per evitare il ritorno dell’egemonia tedesca.

Questo, per Varoufakis, è il motivo per cui si chiedono sacrifici altissimi ai Greci in nome dell’austerity. Dietro una propaganda che denuncia lo spreco e la corruzione greca e le politiche di tagli imposte dall’alto, si cela lo scontro secolare tra i due grandi attori continentali, sul cui solo compromesso si può prospettare un futuro per l’Unione Europea.

TAG: euro, Germania, grecia, Unione europea
CAT: Euro e BCE, Istituzioni UE

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