Educazione sentimentale cercasi

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19 Settembre 2016

Ore 8,15 in un cortile qualsiasi, di una scuola qualsiasi, di una città qualsiasi in Italia.

Arrivano trotterellando gli studenti, seguiti dagli sguardi delle madri, che si incrociano gli uni con  gli altri come veri e propri fuochi d’assalto.

Il territorio va controllato tutto. I gruppetti di alleati scelgono lo spazio migliore in base alla capacità di aggregazione potente, baci e abbracci ma occhi e orecchie sempre vigili, dovessimo perderci qualcosa.

Casalinghe, professioniste, single e plurimaritate, non c’è grande distinzione in questo campo di battaglia. Una vera livella, direbbe Totò.

Durante l’estate si è a lungo rimuginato su quella presunta ingiustizia e su quell’altro evidente privilegio, se ne è discusso a colpi di chat parallele a quella ufficiale, micidiale, irrinunciabile delle mamme. Un tempo forse era il cortile, o il parchetto sotto casa, per chi aveva tempo da perdere. Ma ora il cortile una se lo ritrova in borsetta, col touch screen e la vibrazione, alla bisogna. Salviamo l’apparenza, dove la decenza latita. Il tempo, quasi tutti, lo abbiamo catturato in una scatolina che fa drin drin e che ha sempre fame di noi.

E poi si ciarla al mare, al parco, in piscina, possibilmente davanti ai figli, che vorrebbero solo trotterellare senza il rischio di farlo in una direzione che scontenti la Madre.

La Madre onnipresente e quanto mai profondamente assente, tutta presa a fotografare ogni piccolo traguardo (o presunto tale) mentre i figli crescono spesso incapaci di approfondire una lettura che vada oltre il solito, invadente e sacro screendiqualcosa.

Ma non sono solo i traguardi a essere oggetto di ciarla. Le più raffinate spesso dibattono con malcelata morbosità di quello o quell’altro deficit di attenzione, della logopedista più in del momento, di chi cresce meglio e prima di chi, del ragù di seitan vs quello di tofu, di quanto la miss curvy sia o meno un buon esempio da citare alle figlie mentre loro fanno la dieta delle tisane alla cicuta (reggeranno anche quella, sicuro).

E nel frattempo cresce una generazione che in confronto i vaffa dei grillini di qualche tempo fa erano endecasillabi sciolti,  bambini sempre più sperduti, meno vitali ma molto più nervosi, adulti in miniatura e senza corazza, soprattutto perché troppo spesso in stretto contatto con queste ciarle che non dovrebbero sentire, né tantomeno comprendere, quando il loro cervello è in meravigliosa espansione. Per ogni cazzata che lo colpisce, un ramo dell’albero muore. E si ingrossa una radice, che tanto sana spesso non è.

Attraverso le nuove tecnologie, spesso potrà sembrar ai più giovani di possedere il mondo intero. Eppure, i fatti di cronaca degli ultimi anni, l’aumento esponenziale dei casi di bullismo, dipendenze e depressioni, sembrerebbero dimostrare che è il mondo a possedere loro. E spesso è un mondo brutto, sporco e cattivo. Certo, lo è sempre stato. Innegabili sono i progressi che la società ha compiuto, così come innegabile è il vantaggio di una alfabetizzazione pressoché totale dei minori, oggi, rispetto a un passato ove la classe sociale di provenienza era un elemento fortemente discriminatorio.

Eppure un tempo degli argini naturali permettevano ai ragazzi di conoscere questo difficile – ma anche affascinante, naturalmente – mondo per gradi, a seconda delle reali possibilità di ognuno, strettamente legate all’età ed alle diverse condizioni familiari.

Oggi assistiamo ad una livella che, se per un verso, come dicevamo, cancella alcuni ingiusti privilegi, dall’altro catapulta i ragazzi nella realtà in modo spesso violento e incontrollato, oltre che incontrollabile.

Internet, telefonini, scuole prolungate sino al pomeriggio, si fanno tutori di giovani spesso smarriti e sempre meno “conosciuti” a casa.

Meno conoscibili soprattutto, vuoi per necessità lavorative delle famiglie, sempre più pressanti, vuoi perché spesso ai genitori mancano i mezzi, anche emotivi, per partecipare profondamente alla crescita di questa generazione di bambini troppo sovente adultizzati a causa dell’uso indiscriminato dei nuovi mezzi di comunicazione di massa.

Ecco all’opera le frustrazioni di una generazione di genitori iper globalizzati eppure sempre drammaticamente provinciali, che vorrebbero con tutte le loro forze vedere in atto pratico la loro potenza teorica, introiettata a suon di social e talent show, vissuti e conosciuti quando ormai erano troppo vecchi per esserne protagonisti, ma ancora troppo giovani per non subirne la facile fascinazione.

Il falso specchio, Magritte

Prendiamoci tutto il rischio di un cliché, perché buono e diciamoci che verrebbe voglia di prendere questi bambini e portarli a fare un giro per il mondo in barca, con un pacco di libri e della buona musica, col naso in su a guardare un vero schermo multidimensionale, in cui lasciare liberi i pensieri più diversi senza rischi di disagio da mancata omologazione verso un basso che più basso non si può, ovvero quello della non scelta.

Oggi, che quasi tutti in questo Paese hanno il diritto e la possibilità di andare a scuola e crescere come individui liberi, stiamo permettendo che i nostri figli diventino l’eco di un jingle scontato, che funziona solo se lo riconosce il branco. E mentre ci si ritrova grazie a banalità comuni e spesso tremendamente volgari, in confronti consumisti e abitudini dannose, c’è sempre qualcuno, più fragile, che viene schiacciato, fino a fatti di cronaca purtroppo ben noti a tutti.

“Salutava sempre”, diranno i vicini. “Una famiglia perfetta”, commenterà la zia in chat, leggendo sul giornale che suo nipote ha malmenato un compagno mandandolo all’ospedale insieme a un gruppo di coetanei o che la sua nipotina ha cyberbullizzato talmente tanto una compagna da portarla a cercare di togliersi la vita. Poi scopri che con questi nipoti non ci ha mai parlato però, perché troppo presi sui telefonini anche nei rari pranzi di famiglia. Vabbè, ma salutava sempre.

E’ il momento di raccontare di Ulisse, alla sera. Di leggere una poesia difficile che faccia magari anche ridere al primo colpo, con qualche parola antica da chiedere ai nonni o ai genitori vintage, come chi scrive è stata definita dal proprio figlio (ma sorrideva).

Ma i bambini sono capaci di reset straordinari, inaspettati, commoventi. Stanno lì a prenderti in giro mentre smadonni col tuo vecchio giradischi e un 33 giri di jazz e poi te li ritrovi a canticchiare i Beatles mentre si lavano i denti.

Non resta che provare.  A crescere, di nuovo, noi, che avevamo una vita anche prima.

TAG: Bambini, chatgenitori, Cultura, Cyberbullismo, figli, generazione disagio, libri, mamme, tecnologie
CAT: Famiglia, Qualità della vita

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