Il potere della pubblicità: il marketing emotivo

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8 Ottobre 2023

In ogni momento della giornata, la pubblicità ci accompagna in modo diretto o subdolo influenzando le nostre vite. Spot televisivi, inserzioni sui giornali o mastodontici annunci compaiono su social e pagine web, ci raggiungono in modo impercettibile senza urlare, mirando alla nostra facile suggestione. Il vissuto umano viene narrato e che siano eventi reali o fittizi, le immagini parlano più di 1000 parole con le musiche di sottofondo che diventano un tormentone nella mente. Quando si tratta di dover raggiungere diversi target la pubblicità strategicamente incalza evocando i nostri personali ricordi con un apparente semplicità in cui emozione e creatività allo stesso tempo riescono a catturare la nostra attenzione in pochi secondi che poi ci trasciniamo discutendone per giorni.

E non si tratta solamente della disposizione di un prodotto su uno scaffale per incentivarne l’acquisto, è incredibile pensare quanto siamo suggestionabili al punto che una pubblicità riesca a creare dall’altro lato dello schermo una relazione con il cliente entrando a far parte del suo mondo, dai gadget al turismo, dalla moda alla cucina. Viviamo in una società mediatica e inevitabilmente a stretto contatto con lo schermo di un telefonino o della televisione, e sebbene la carta stampata sia sempre meno sfogliata, le riviste ci parlano, radio e cartelloni pubblicitari lungo le strade e gli annunci sponsorizzati sui social riescono ad avere un peso nella nostra quotidianità.

Il suo lato manipolatorio è indiscusso e contribuisce a spingere l’acceleratore su un consumo irresponsabile delle risorse del pianeta favorendo sprechi anche riguardo l’alimentazione e le sue problematiche sociali. Basti pensare agli effetti della pubblicità sulla salute…ciascuno ha alle spalle suggerimenti, consigli e raccomandazioni in merito alla salute ricevuti dalla famiglia, dall’educazione scolastica e dai medici. Oggi più che mai la pubblicità incita la nostra personale ricerca di contenuti: abbatte ogni perplessità sulla sicurezza di un articolo, esaltandone gli effetti benefici anche dinanzi a prodotti dalle qualità e caratteristiche non propriamente positive. Bibite, merendine e snack di ogni genere affollano non solo gli scaffali dei supermercati, i loro jingle divampano nelle nostre orecchie e sono naturalmente presentati come salutari, persino il pubblicitario meno formato si asterrebbe dall’ accennare a problemi di obesità o di problemi al fegato.

Una delle principali industrie del benessere e della convenienza ad essere reclamizzate “come salutari” sono i prodotti del marchio McDonald’s: sebbene rappresentino una piaga dell’obesità soprattutto americana, incarnano l’ideale di un piatto veloce, gustoso e falsamente nostrano, riuscendo ad azzerare gli studi interessanti che hanno messo in correlazione la crescita di questi fast food con l’aumento dei tassi di incidenza di alcuni tumori. E la pubblicità di McDonald’s ha convinto milioni di persone quando, con l’arrivo di McItaly e una incredibile operazione di marketing, panini, hamburger e pollo fritto hanno assunto un’anima italiana, presentati sul mercato come prodotti di alta qualità garantiti dallo chef Gualtiero Marchesi…realtà che non corrisponde al vero!

Stessa strategia utilizzata per la regina delle bibite gassate “CocaCola”: a quale pubblicitario verrebbe in mente di lanciare uno slogan d’impatto negativo sulla bibita più famosa al mondo ammettendo che possiede carboidrati e zuccheri che creano picchi di insulina nel corpo creando ulteriore fame? Nel mondo dell’advertising, zuccheri e grassi diventano piuttosto il carburante giusto per nutrire il corpo e restare in salute, regalandoci l’energia necessaria per affrontare la giornata. Sono innumerevoli gli esempi proseguendo sulla scia di questi marchi ma è impossibile presentare qualunque snack come non salutare e altrettanto sognante pensare agli spot della Mulino Bianco che da sempre propongono un sentimento bucolico e famigliare legato ai prodotti del marchio Barilla che recita “Dove c’è Barilla c’è casa”.

Con il tempo che muta cambia anche l’approccio della pubblicità con la realtà, il fattore emotivo al giorno d’oggi è un messaggio molto forte che coinvolge non solo i prodotti commerciali ma che mira – senza reale impegno di fondo – a sensibilizzare i diversi contesti sociali, la lotta al razzismo, la violenza sulle donne, la tutela dei minori utilizzando questi ultimi per realizzare aspettative irrealistiche. Sebbene la pubblicità stimoli le nostre fantasie più recondite e momenti felici fa emergere anche comportamenti mediocri o poco etici ed edificanti come nell’ultimo storytelling “Esselunga” che ha acceso polemiche e malcontenti riguardo legami famigliari incrinati e il desiderio inconscio di una bambina di far riappacificare i propri genitori stuzzicando “l’appetito” con una pesca ben tornita.

Purtroppo si tende a sottovalutare l’influenza che la pubblicità può avere su bambini e adolescenti e sulla loro crescita riuscendo ad entrare in modo insidioso nell’intimità della casa. I bambini diventano spesso i personaggi innocenti della pubblicità e facile esca di spot che entrano in ambienti che dovrebbero essere per loro sicuri, inoltre non hanno la capacità, per inesperienza, di discriminare messaggi reali o subdoli che li spingono nelle decisioni di cosa sia importante e cosa invece non lo sia. Forse siamo giunti alla consapevolezza e alla logica di mercato che persino i legami più stretti siano chiarificati con un lavaggio sbiancante per cancellare colpe, soprusi o illegalità ma strumentalizzare dalla prima infanzia significa indirizzare i bambini e il loro spazio interiore verso illusioni e delusioni spesso non discusse in famiglia o incitare ad emulare atteggiamenti e drammi a cui si assiste quotidianamente.

Le persone non sono alberi da addobbare, logica e sentimenti ci distinguono dagli oggetti inanimati, e la fragilità dei legami non può essere omologata a una crema per il viso, frutta fresca da vendere o riproporre un mondo immaginario fatto di cose buone, di affetti puri, di famiglie felici che vivono o sognano la campagna. Il marketing emotivo attinge alle diverse emozioni coinvolgendo sempre più la vita familiare che spesso non è perfetta ma che è concepita come una succosa torta di pesche ma visto che andiamo incontro alla svalutazione dei valori e alla superficialità dei legami esistenziali, la pubblicità si proporrà sempre più come bussola capace di indirizzare il comportamento quotidiano dinanzi alla felicità, l’umorismo, la tristezza, la rabbia o la paura, d’altronde è il mondo dell’informazione che ci espone ogni giorno a un lavaggio del cervello puntuale e costante e la pubblicità ha lo shampoo migliore in ogni occasione.

TAG: pubblicità
CAT: Famiglia, società

Un commento

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  1. massimo-crispi 7 mesi fa

    Buonasera Patrizia, mi è piaciuto molto il suo intervento. Su di me la pubblicità ha l’effetto opposto a quello che dovrebbe avere, ossia so di non dover comprare i prodotti pubblicizzati e di rivolgermi ad alternative da valutare di volta in volta. Mio nonno, uomo parsimonioso, negli anni Sessanta, periodo di boom pubblicitari mai visti fino ad allora, diffidava parecchio e diceva sempre “Pri mia puonno falliri tutti” che tradotto dal palermitano significa: “per me possono fallire tutti”. È una frase che ho fatto ricamare, in dialetto, su un panno di lino e ho appeso, stile “casa dolce casa”, sulla porta a vetri della cucina. Come frase da ricordare sia per memorie familiari sia come monito contro le tentazioni di Ciarlatíope, la musa della pubblicità.

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