“Una finanza per tutti è possibile”: intervista a Jordi Ibañez e Anna Fasano

4 Ottobre 2019

Dal 4 al 6 ottobre torna “Internazionale” a Ferrara, il festival del giornalismo organizzato dal settimanale Internazionale e dal Comune di Ferrara, giunto alla tredicesima edizione. Più di 250 ospiti provenienti da tutto il mondo per 250 ore di programmazione e 122 incontri. Protagonisti l’attualità internazionale e i grandi temi di fondo: l’emergenza climatica, le questioni di genere, il lavoro e le disuguaglianze. E “Internazionale” sarà l’occasione per parlare di rivoluzioni dal basso attraverso il confronto di due realtà economiche europee: Banca Etica (diretta da Anna Fasano) e Fundación Finanzas Éticas (diretta da Jordi Ibañez). All’incontro previsto sabato 5 ottobre a Ferrara interverranno anche Michela Murgia e Alexander Fiorentini (rappresentante italiana di Fridays for Future).

Oggigiorno viene difficile pensare di poter cambiare il mondo dell’economia e della finanza, dal basso e tutti insieme. Eppure forse non tutti sanno che alcune banche, ormai da anni, lavorano in questa direzione. E dal parallelo tra Banca Etica e Fundación Finanzas Éticas, proposto al festival del giornalismo emiliano, abbiamo preso spunto per intervistare i due presidenti.

INTERVISTA AD ANNA FASANO

Al festival si parlerà di “rivoluzione dal basso”: cosa è necessario per metterla in atto?

– I grandi cambiamenti sociali si verificano quando un numero consistente di persone prendono coscienza di un problema e uniscono forze ed energie per adottare soluzioni. È successo in tutte le epoche storiche: nella prima era industriale ci si è battuti contro lo sfruttamento massivo dei lavoratori anche minorenni; le donne hanno combattuto per ottenere il diritto al voto; i neri americani per il riconoscimento dei diritti civili. La storia moderna dell’umanità va avanti così!  

Oggi gli ingredienti di base per il cocktail del cambiamento ci sono tutti: masse di persone in tutto il mondo hanno preso coscienza dell’insostenibilità ambientale e sociale del modello economico e finanziario che si è affermato dal dopoguerra. Mobilitazioni e appelli per un cambio di rotta arrivano dalle piazze dei Fridays For Future, dalle encicliche del Papa, dalle istituzioni nazionali e internazionali.

Quello che serve ora è che dalla denuncia si passi alla proposta concreta. Le persone che chiedono un cambiamento possono iniziare a fare scelte di vita e di consumo critiche e coerenti con i loro valori: non acquistare beni prodotti danneggiando l’ambiente o i lavoratori; non tenere i soldi in banche che finanziano multinazionali inquinanti o produttori di armi.

Le istituzioni – nazionali, europee e globali – dovranno passare dalle parole ai fatti immaginando un set di regole nuove che riconducano le attività economiche e finanziarie a quello che dovrebbe essere il loro fine ultimo: il benessere delle persone, delle comunità, dell’ambiente.

Tra i temi centrali ambiente e immigrazione: cosa può fare di concreto Banca Etica?

-Banca Etica è nata per usare gli strumenti della finanza- credito, risparmio, investimenti – a favore di iniziative capaci di generare impatti positivi per il pianeta e la collettività. In questo momento abbiamo prestiti in corso per un valore totale di circa 1 miliardo di euro. 

Questo denaro – che proviene dai risparmiatori che lo depositano presso di noi – è utilizzato per finanziare imprese e persone che si occupano di: agricoltura biologica; turismo responsabile; cooperazione sociale; promozione dello sport e della cultura; energie rinnovabili; riforestazione; sviluppo di materiali biodegradabili alternativi alle plastiche; salvataggio, accoglienza e inserimento lavorativo dei migranti; creazione di servizi e opportunità di lavoro per chi convive con una disabilità.  

20 anni dopo la fondazione Banca Etica ha la prima presidente donna: quanto è importante questo cambiamento al giorno d’oggi?

Sono felice di essere la prima presidente donna di Banca Etica. Secondo l’ultimo report dellaWomen’s World Bankingun miliardo di donne nel mondo sono escluse dal sistema finanziario. 500 milioni a basso reddito non hanno le competenze per gestire un conto corrente. Secondo studi recenti, anche in Italia la situazione è preoccupante. Banca Etica ha una particolare attenzione alla parità di genere e all’inclusione finanziaria delle donne. Già oggi abbiamo numeri incoraggianti: quasi la metà (46%) delle persone che ricevono un prestito da noi è donna; e anche i clienti che scelgono i nostri fondi di investimento etici sono in maggioranza donne. Ma sappiamo che è necessario fare di più e continuare a dedicare alla parità di genere in economia un’attenzione sempre maggiore; l’empowerment delle nostre comunità passa anche attraverso l’aumento dell’educazione finanziaria e dell’inclusione finanziaria delle donne. Proprio a questo tema abbiamo dedicato l’ultimo bando di crowdfunding di Banca Etica. 

Credo molto nella governance cooperativa e lavorerò con tutto il mio consiglio di amministrazione, con la struttura operativa e associativa di Banca Etica per stimolare sempre di più una cultura del diversity management.

Quanto è difficile far coincidere l’Etica con la Finanza?

-La cosa difficile è definire cosa è etico e cosa no, perché entrano in gioco visioni e valori personali.

Il successo di questi primi 20 anni di Banca Etica sta nell’aver definito chiaramente la cornice di valori che volevamo promuovere con la nostra attività bancaria e nell’essere sempre aperti al dialogo e al confronto con la società civile e con la base sociale per essere capaci di cambiare insieme alla società in cui viviamo e facciamo banca.

Ad esempio alla nascita Banca Etica aveva stabilito di dare credito esclusivamente a organizzazioni non profit, che all’epoca trovavano le porte chiuse in tutte le altre banche. Poi abbiamo imparato che anche nel non profit ci sono organizzazioni meno trasparenti e anche nel profit ci sono imprese sociali capaci di generare impatti positivi e lavorare per il bene comune.

Abbiamo così sviluppato la nostra metodologia di valutazione di impatto delle realtà che finanziamo.

Ci siamo dati delle regole chiare escludendo a priori finanziamenti a imprese operanti in settori che giudichiamo nocivi (armi, petrolio, carbone, tabacco, gioco d’azzardo, pornografia, etc). Ci sono dei settori cui esplicitamente indirizziamo la nostra offerta di finanziamentI: cooperazione e innovazione sociale, ambiente, cultura, agricoltura biologica, turismo responsabile, legalità, etc.

Poi, per ogni richiesta di finanziamento che riceviamo, avviamo una valutazione sociale sullo specifico progetto: questo comporta un po’ di lavoro in più, ma alla fine i risultati sono ottimi anche in termini di qualità del credito. La conoscenza approfondita dei clienti ci ha infatti permesso di mantenere sempre un tasso di sofferenze molto contenuto.

L’etica – poi – non si esplicita solo nelle scelte su chi finanziare, ma anche nella nostra governance. Ad esempio ci siamo dati una regola per escludere i maxi-stipendi e i maxi-bonus ai manager: da noi il divario massimo tra lo stipendio più basso e quello più alto non può superare il rapporto di 1 a 5. Curiamo particolarmente la scelta dei fornitori secondo criteri etici e cerchiamo la massima trasparenza nella comunicazione verso la clientela.   

INTERVISTA A JORDI IBAÑEZ

Quando è stata fondata Finanzas Éticas, a Ferrara esisteva già l’Ethical Banking. Quanto era importante il rapporto con loro?

-La fondazione è stata creata nel 2002 con l’obiettivo di coinvolgere i cittadini nella creazione di circuiti finanziari etici. Perché se vogliamo trasformare la società e l’economia abbiamo bisogno anche di due cose: recuperare la funzione sociale della finanza e la sovranità finanziaria. 

Il primo, perché il recupero della funzione sociale della finanza ci permette di rivitalizzare i rapporti di fiducia tra persone e istituzioni di risparmio, con buon senso da un lato e persone o gruppi che promuovano progetti orientati allo sviluppo collettivo dall’altro. Queste relazioni sono fondamentali per costruire un mondo diverso in cui l’economia è al servizio della sostenibilità della vita e del pianeta.

E la sovranità finanziaria significa che sono gli stessi cittadini a governare queste relazioni, senza dover delegare al mercato dei capitali la creazione degli strumenti finanziari di cui abbiamo bisogno per vincere le nostre sfide. Questa sovranità garantisce anche l’efficacia e l’efficienza di questi strumenti.

“Costruire un mondo diverso da quello finanziario ed economico”: come facciamo?

-Solo dalla finanza e non dall’economia. Infatti, la prima pietra per costruire un mondo diverso è posta dai movimenti sociali che ci separano dall’individualismo e ci conducono alla ricerca collettiva del benessere. Questi movimenti articolano relazioni sociali che coinvolgono relazioni economiche e, molte volte, queste relazioni sono possibili grazie alla finanza etica. In Banca Etica promuoviamo l’idea che “il massimo interesse è l’interesse comune”. 

Ma la cultura della finanza etica rappresenta anche un modo di essere, di pensare, di vivere, che condivide i valori dell’economia sociale e solidale. In questo modo, con finanze etiche più forti, si rende possibile una maggiore articolazione dei movimenti popolari e viceversa, come un circolo virtuoso.

Nel 2010 ha presentato a Castellón “Fiare, una banca ética en manos de la ciudadanía”. Perché un cittadino dovrebbe scegliere la finanza etica?

-Questo motto ha ispirato Fiare e la Fondazione fin dall’inizio ed è il motivo per cui sono convinto che un cittadino debba scegliere la finanza etica. 

Le vecchie banche stanno cercando di impadronirsi delle nostre condizioni. Essi utilizzano concetti come “banca responsabile”, “banca socialmente responsabile”, “banca sostenibile” o “responsabilità d’impresa”. Ma le loro politiche non cambiano. Anche se ci copiano i nostri nomi, perché suonano bene, c’è qualcosa che ci identifica veramente e non vogliono copiare: non vogliono mettersi nelle mani dei cittadini. E non lo vogliono perché questo significa la fine del business per pochi e l’inizio di un business per tutti. 

Una banca etica è un progetto di emancipazione dei cittadini in cui le persone e le organizzazioni decidono il futuro del nostro denaro, quali progetti vogliamo sostenere con esso e quali requisiti mettiamo alla direzione. 

La nostra vocazione di “impresa per tutti” e non solo per pochi ci porta ad essere più efficienti dal punto di vista tecnico ed economico rispetto alle banche tradizionali, come abbiamo dimostrato nel nostro ultimo Rapporto sulle Finanze Etiche in Europa: non perdiamo flussi economici a favore degli interessi a breve termine degli azionisti che cercano il dividendo più alto, ma piuttosto cerchiamo di recuperare il valore sociale della finanza, di cui abbiamo parlato prima, cercando l’interesse collettivo.

TAG: banca etica, Fundació Finanzas Éticas, giornalismo, Internazionale
CAT: Fondazioni

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