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Geopolitica

Buongiorno Winston

di Salvatore De Luca
4 Maggio 2022

Il Winston più famoso di oggi non è Churchill.
Leggo e stento a credere che il bi-pensiero sia qui, presente e simultaneo, oltre la fervida e distopica immaginazione Orwelliana.
Eppure leggo e cito testualmente dalle pagine rosa della bibbia economica nazionale che oggi è assurta al rango di osservatorio accreditato dei fenomeni geo-politici e militari del pianeta. Siamo nella rubrica 24+ de IlSole24 e l’analisi – ovviamente – si distingue dall’onda del qualunquismo che dilaga tra i ranghi un tempo blasonati del giornalismo di serie A, così politicamente corretto da insegnare la morale ai generali.
Ma non crediate sia meglio, anche qui si descrivono fatti che assomigliano a congetture, ma senza ipocrisia.
Addirittura ignorando la regola più importante dei mentitori di professione: tenere a mente ogni singola bugia.
Ebbene, eccoci al racconto dal titolo suggestivo che immagina il mondo dei giusti – quello occidentale a guida Atlantista e di lingua inglese of course – alle prese con l’eliminazione (si…esattamente l’eliminazione) della Russia.
Già qui verrebbe da provare un brivido freddo o almeno un dubbio sul profilo psicologico di chi discetta senza remore di ripulire il pianeta dalla presenza di una intera nazione, neppure troppo piccola e insignificante.
Ma il bello viene andando avanti, quando l’analisi si ammanta di un cinismo prossimo al delirio da narcisismo razziale (è il solo temine che mi sovviene per provare a definire la sensazione di appartenenza ad un ceppo eletto che traspare dal racconto e dalla proposta che ne segue) e giunge a descrivere lo scenario più utile.
“Utile” è la parola che potrebbe simboleggiare l’approccio al problema e la soluzione immaginata dal foglio illuminato verso l’emendamento dell’umanità dal parassita Russo.
Come faremo, quindi, noi prescelti e occidentali a sopravvivere comodamente nel mentre agevoliamo l’estinzione della nazione e del popolo russi ?
La prima certezza è salda: “parlare con Vladimir Putin è una perdita di tempo fino a che una sconfitta militare non lo renderà più realista”.
La struttura del ragionamento si fa lucida e inizia a vedersene la traduzione in forma; che bello avere tanta consapevolezza. Bando alle chiacchiere da avanspettacolo “di approfondimento” la prima menzogna è svelata. Nessuno ha inteso e nessuno intende adottare i noiosi e improduttivi schemi della diplomazia e della trattativa, inutili e vani.
Se l’obbiettivo è domare la bestia per poi chiuderla nel recinto e provare ad abituarla al giogo, come tutti gli altri, serve una guerra lunga e di intensità adeguata.
Ed ecco il compendio più sincero e franco della prima certezza (mi tocca di nuovo la citazione testuale): “..questa riorganizzazione generale dell’Occidente è il frutto di una constatazione: comunque finirà l’invasione in Ucraina, Putin resterà a lungo presidente/dittatore di un paese cloroformizzato dal suo nazionalismo da XIX secolo. Ma nel XXI non si può tornare a dialogare con chi è il responsabile di ciò che stiamo vedendo da due mesi. In un certo senso la conseguenza sono i 13,6 miliardi di aiuti militari all’Ucraina, a marzo, più i 33 di aprile stanziati dall’amministrazione Biden”.
A parte i commenti sul Presidente Russo degni del più autentico Di Maio, sebbene molto più eruditi, finalmente capiamo a cosa serve tutto questo denaro e possiamo adottare il criterio per decifrare le scelte “secretate” del nostro Mario Draghi. Miliardi di dollari ed euro sono “la conseguenza” della necessità di bastonare la Russia abbastanza a lungo e tanto duramente da produrre un regime change, con o senza manovre segrete made in C.I.A. et similia.
In pratica, non si poteva fare altro, visto il presupposto e la finalità suprema.
A questo punto, si innesta la citazione auto ed etero referenziale sul mondo a stelle e strisce, di cui “loro” (i giornalisti di serie A) conoscono le sfumature e le sfumature fanno grande l’analisi e giuste le conclusioni.
La tesi dell’inevitabile ricorso alla virtù del medio – “bastone e carota” – viene nientepocodimeno che dalla Georgetown University, notoriamente epicentro di un virtuoso incontro tra “l’aspetto etico delle relazioni internazionali”, ed il loro “crudo realismo”.
La diplomazia di oggi, infine, deve comunque considerare anche la carota, almeno finchè la trappola non avrà funzionato per bene e il boia Vladimiro non sarà stato sostituito.
Incredibile ma vero, il piano è svelato senza remore e con esso ci si può anche permettere una saggia autocritica. Ma non sul mostruoso cinismo con cui tutta la faccenda è descritta, analizzata e risolta (virtualmente), niente affatto. Il mea culpa si riferisce all’errore commesso dopo la caduta dei muri e dei muretti che dividevano NATO e Patto di Varsavia, quando “approfittammo della debolezza della Russia, come accadde dopo la caduta dell’URSS”.
Lo abbiamo fatto, dunque, eccome se lo abbiamo fatto, e se lo facessimo di nuovo, rischieremmo di vedere l’ascesa di un nuovo Putin.
Evidentemente replicare il modello Ucraino Yanukovich-Poroshenko-Zelens’kyj non è altrettanto facile in Russia e con Putin.
Questa guerra non deve mica liberare nessuno, solo permettere di isolare la Russia quanto basta per poi “aiutarla” (giuro che è scritto così) quando le sanzioni avessero effetto o Putin uscisse di scena (rieccoci).
A questo punto il bi-pensiero è simultaneo e i narratori ufficiali non si preoccupano più di contraddire o meno la “piece” inscenata per i lettori e gli spettatori beoti e catatonici a cui hanno raccontato per settimane un’altra storia, fatta di aggrediti e aggressori, invasori e resistenza, buoni e cattivi.
E’ solo questione di sopravvivenza, ma mica dell’Ucraina e tantomeno dei suoi abitanti, a loro tocca la parte volgare e rozza della guerra, i combattimenti e il sangue.
Quelli possono pure crepare perché la causa è nobile. Si tratta di salvare la parte migliore del mondo.
Ad ogni costo.

giornalismo
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