Coronavirus e terrorismo islamico, la pandemia diventa propaganda

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15 Giugno 2020

Sono passati 6 anni da quando Abu Bakr al-Baghdadi divenne califfo dell’autoproclamato Stato Islamico e legittimò la sua carica nell’ormai famoso discorso tenuto nella Grande moschea al-Nūrī di Mosul. Da allora l’Isis (Daesh) ha vissuto i suoi momenti più oscuri e la battaglia per la riconquista dei territori in mano ai terroristi islamici di Mosul ha causato almeno 40mila morti.

Nemmeno un anno fa, al-Baghdadi è morto. Lo ha annunciato il presidente americano Donald Trump dopo che per diversi mesi, in luoghi diversi del medio oriente, si è vociferato di una soluzione finale per il califfo avvenuta prima ad opera dei russi, dei kurdi e altri non meglio specificati bombardamenti. Il rituale non è stato poi differente da quello avvenuto ad Abbottabad, in Pakistan, quando nel maggio del 2011 gli USA sferrarono il colpo fatale ad Osama bin Laden, fondatore e leader di al-Qāʿida. Braccati, i leader islamisti non hanno saputo più come difendersi, quando anche i difficili intrighi internazionali, le alleanze locali e i sistemi di intelligence iniziano a rivoltarsi contro ad un “sistema” basato sulla cieca fedeltà ad un leader rimane davvero difficile cambiare le carte in tavola.

Nel 2020 possiamo realmente dire che il terrorismo islamico, ma anche a livello globale, abbia subito un duro colpo, conseguente alla pandemia Covid-19? Oppure ha saputo cogliere la palla al balzo e consolidare la propria ideologia e guadagnare consenso?

Inizialmente la Pandemia è stata valutata come un interessante ed inesplorato mezzo per lanciare nuovi attacchi all’occidente. Dove c’è instabilità, il terrorismo ha terreno fertile, ed avere una condizione propizia in praticamente tutti i continenti si è rivelato quanto mai inaspettato e favorevole. Con il passare delle settimane però, le diverse organizzazioni terroristiche hanno avuto reazioni differenti, con i Talebani che hanno scelto di fermare le proprie attività in nome della salute pubblica. Il virus, che inizialmente era visto come una giusta punizione per l’occidente, ha iniziato ben presto a creare focolai anche all’interno dei territori dei cosiddetti “fedeli”. Daesh ha cercato di agire con più “discrezione”, scegliendo di puntare sulle proprie cellule già presenti in occidente, per alimentare proselitismo e passare, se possibile, all’azione. Al Qaeda sembra essere molto meno attiva da quando ha subito la perdita di Osama bin-Laden, ha ritenuto giustificare l’ondata pandemica come causata “da oscenità e corruzione morale”, ma non ha rinunciato all’opportunità per diffondere “il giusto credo, ridare vita alla jihad e ribellarsi contro l’oppressione e gli oppressori”. Insomma, se il Coronavirus causava stragi in Occidente, in paesi a maggioranza sunnita o persino in Cina, era perché una punizione divina aveva iniziato a calare su di essi e meritava di essere menzionata come un nuovo strumento inviato da dio per combattere la propria “battaglia” religiosa. E trasmettere questi concetti di causa effetto è stato importantissimo soprattutto nei momenti più acuti della pandemia, quando addirittura il Covid-19 venne descritto da DAesh come un “soldato di Dio” da Khaled Shaker, editorialista di al-Naba: “Non avevano mai pensato (i cinesi, ndr.) che uno dei soldati di Allah avesse progettato di attaccare il nemico di Allah e il loro nemico, e stava per attaccare i comunisti cinesi, uccidere i loro cari, infettare le loro masse e trattenere il loro ostaggio della nazione. Poi venne una fredda notte d’inverno quando un indifeso individuo del Turkestani pregò Allah, supplicandolo di portare vittoria e rinforzo. Poi arrivarono gli ordini di Allah e il Coronavirus si precipitò ad uccidere i cinesi. Improvvisamente, la Cina fu paralizzata e il suo sistema è crollato e la Cina si è fissata su ciò di cui era stata colpita”.

 

Al Qaeda ha rilasciato invece 6 pagine sul proprio canale ufficiale che parlano di come affrontare il Coronavirus. Viene ovviamente ricordato il danno economico per l’Occidente, orienta i cittadini alla conversione e sostiene l’Islam come una “religione orientata all’igiene”. Non è un caso, si legge tra le pagine, che le regole islamiche impongano di “coprire il viso con un panno o una copertura protettiva quando si strantuisce o tossisce”. Ma c’è di più, perché, sempre secondo il documento pubblicato in Rete: “Il Profeta ha emesso severi ordini che chiunque si trovi in un’area infetta da una malattia virale non deve lasciare quell’area o recarsi in qualsiasi altra regione, città o villaggio, affinché l’infezione non si diffonda in nuove località: il Profeta ci ha insegnato che colui che rimane pazientemente nella sua località quando si diffonde una malattia virale, la sua ricompensa è uguale a quella di un martire per la sua scelta di preservare e proteggere la vita umana e la prosperità in altre località”. In una parte del protocollo si legge anche che Allah esorterebbe i non musulmani ad usare il tempo della quarantena per studiare e abbracciare l’Islam puntando il dito contro i governi occidentali che propugnerebbero guerra e diffonderebbero ateismo anziché servizi sanitari e assistenziali.

La quarantena, secondo il coordinatore antiterrorismo dell’UE Gilles de Kerchove è un’occasione perfetta per raggiungere coloro che passano troppo tempo davanti al computer. L’isolamento e la maggior presenza sui social media accrescono la possibilità di venire a contatto con contenuti estremisti che potrebbero portare molti ad una radicalizzazione. Daesh sembra essere l’organizzazione terroristica più a suo agio con i nuovi media, con centinaia di canali ufficiali, altrettanti affiliati, assidua presenza anche su piattaforme meno note e soprattutto su Telegram, addirittura riadattamenti di videogiochi come Call Of Duty e Minecraft in chiave islamista. Gli obiettivi sono ovviamente gli elementi vulnerabili (giovani soprattutto) e molte organizzazioni come Interpol o Europol hanno già da mesi aumentato la propria presenza per l’identificazione, il monitoraggio e la rimozione di canali e pubblicazioni online da parte di fazioni terroristiche ed estremiste. Difficile dire se la propaganda che è seguita alla pandemia avrà un reale sviluppo, al momento è fondamentale che ci sia una collaborazione regionale e internazionele per vanificare gli sforzi di proselitismo. Il futuro è ancora incerto.

TAG: Abu Bakr al Baghdadi, al qaeda, coronavirus, Covid19, daesh, isis, islam, rete
CAT: Geopolitica

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