
Commercio globale
Dazi verso una nuova proroga. Bessent: “Senza accordi, l’1 agosto si torna alle tariffe iniziali”
Il ritorno ai dazi USA per i paesi che non hanno ancora firmato accori doveva scattare il 9 luglio, ma sarà – forse – il 1 agosto. Le tariffe sospese da aprile potrebbero colpire quasi cinquanta Paesi partner, con aliquote variabili tra il 10% e il 50%. Tuttavia, il segretario al Tesoro Scott Bessent ha annunciato un’ulteriore estensione, che invero era nell’aria da un po’: il nuovo regime di dazi entrerà in vigore non più il 9 luglio, ma il 1 agosto, per i paesi che non addiverranno a un accordo con l’amministrazione Trump. Salva la possibilità di ulteriori proroghe, che a questo punto nessuno può escludere.
Perché lo slittamento all’1 Agosto?
Secondo Bessent, il rinvio non è una concessione ma una data ufficiale di attuazione: il nuovo perimetro temporale serve a “spingere” i partner entro la scadenza, facendo leva sulla minaccia dei dazi di “Liberation Day”, annunciati il 2 aprile scorso. L’obiettivo è costringere i governi a chiudere accordi in tempi brevi, sotto la minaccia dell’aumento automatico delle tariffe.
Quali Paesi e con quali prospettive?
– Regno Unito e Vietnam: primi accordi già firmati, ritenuti definitivi e “modello” per altri negoziati
– Cina: accordo preliminare riduce il dazio da circa 145% a 30%, ma la validità scade il 9 luglio, dunque si punta a un definitivo entro il 1 agosto
– Unione Europea: trattative intense, ma ancora in divenire. Possibile accordo quadro che mantenga i dazi al 10%, evitando picchi fino al 50%. La deadline era il 9 luglio ed è stata spostata di tre settimane
– India, Corea del Sud, Giappone, Canada, Messico: negoziati in vario grado, con l’India vicina a una prima intesa su dazi alimentari e intese settoriali. Canada e Messico hanno già ricevuto proroghe settoriali, con sospensioni limitate
Il meccanismo dal 10 aprile ad oggi
L’11 aprile Trump aveva firmato un ordine esecutivo che sospendeva i dazi reciproci fino al 9 luglio, mantenendo però un dazio base del 10% su molti beni, mentre per China, Hong Kong e Macao restavano dazi extra fino al 125%. Lo stop ha dato tempo di ribadire trattative con una sola intesa formale (Regno Unito), poche intese preliminari, ma soprattutto un fitto calendario di incontri per tutti i grandi partner.
Cosa aspettarsi sui dazi fino all’1 agosto
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Lettere di preavviso: entro inizio settimana saranno inviate a circa 100 Paesi, indicando la loro tariffa potenziale (dal 10% base fino al 50/70% nei casi più estremi) se non firmeranno accordi politico.com.
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Negoziati chiave: entro fine luglio, l’UE, India, Corea, Giappone e Canada intensificheranno la discussione – con occhio alle richieste statunitensi su automotive, acciaio, alluminio e digital tax.
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Rischi di escalation: se non si chiude in tempo, il 1° agosto scattano i dazi “Liberation Day” (al 10% base, picchi al 50%-70%) da applicare senza ulteriore rinvio .
Prospettive concrete
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Per l’Europa c’è una finestra fino al 31 luglio per un’intesa quadro. Con essa, la prima fase di sterzata potrebbe essere raggiunta, con il mantenimento dei dazi al 10% anziché salire a 50%. Tuttavia, servono garanzie su auto e prodotti agricoli.
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Per la Cina, l’accordo provvisorio andrà convertito a breve, con scadenza ravvicinata: o si chiude definendo rimozioni sui dazi più onerosi, o si ricade nel regime duro.
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Per India e Corea del Sud, gli accordi settoriali (noci, semi, energia, automotive) devono essere formalizzati entro fine luglio, altrimenti saranno congelati dazi competitivi.
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Paesi minori (circa 100): rimane alta la probabilità di rientrare automaticamente nelle tariffe più pesanti, a meno che non ricevano una lettera con proroga o non siglino almeno un accordo minimalista entro fine luglio.
In sintesi, il 1° agosto è annunciato come deadline definitiva: senza accordo almeno preliminare, scatterà la reimposizione dei dazi “Liberation Day”. Ma chi negozia concretamente – UE, Cina, India, Sud Corea – continuerà a trattare intensamente in queste prossime quattro settimane, sospeso tra rischio escalation e deadline interna. Il clima globale resta teso, con l’eventualità che gli Usa mantengano aperta una porta discrezionale per le nazioni che dimostrano progressi significativi nelle settimane successive al 9 luglio.
In copertina, Scott Bessent, immagine reuters tratta e adattata da Heute.at, creative commons
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