Cosa pensano i paesi asiatici di questa guerra, e perché è importante saperlo

5 Marzo 2022

Che cosa pensa l’Asia delle ostilità in Ucraina?    La domanda poteva essere irrilevante 30 anni fa quando il dominio economico e politico dell’ “Occidente” era incontrastato.  Non oggi: da anni il baricentro economico del mondo si sta spostando in Asia, soprattutto quella orientale, ma non solo, e con questo spostamento il peso politico di alcuni paesi a cominciare da Cina e India è aumentato non poco.  Va poi considerato che più di metà del territorio della Russia è geograficamente collocato in “Asia” e quindi la Russia è molto presente nell’area. La domanda quindi è legittima: cosa ne pensano gli “asiatici”?

Anzitutto per semplificare le cose cercherei di limitare l’analisi a quell’area che si trova più o meno tra Iran e Giappone, escludendo quindi il Medio Oriente che segue altre dinamiche.  Partiamo con il dire che, in contrasto con la nostra visione eurocentrica della storia, l’opinione pubblica in molti paesi asiatici sente il conflitto come molto lontano.  Anche perché, geograficamente, lo è.  E’ moderatamente preoccupata dell’impatto indiretto sui costi dei trasporti, dell’energia e delle derrate alimentari, o sul rientro dei propri concittadini che si trovano lì, ma non ci perde il sonno. In paesi come la Cina non è nemmeno tra i primi 5 argomenti di discussione sul Weibo, tranne che per un gruppo ristretto di persone più legate per lavoro od altro all’Europa o per quei gruppi molto nazionalisti che sfruttano il conflitto per motivi diversi.  In India anche l’opinione pubblica sembra preoccupata di altro se si guarda al risalto dato alla vicenda sui grandi giornali online. E così in generale nel Sud-est asiatico. Diversa invece la situazione tra gli alleati americani più solidi come Giappone e Corea.

Il posizionamento dei governi è molto più interessante e può essere desunto sia dalle dichiarazioni ufficiali che dal voto nel Consiglio di Sicurezza prima e poi nell’importante Assemblea ONU pochi giorni fa sulla risoluzione adottata a larga maggioranza che chiede alla Russia di cessare le ostilità.

Si può dire quindi che ci sono tre gruppi di paesi: le ex repubbliche sovietiche dell’Asia Centrale, strettamente legate a Mosca che si sono astenute o non si sono presentate al voto. Da queste difficilmente arriva qualcosa di più di generici appelli alle trattative. Posizione simile presa dall’Iran, mentre l’Afghanistan dei talebani – per ovvi motivi storici – ha votato nettamente a favore.

Poi ci sono i paesi dell’ASEAN che sorprendentemente – in quanto l’organizzazione non si coordina molto sui temi di politica estera – hanno votato compatti a favore della risoluzione ONU, tranne il Vietnam che si è astenuto. Tra i voti favorevoli pure quello del Myanmar dei generali golpisti (!).  Va notato però che nessuno dei paesi ASEAN, tranne (e solo in parte) Singapore, ha dichiarato di voler aderire al pacchetto sanzionatorio nei confronti della Russia. E questo è altrettanto significativo perché segnale di un legame economico che non si vuole assolutamente interrompere.

All’ASEAN si sono aggiunti ovviamente Giappone e Corea,  che oltre ad aver votato a favore hanno promosso anche iniziative in sede ONU e sono gli unici paesi in Asia ad aver aderito finora alle sanzioni dure imposte da USA e Europa.

Tralasciando la Corea del Nord, caso limite ed uno dei 4 paesi al mondo che ha votato contro, passiamo quindi ai due giganti che fanno il 60% della popolazione dell’Asia: India e Cina.

Astenutisi entrambi ripetutamente nel consesso ONU, la posizione dell’India si spiega con i forti legami tecnologici e militari con la Russia; l’India inoltre vede la Russia anche come garante della sicurezza “a Nord” del paese, in Asia centrale.  Va notato poi che, in un sorprendente allineamento dati i trascorsi storici, anchePakistan, Bangladesh e Sri Lanka hanno deciso di astenersi. Il primo inoltre ha appena piazzato forti ordinativi di grano russo. Nessuno di questi paesi ovviamente ha aderito alle sanzioni, ma siccome sono “di profilo basso” la stampa italiana si interessa molto meno della loro posizione, anche quella indiana.

E veniamo infine alla Cina.  Sulla posizione del paese, sul suo barcamenarsi tra la condanna della violazione dell’integrità territoriale di un paese (l’Ucraina) con cui tra l’altro ha importanti rapporti politici e commerciali, ma anche di “empatia” per le preoccupazioni espresse dalla Russia sulla NATO sono già stati scritti fiumi di parole. Conoscendo un po’ i cinesi, penso che se potessero preferirebbero guardare da lontano.  Ma non possono, se non altro perché sono un membro permanente del Consiglio di Sicurezza ONU. E quindi l’oscillazione tra il desiderio di interrompere una guerra che sconvolge l’economia mondiale e anche gli interessi della Cina – basti pensare all’impatto su voli e treni cargo oltre che passeggeri tra Europa e Cina – e il tentativo di non avvantaggiare gli USA, i quali mentre chiedono l’intervento di Xi a gran voce non stanno facendo niente per allentare la pressione sul Dragone sul fronte economico-tecnologico, non può durare ancora molto.  Staremo a vedere se prevarrà il riflesso condizionato di “stare a guardare” o se il paese vorrà giocare almeno un ruolo di mediatore

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CAT: Geopolitica

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