Il discorso di Dostoevskij che giunge puntuale nell’attualità

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7 Marzo 2023

Da sempre, il tema della guerra rappresenta il punto cruciale che rivela, più di qualsiasi altro argomento, l’animo di chi ne discute. E pur nella sua complessità e gravità si presta a speculazioni di sorta, al fine di generare una comunicazione di parte, dove gli sprovveduti che odiano e i disinformati che sentenziano fanno finanche la voce grossa. Per ragionare intorno a un primordiale istinto di sopraffazione, a meri interessi geopolitici, a una scarsa considerazione per gli altri – la guerra è tutto questo – occorrerebbe tanta saggezza, onestà intellettuale, pietà per i soldati che la fanno e gli innocenti che la subiscono. In tanti casi, la protesta contro la guerra da parte delle stesse istituzioni, dei media e dei social nasconde il principio stesso di ogni conflitto, radicato in un background culturale e un modo di stare al mondo ben distanti dal sentimento della pace e dalla passione per la vita.

Per quanto mi riguarda sono veramente stanco di sentire le ragioni degli atlantisti e dei russofobi, tendenti non solo a criminalizzare chi tenta di discostarsi dalla campagna mediatica per l’affermazione di un pensiero unico a favore di Zelensky, ma a mistificare grossolanamente lo “spirito russo”, indicandovi, senza vergognarsene, motivi di antieuropeismo, come se nessuno di noi conoscesse la storia e avesse mai avuto a che fare con la letteratura di quella santa madre terra. Credo con tutto me stesso che soffermarsi, in questo frangente, su qualche frammento storico e ripassare qualche passo letterario abbia più valore che produrre nuove invettive a tema. Pertanto, lasciandomi alle spalle la premessa, passo a un Dostoevskij di grande attualità.

Il mondo conobbe, attraverso l’opera di Puškin, quella che genericamente viene definita “l’anima russa”; la stessa che si era andata plasmando nelle esistenze di eremiti, viaggiatori, rivoluzionari, oppure semplicemente annidata nella tradizione contadina. Un’anima che comparirà tra le migliaia di pagine scritte da Gogol’, Tolstoj, Dostoevskij, Čechov e tanti altri, a testimonianza di un sentimento di dolore molto significativo per la mortificazione delle speranze dell’umanità. A riconsegnare alla Russia il suo poeta e la sua anima era stato Dostoevskij, con uno straordinario discorso tenuto nel giugno del 1880, in occasione dell’inaugurazione della statua di Puskin, a Mosca, nella seduta solenne della “Società degli amici della letteratura russa”. Lo scrittore indicò nell’autore dell’Onegin colui che riuscì a “racchiudere in sé, nel suo animo, geni stranieri, come fossero della sua terra”. E, tra quelle parole, ecco un segmento di sconvolgente attualità, a cui non si rende opportuno aggiungere alcunché:

«Sì, la vocazione dell’uomo russo è indubitabilmente europeistica, anzi ecumenica. Diventare un vero russo, significa forse soltanto essere fratello di ogni essere umano, diventare un uomo universale. Tutto il nostro movimento slavofilo e occidentalizzante non è che una grande incomprensione della nostra missione, anche se storicamente necessaria […] il nostro destino è l’ecumenicità, ma non conquistata con la spada, ma con la forza della fratellanza e con il fraterno desiderio dell’unione spirituale di tutti gli uomini.»

TAG: conflitto russia-ucraina, Dostoevskij, letteratura russa, Puskin
CAT: Geopolitica

3 Commenti

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  1. andrea-lenzi 1 anno fa

    Lei ha complicato un affare semplice, per il solo amore di Dostoevskij e co. (o per mostrare che conosce la letteratura russa):
    segnalare che alcuni messaggi letterari positivi su Europa e pace che però contrastano con la realtà che viviamo da 70 anni in Europa, è di una inutilità totale, da ogni punto di vista.
    Di fatto, oggi come 70 anni fa, la Russia è antieuropea ed aggressiva.

    Innanzitutto c’è da dire che fin dal 1949 la Russia rifiutò di cooperare con le altre potenze europee (+gli USA) nella ricostruzione della Germania e ciò generò la nascita della Nato e del Blocco sovietico.

    in secondo luogo, lLa Russia da sempre ha tentato di controllare, con le buone o cattive, i paesi europei limitrofi:
    Ungheria nel 1956;
    Cecoslovacchia nel 1968;
    Georgia nel 1991;
    Moldavia nel 1992;
    Georgia di nuovo nel 2008;
    Ucraina nel 2014;
    Ucraina nel 2022.

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  2. andrea-lenzi 1 anno fa

    In terzo luogo, faccio presente che Putin non deve aver letto la letteratura russa a lei cara, poiché sono dieci anni che finanzia i partiti nazionalisti di OGNI paese europeo (prima gli itaglianihhhh!), al fine di distruggere la coesione europea dal suo interno.

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  3. andrea-lenzi 1 anno fa

    Se è chiaro quanto ho scritto nei miei due precedenti commenti, allora è pacifico che sia inaccettabile tollerare l’ennesima invasione russa, ma occorre stigmatizzarla e supportare la vittima ad ogni costo.
    E’ altrettanto pacifico che chi giustifichi o minimizzi i crimini di guerra russi in qualsivoglia modo, vada osteggiato nelle sue esternazioni incivili (ed in malafede in molti casi).
    Altro che atlantismo a tutti i costi: è sia difesa della vittima, sia dell’Europa

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