La variante Omicron e il rischio di una nuova guerra del petrolio

2 Dicembre 2021

L’Opec+ continua a imporre le sue regole. I Paesi dell’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio, insieme ai loro alleati, hanno deciso di proseguire con l’aumento di produzione mensile di 400 mila barili al giorno, programmato da mesi, dal prossimo gennaio. Con Arabia Saudita e Russia in testa, leader dell’Opec+, l’organizzazione ha spinto affinché si giungesse a questo risultato, sostenendo non ci sia l’urgenza di misure diverse. Molti analisti, prima del vertice in videoconferenza, prevedevano invece un rallentamento nella produzione – o anche una sospensione totale – per diverse ragioni.

Il primo è perché ritenevano possibile una risposta dura alla recente scelta statunitense di rilasciare 50 milioni di barili di “olio nero” per cercare di far calare il prezzo del petrolio, che galleggiava sulla vertiginosa soglia degli 80 dollari a barile. Il presidente Joe Biden, infatti, il 23 novembre aveva deciso di aumentare l’offerta disponibile sul mercato attingendo alle scorte della Riserva Strategica di Petrolio (Spr) americana (stimata in circa 600 milioni di barili). Una mossa usata da alcuni suoi predecessori solo in momenti di grave emergenza, come nel 1991 con la Guerra del Golfo, nel 2005 dopo l’uragano Katrina e durante la crisi in Libia del 2011. D’altronde ogni tentativo di premere sull’Opec affinché aumentasse la produzione era risultato vano e così a Biden non era rimasto altro che l’opzione più drastica.

Per avere un impatto maggiore, inoltre, Biden ha chiesto anche ad altri grandi Paesi consumatori di petrolio di agire alla stessa maniera. Un invito accolto da Cina, India, Giappone, Corea del Sud e Regno Unito che in totale dovrebbero immettere circa altri 50 milioni di barili. La priorità è abbassare i prezzi, in un modo o nell’altro. Proprio quei prezzi che erano crollati nel marzo-aprile del 2020, per colpa della pandemia che aveva stravolto il mondo. In quel periodo, a causa del calo improvviso di domanda, il costo di un barile era arrivato addirittura a toccare i 18 dollari. Una situazione ingestibile per i produttori mondiali, tanto che l’Opec optò per la rimozione di 10 milioni di barili al giorno, con lo scopo di far rialzare i prezzi del mercato. Praticamente l’esatto opposto di quanto sta avvenendo oggi. Quando lo scorso luglio la situazione pandemica ritornò più o meno sotto controllo, l’Opec decise di incrementare l’offerta con quei 400 mila barili di petrolio al giorno in più già menzionati, proprio per normalizzare il mercato. O almeno quello era l’obiettivo sulla carta, non raggiunto. L’aumento della produzione, infatti, non è bastato: i prezzi hanno iniziato a lievitare e l’amministrazione americana ha optato per una contromossa. Anche perché dalle parti della Casa Bianca non è tutto rose e fiori. Biden non sta vivendo un momento brillante della sua presidenza, con il consenso che a un anno dalla sua elezione continua a diminuire mese dopo mese. E una delle principali ragioni è il forte aumento del prezzo della benzina negli Stati Uniti, causato proprio dal mercato petrolifero, che fa storcere il naso alla popolazione a stelle e strisce.

Il secondo motivo principale per cui ci si aspettava un controllo ancora più serrato da parte dell’Opec+ sulla produzione petrolifera è la diffusione della nuova variante Omicron. L’organizzazione ha aspettato per capire come la situazione pandemica stesse mutando, dato che alcuni Stati avevano già bloccato i voli da e per le nazioni sudafricane – dove pare abbia avuto origine la variante. Un temporeggiamento per bilanciare la propria azione e trarne vantaggio. Il timore di nuove restrizioni e/o nuovi lockdown ha condizionato anche il prezzo dell’olio, che negli ultimi giorni di novembre è calato: il WTI addirittura oltre il 20%. Diversi commentatori l’hanno vista, cinicamente, come una boccata d’ossigeno per il mercato petrolifero, anche se poi l’andamento è stato altalenante. Ma l’Opec+ non ha voluto cambiare drasticamente i suoi piani per il 2022, giudicando probabilmente sovrastimato il possibile impatto della variante Omicron. L’ultima ragione per una riduzione della produzione era quella di venire incontro a quei Paesi Opec stessi, che continuando con i ritmi stabiliti, rischiavano di avere difficoltà nel raggiungere le proprie quote.

È verosimile che nel prossimo futuro i prezzi del petrolio continueranno ad aumentare, così come aumenteranno le pressioni su Biden e gli Stati Uniti, che dopo aver attinto alla Spr dovrà inventarsi altro. Magari un’azione che abbia un contraccolpo diretto sui paesi guida dell’Opec+, con il rischio di una spirale. Sempre che nel frattempo non esca fuori un’altra variante del Covid, un’ipotesi che – almeno all’inizio – non dispiacerebbe agli yankee del petrolio.

TAG: benzina, Energia, Omicron, Opec, petrolio, Stati Uniti
CAT: Geopolitica, Materie prime

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