Ecco perché lo scambio Griner-Bout è l’ennesima vittoria di Vladimir Putin

9 Dicembre 2022

Nella scena iniziale del film “Lord of War” (2005), Nicolas Cage, vestito in modo impeccabile in uno scenario di guerra, con il terreno disseminato di migliaia di proiettili di mitragliatrice, spiega: “Ci sono 550 milioni di armi in circolazione nel mondo, una ogni 12 persone. La mia domanda è: come facciamo a convincere le altre 11 ad armarsi?”. L’intero film è la risposta: un film la cui ambientazione è chiaramente tratta dalla biografia del più grande trafficante d’armi degli ultimi 40 anni, il tagiko Viktor Bout. Un tenente colonnello sovietico, poliglotta e con esperienza di combattimento in diversi Paesi, che, quando l’URSS è implosa, è diventato miliardario contrabbandando armi dell’Armata Rossa.

È famoso per il suo infinito cinismo: per aver sacrificato non solo la vita del fratello per motivi professionali, ma anche quella dei suoi ex compagni di caserma. Un uomo chiamato “Ministro della Morte”, la cui reputazione si basa sul fatto che è in grado di consegnare qualsiasi cosa (anche una testata atomica) ovunque e in qualsiasi condizione – come dimostra la grandiosa scena del film in cui, costretto a un atterraggio di emergenza, fa sparire non solo il carico, ma anche ogni parte dell’aereo.

È stato arrestato dopo una lunga caccia, a Bangkok, il 6 marzo 2008, ed è stato condannato all’ergastolo dalla Corte Suprema di Washington. Una condanna all’ergastolo con la condizionale, che si è conclusa il 7 dicembre 2022, perché Putin ha scambiato il suo rilascio con quello di una giocatrice di basket americana, detenuta in Russia con un pretesto. Una scelta pragmatica del Presidente Biden, che ha bisogno di aumentare il consenso dei propri elettori sfiduciati, che non hanno idea di chi sia Viktor Bout e probabilmente se ne fregano. La giovane atleta americana non deve far altro che tornare a casa, sorridere e ringraziare il governo.

Viktor Bout è tornato in Russia, a lavorare per Putin e il suo esercito. Il suo biglietto di ritorno, ne sono certo, non è gratuito, anche perché nella sua carriera ha danneggiato anche l’imperialismo russo, perché ha venduto miliardi di dollari di materiale dei suoi arsenali che, quando la burocrazia sovietica è implosa, nessuno sapeva dove fossero – e che erano tecnologicamente superati. Per le milizie irregolari impegnate in mille guerre barbare e sanguinose in Africa, o per le bande di banditi dell’America centrale, o per le milizie dei fondamentalisti cristiani e musulmani, non fa differenza. Si tratta di persone che sparano a persone indifese, e le mitragliatrici degli anni ’70, se sottoposte a una corretta manutenzione, possono ancora uccidere.

Il compito di Bout, da domani, sarà quello di aiutare Putin a vincere la macelleria messicana inscenata in Ucraina, utilizzando la sua rete di contatti per assoldare partigiani ceceni, veterani del Califfato, miliziani serbi, ufficiali di Boko Haram – chiunque, purché sia disposto a versare più sangue possibile tra la popolazione civile ucraina. Tra l’altro, Bout è sempre stato in grado di fornire armi a chi si trovava dall’altra parte delle linee – guerriglieri in grado di commettere atti di terrorismo e di rappresaglia.

La sua uscita di prigione è una sconfitta per la pace, per l’umanità, per tutti coloro che hanno a cuore la vita della povera gente in Ucraina, per gli europei che sempre più spesso vengono offerti sull’ara sacrificale eretta dagli imperialismi contrapposti e che noi non siamo in grado, per la nostra debolezza culturale, di contrastare. Come gli struzzi, nessuno in Europa ha reagito. Come se la liberazione di una bestia come Viktor Bout fosse affare di altri.

TAG: traffico di armi, Viktor Bout
CAT: Geopolitica, Russia

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