Processo a due affabulatori di false verità

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18 Agosto 2018

Il processo per incitazione all’odio razziale nei confronti dei fratelli Alfred e Monika Schaefer a Monaco di Baviera non si è potuto concludere venerdì 17 agosto, e proseguirà tra un mese il 14 settembre. Il ritardo è stato indotto da richieste processuali del legale dell’accusata, la quale resta così in carcere forse più che se il processo si fosse già chiuso.

In 12 udienze i magistrati hanno infatti preso visione di diversi filmati oggetto di accusa ed hanno indicato che cinque punti delle imputazioni nei confronti di Alfred Schaefer potrebbero trovare conferma nella sentenza, escludendone altri tre; nei riguardi della sorella Monika invece le imputazioni potrebbero essere conclamate in un singolo capo di accusa, ma non in altri due. La richiesta di rinvio a giudizio è stata conseguentemente ridotta. Il pubblico ministero ha domandato comunque che il mandato di reclusione nei confronti di Alfred Schaefer conservi validità anche in pendenza di un possibile appello, a fronte del rischio che egli usufruendo di adeguate risorse finanziarie si sottragga al giudizio, così come che possa inquinare le prove e reiterare i reati. La difesa si è opposta indicando che pur avendo anche passaporto canadese, l’imputato ha il proprio fulcro di vita in Germania nella casa di proprietà della moglie ed ha dimostrato nel processo di voler prendere posizione sulle accuse, il rischio di inquinamento delle prove per il difensore Frank Miksch sarebbe insussistente.

In effetti l’accusato ritiene che il processo sia una occasione per rendere pubblica la visione che persegue come una crociata. Ha chiesto persino che i giudici prendessero visione di altri tre filmati non oggetto del rinvio a giudizio ma la Corte ha disatteso l’istanza per mancanza di connessione con la causa. Anche l’agente che ha eseguito ben tre perquisizioni al suo domicilio in seguito a due diverse denunce [una inviata in via informatica da un suo stesso parente ed una seconda accompagnata da un CD con copie dei filmati inoltrata alla Procura dal B’nei Brith Canada, un organismo ebraico internazionale di beneficenza ed aperto sostegno ad Israele, la cui sezione canadese fu fondata nel 1875] e dopo l’arresto della sorella ha testimoniato che Alfred Schaefer è stato collaborativo, ma in un’ampia dichiarazione spontanea ha detto espressamente di essere contento di andare a giudizio per avvertire tutti dei pericoli cui incombono legati ad una fantomatica congiura condotta dagli ebrei per governare il mondo e sopprimere la razza bianca. Durante il dibattimento d’altronde Alfred Schaefer ha più volte indicato che non si ritiene un’antisemita, non ce l’ha con tutti gli ebrei -ha inferito- ma solo con quelli in posizione di prominenza. Peraltro, in tutti i suoi video non ha fatto altro che ripetere come un mantra l’esistenza “dell’ebreo parassita”.

Nell’udienza di venerdì 17 agosto in una memoria di 6 cartelle ha richiesto persino che la Corte nomini un perito di storia contemporanea perché questi confermi i contenuti della pagina di Wikipedia in inglese sul professore di origini russo-ebraiche Noel Ignatiev. Ignatiev per quanto sommariamente emerge dalla pagina, ha assunto tesi controvertibili che lo hanno portato a decadere dal ruolo di consulente accademico per gli studenti di Harvard, nondimeno non ha mai indicato la necessità di sopprimere i bianchi, bensì, per quanto non andando scevro da censure, di abolire il concetto di razza bianca quale strumento di evocazione di una razza privilegiata. Da queste tesi, del tutto individuali del cattedratico, l’imputato Schaefer ha inteso trarre spunto di prova dell’esistenza di un fantomatico piano mondiale ebraico per uccidere i bianchi. Non è neppure un’accusa del tutto nuova, l’idea di un complotto degli ebrei per il dominio del mondo c’era già nei Protocolli dei Savi di Sion che non per nulla, anziché un noto falso della Russia zarista per l’imputato sono oro colato. Alfred Schaefer d’altronde ha suggerito che il perito dovrebbe anche affermare come in Sud Africa sono stati uccisi molti bianchi e in Europa molte donne bianche sono state violentate, per dimostrare il suo assunto che ci sarebbe un piano mondiale contro i bianchi. Inoltre, l’esperto dovrebbe dichiarare che “parassita” è solo un termine scientifico. D’altra parte, l’imputato nella sua produzione videografica dimostra di avere una propria idea personale di cosa debba intendersi come scientifico, dando credito in un circonvoluto unico alle tesi più strampalate: negando l’esistenza delle camere a gas naziste, adombrando che l’allunaggio sia stato girato da Stanley Kubrick perché Hollywood guadagnasse, che le torri gemelle di New York siano state abbattute da caccia militari camuffati da aerei civili per coprirne l’abbattimento programmato secondo un piano israelo-americano, che le stragi nelle scuole come a Winnenden in Germania nel 2009 siano frutto di una regia per avocare leggi speciali e poter soggiogare meglio la popolazione.

Ciò detto si potrebbe ritenere di avere a che fare solo con un folle innocuo, ma nel suo articolare l’imputato è perfettamente lucido; all’atto della terza perquisizione, ha specificato all’agente che se l’attendeva ed aveva messo al sicuro l’attrezzatura informatica della sorella senza poi voler dire dove. Riguardo la quantità di materiale per la creazione di video professionali e quanto altro gli è stato sequestrato Alfred Schaefer ha sdegnosamente riferito che si è trattato di “rapine” e quanto sottrattogli la “refurtiva” rifiutando di dichiararsi disponibile a lasciarlo in detenzione allo Stato. È probabile che l’accusa richiederà formalmente il sequestro dei beni oggetto di reato nella presentazione della sua arringa.

Un perito tecnico ha evidenziato che all’atto del suo esame i video non erano più richiamabili in Germania dal canale You Tube dell’accusato, essendovi stato applicato un blocco regionale, in qualche caso rinnovato. Lo stesso perito ha tuttavia pure statuito di avere rilevato prove evidenti sui computer sequestrati all’imputato che attestano che è stato lui in tutti i casi (tranne uno) ad avere caricato i video presi in esame sulla piattaforma assumendosene la paternità in messaggi e-mail. La difesa pare nondimeno di poter aprire una crepa nell’accusa e scagionare quantomeno l’imputata. L’avvocato Wolfram Nahrath ha insistito che venga convocato a testimoniare anche un poliziotto che, nonostante il blocco regionale, ha indicato di avere potuto scaricare il 9 luglio 2017 un video in inglese sul sequestro di beni in esito alle perquisizioni presso l’abitazione di Alfred Schaefer caricato in rete da Henry Hafenmayer. I giudici hanno appurato che l’agente è malato a tempo indeterminato e non si sa quando possa tornare in servizio ma il legale non si è dato per vinto sottolineando che non comporti necessariamente l’incapacità a comparire. Citando che nel 2016 sarebbero stati caricati 5 miliardi di video da tutto il mondo su You Tube, e la piattaforma registrerebbe qualcosa come 5 milioni di visite giornaliere, il difensore di Monika Schaefer ha inoltre chiesto la nomina di un perito esperto di internet e ricerche di mercato che possa confermare l’incontrollabilità pratica di tutto quello che vi è caricato e quindi non debba darsi rilevanza ai filmati degli imputati ed alla utenza da essi goduta. La Procuratrice non è parsa tuttavia impensierita ed ha dichiarato che in via di principio si possono senz’altro ammettere i dati numerici suggeriti dalla difesa. Le prove che l’imputato ha caricato e realizzato i video ed i loro contenuti evidentemente bastano; oltre a tutto sono sempre fruibili, rilanciati da altri canali con nomi anonimi come, a titolo di esempio, The creator world order e Norwegian truth.

L’avvocato Nahrath ha pure suggerito che Monika Schaefer, quale cittadina canadese, potrebbe non avere avuto coscienza del divieto previsto dall’articolo 130 del codice penale tedesco di negare la Shoà ed ha ottenuto che la norma venisse letta dai giudici e tradotta in aula. I magistrati hanno però sottolineato che l’imputata ha ammesso di avere visto un ampio filmato sulla vicenda giudiziaria di Ernst Zündel, negazionista tedesco emigrato e processato in Canada ed estradato dagli USA processato e condannato a Mannheim per la stessa norma. Monika Schaefer ad un osservatore esterno pare avere un ruolo di gregario e non di trascinatore, ma evidentemente non del tutto ignara come vorrebbe farla apparire la difesa.

Citando un articolo di Sebastian Lipp sul sito Blick nach rechts, Alfred Schaefer ha cercato di aprirsi ancora una breccia. Ha apertamente censurato che la Corte non gli abbia permesso di leggere due memorie di diverse decine di pagine in luglio. Se vi avesse dato invece corso -ha sostenuto- il cronista non avrebbe indicato che le sue tesi sono “fantasie”, perché avrebbe potuto ascoltare gli elementi a sostegno di esse. Rilevando che l’articolo è stato in rete ben prima dell’udienza successiva ha adombrato che i due giudici popolari potrebbero esserne stati influenzati ed ha chiesto alla Corte di dare lettura pubblica alle sue memorie. I magistrati peraltro le hanno già rigettate ed è quindi del tutto improbabile che accoglieranno la nuova domanda. La procuratrice ha rilevato poi che la richiesta incarnerebbe un abuso del diritto di presentare istanze probatorie per fare un proclama.

È evidente come l’accusato goda che il processo sia accompagnato da un nutrito pubblico in suo favore. Persone che proclamano che si deve avere “coraggio per la verità”, citando lo slogan sulla maglietta di uno spettatore. I giornalisti che non sono allineati alle affabulazioni degli imputati non sono ben visti. Uno spettatore ha provocato un ammonimento formale del Presidente della Corte, il giudice Martin Hofmann, nei loro confronti inferendo il sospetto insussistente che avrebbero effettuato delle registrazioni non consentite. Una rappresentante della stampa ha riferito alla Corte di essersi sentita minacciata dalla frase “conosciamo i vostri volti”, anche se lo spettatore interessato lo ha negato.

Tra i fans degli imputati venerdì 17 agosto spiccavano la pregiudicata Sylvia Stolz, la signora Marianne Wilfert che dovrà a sua volta comparire ad Hof davanti ai giudici come imputata per incitazione all’odio razziale e che fornisce apertamente su internet prova del suo pensiero, od ancora Nikolai Nerling, insegnante di Berlino licenziato che col nomignolo di Volkslehrer produce video simpatetici al movimento dei Reichsbürger (in uno afferma egli stesso di sentirsi nel cuore un cittadino del Reich inteso, sia chiaro, come quello prussiano). Nerling martedì 14 agosto si era seduto -come lui stesso in un suo video ha dichiarato- per la prima volta nella fila riservata alla stampa, venerdì non ha potuto più farlo, aveva presentato un tesserino stampa privo di validità in Germania.

Del processo sono emerse ampie cronache fatte evidentemente da persone del pubblico, persino in inglese siglate dalla revisionista Michèle Renouf. La legge tedesca impedisce qualsiasi registrazione o protocollo integrale di un’udienza, la Corte giovedì pomeriggio aveva perciò inteso impedire al pubblico di portare in aula carta e matite. Le rimostranze di Sylvia Stolz appoggiate dal suo ex avvocato Wolfram Nahrath, il quale ha sottolineato che un divieto assoluto avrebbe infranto l’obbligo di pubblicità delle udienze, ha spinto i giudici, dopo una riunione in camera di consiglio, a consentire al pubblico di farsi delle note scritte. La specificazione che fossero ammissibili solo note ma non interi verbali ha peraltro alimentato il sarcasmo della richiedente e dei suoi alleati.

Singolarmente i propalatori di tesi palesemente strampalate possono apparire innocui, ma la capacità di autoalimentarsi tra loro e rinfocolarsi moltiplicando le fonti di diffusione dei loro messaggi ed attirare i giovani non lo è. Nei video di Alfred Schaefer l’elenco di siti internet che diffondono il mantra che non sono esistite le camere a gas naziste ed altre falsità storiche è estremamente lungo. Nikoli Nerling vanta oltre 42.000 iscritti al suo canale You Tube. Tanto potenziale evidentemente non è sfuggito neppure a Steve Bannon che avrebbe in animo di rafforzare in Germania il movimento antistranieri Pegida e la AfD con la sua fondazione The Movement. Quanto queste formazioni siano potenzialmente pericolose è confermato dalla condanna a cinque mesi, quand’anche con sospensione condizionale e non ancora definitiva, inflitta a Heinz Mayer, testa alla sezione di Monaco del movimento Pegida, della quale ha riferito il 15 agosto 2018 Sebastian Lipp su Blick nach rechts.

Un crogiuolo potenzialmente capace di sinergie con l’estrema destra ancora presente in Germania, anche se in declino a giudicare da come ha saputo coagulare relativamente pochi partecipanti in due marce indette sabato 18 agosto a Spandau in memoria del 31° anniversario della morte di Rudolf Hess.

Guardando come anche l’Italia si confronta con un’ondata di attacchi xenofobi: gli ultimi episodi di cronaca a Partinico a Lamezia Terme, il pericolo costituito dal lasciare libero sfogo anche alle teorie sull’inesistenza delle camere a gas naziste propalate dagli Schaefer ed altri come loro emerge con chiarezza, vale a creare un colpevole immaginario ed agitare contro di quello. Quello che può fare una folla scalmanata lo si è intravisto in nuce anche nel linciaggio verbale tiratosi addosso da una diciasettenne che ha osato contestare il Ministro degli Interni Matteo Salvini in un comizio della Lega a Pontida, prima che il politico stesso se ne avvedesse e abbia cercato di calmare i militanti, come documentato in un video diffuso dal quotidiano Repubblica il 17 agosto.

 

Immagine di copertina: Gli imputati in tribunale, dettaglio foto © Anne Wild per gentile concessione.

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TAG: Alfred Schaefer, Ernst Zündel, Frank Miksch, Heinz Mayer, Henry Hafenmayer, Marianne Wilfert, Michèle Renouf, Monika Schaefer, Nikolai Nerling, Noel Ignatiev, Reichsbürger, steve bannon, Sylvia Stolz, Wolfram Nahrath
CAT: Germania

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