Condannato a 10 anni ma già libero

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19 Luglio 2018

Anche se nel processo per i crimini del gruppo neonazista Clandestinità Nazionalsocialista (NSU) chiusosi a Monaco di Baviera dopo oltre 5 anni di dibattimento mercoledì scorso, la principale accusata è stata condannata all’ergastolo, il rilascio dei due correi che non hanno manifestato alcun pentimento -per quanto senz’altro giustificato dal punto di vista giuridico- lancia un falso segnale ai parenti dei 9 migranti brutalmente assassinati.

La Corte d’Appello di Monaco già pronunciando la sentenza una settimana fa aveva disposto la remissione in libertà di André Eminger, dichiarato neonazista, condannandolo solo a 2 anni e 6 mesi già scontati in regime di carcerazione preventiva, ma assolvendolo da molti capi d’accusa. Tanto che la Procura Generale che aveva chiesto per lui 12 anni ha depositato appello. Mercoledì 18 luglio la Corte bavarese ha comunicato di avere disposto la reintroduzione nell’alveo della sua famiglia, in pendenza dell’’appello, anche di Ralf Wohlleben perché non esiste più pericolo di fuga e della condanna di 10 anni inflittagli ne ha già scontati 6 anni e 8 mesi, e dunque oltre i due terzi, in regime di carcerazione preventiva.

Wohlleben si era richiamato nelle sue ultime parole a tutto quanto detto in sua difesa dai suoi difensori, ivi compresa una ridda di citazioni volte a sostenere che Adolf Hitler era un pacifista ed è stato condannato per avere procurato l’arma con cui sono stati brutalmente assassinati 9 immigrati, commercianti ben introdotti nel tessuto del Paese. Nel processo si era proiettata una sua maglietta con il disegno della rampa di Auschwitz-Birkenau sovrastata dalla dicitura “ferrovia romantica”.

Se il rilascio di André Eminger era stato salutato da invereconde urla di giubilo da parte di un manipolo di neonazisti presenti in aula guidati dal pregiudicato Karl-Heinz Statzberger, sul sito di estrema destra gefangenenhilfe.info dopo il rilascio di Wohlleben è apparso un messaggio di congratulazioni, ad affiancare un’ormai superata locandina che ne perorava la liberazione insieme a quella di André Eminger e persino una canzone per il “camerata Wolle” con un lamento su come egli avesse lasciato un vuoto nella sua famiglia.

Del vuoto reale ed irreparabile nelle famiglie dei 9 cittadini di origini turche e greche trucidati, della nipote che non conoscerà mai il nonno, del figlio che è cresciuto senza padre, i giudici nel chiarire le ragioni giuridiche alla base della sentenza non hanno neppure fatto menzione, mentre invece hanno evidenziato di avere tenuto conto a discarico dell’imputato il suo ruolo di genitore.

L’autrice berlinese di origini ebraiche Esther Dischereit ha volto invece lo sguardo alle vittime, anziché ai colpevoli, componendo una serie di poesie che pur senza diretto riferimento ai deceduti sono insieme un’ode in loro omaggio. Restituendo in modo plastico che sono stati i vicini, i negozianti da cui si compravano la frutta od i fiori, i padri ed i mariti che non ci sono più. Del suo volume “Fiori per Otello – i crimini di Jena” ha parlato Cornelia Zetzsche sull’emittente radiofonica Bayern 2.

 

 

 

Immagine di copertina: Cartellonistica contro i pregiudizi, foto dell’autore.

 

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TAG: André Eminger, Clandestinità nazionalsocialista (NSU), Esther Dischereit, Ralf Wohlleben
CAT: Germania, Giustizia

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