Processo Schaefer: due voci pacate che propalano contenuti virulenti

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22 Luglio 2018

La voce è chiara, i toni si sono pacati dopo i primi giorni di processo, l’imputato Alfred Schaefer (63 anni) è contento di potersi spiegare, di avere un proscenio dal quale arringare un piccolo pubblico, pur ridotto a circa 8 persone, che lo appoggia. I contenuti però sono allucinati: in un convoluto unico una summa di tutti i pregiudizi antisemiti centrifugati insieme. Gli ebrei avrebbero posseduto il 90% delle navi che portavano gli schiavi dall’Africa facendo soldi con i quali poi avrebbero fondato industrie come la Monsanto che creerebbero oggi nuovi schiavi; gli ebrei, sempre loro, avrebbero complottato per uccidere lo zar Nicola II cento anni fa ed oggi permeerebbero tutti i partiti avvelenando la democrazia; gli ebrei, chi altrimenti, avrebbero tramato per abbattere le torri gemelle di New York; sempre loro poi detenendo il controllo dei media si insinuerebbero come parassiti ad inquinare il cervello di tutti i leader politici, dall’ex premier britannico David Cameron indicato come “agente sionista” al pari dall’ex Presidente americano Obama (senza dar peso che entrambi non furono certo molto accondiscendenti alle politiche del Governo Netanyahu); gli ebrei sarebbero pure stati colpevoli dell’assassinio di John F. Kennedy per evitare che modificasse il sistema bancario americano, e detenere metà delle ricchezze del mondo; avrebbero pure “inventato” l’Olocausto per estorcere miliardi alla Germania. I negatori delle sue idee sono bollati come gatekeepers, hasbarah, o “agenti sionisti”. Chi crede a quelli che l’accusato chiama Holohoax, o 9/11-hoax, od ancora Moonhoax (persino l’allunaggio per lui sarebbe stato girato da Stanley Kubrick) dichiarato spregiativamente uno zombie ottenebrato dal “parassita ebreo”. Per Alfred Schaefer le stesse Università americane d’altronde, vietando l’accesso a coloro che manifestano antisemitismo, contribuirebbero a formare zombie ed annovera una sua stessa figlia andata all’Università e contraria alle sue congetture come tale.

A fianco al banco degli imputati la sorella Monika (59 anni) ex candidata per Verdi canadesi in ben tre tornate elettorali, ha sposato con convinzione le tesi folli del fratello maggiore: le camere a gas naziste sarebbero servite solo per eliminare i pidocchi portatori di tifo ed allungare la vita ai prigionieri. Come se milioni di ebrei, sinti, rom, omossessuali, dissidenti prigionieri di guerra morti nei lager nazisti si fossero sterminati da sé.

La settimana scorsa sono stati ricordati in una cerimonia solenne, alla presenza dei Ministri tedeschi della difesa e degli esteri, i cospiratori capeggiati da von Stauffenberg che dopo il fallito attentato ad Adolf Hitler vennero fucilati nel Bendlerblock di Berlino il 20 luglio 1944. In realtà la più parte dei cospiratori erano pur sempre iscritti alla NSDAP, ma avevano incominciato a distanziarsi alle idee del regime e volevano fermare l’apertura del doppio fronte voluta dal Führer. Non si giudichi forzato il paragone, ma i due imputati invece non hanno tentennamenti, al di là di quello che deciderà la sentenza, questo già segna l’inadeguatezza del loro modo di pensare: nel monolitismo delle idee revisioniste da loro profuse emerge la più assoluta indisponibilità ad ammettere legittimità alle acclarate realtà storiche discordanti.

Tutti e due sono sottoposti a carcerazione preventiva: Monika Schaefer da oltre sei mesi per rischio di fuga; il fratello Alfred che è anche cittadino tedesco, dapprima arrestato per un solo giorno per avere fatto il saluto hitleriano in aula ma rimesso in libertà su cauzione di 5.000 euro, è stato nuovamente fermato per rischio di inquinamento delle prove dopo che ha trasmesso due cartoline dal tenore “l’ebreo è tra noi, il diavolo non ammette i traditori” in cui i giudici hanno letto una minaccia ad un congiunto e perciò rigettato la richiesta di nuova scarcerazione.

L’imputato d’altronde anche se insiste a definirli meri “avvertimenti” nei filmati diffusi su You Tube per cui è rinviato a giudizio invoca gli stessi ebrei a non restare silenziosi ed andare a giustificarsi dai loro vicini prima che questi si risveglino e li colpiscano, per le “malefatte dei loro correligionari criminali al potere saranno battuti per primi come scudi”. Il tutto per soprammercato illustrato anche utilizzando il linguaggio di facile impatto di un cartone animato.

L’Università di Berlino ha recentemente diffuso uno studio di 74 pagine sull’aumento di post e commenti antisemiti in rete, dal 7,51% nel 2007 al 30,18% di un anno fa; anche se più della metà riguarda Israele, il 43% sono sempre i classici stereotipi degli ebrei come strozzini, traditori e via discorrendo. Internet vale da cassa di risonanza anche alle tesi dei fratelli Schaefer. Sul web si trovano cronache in inglese del tutto acritiche del processo in corso a Monaco di Baviera, siglate dalla revisionista australiana Michèle Renouf, presentate come se la redattrice fosse in aula. La Renouf era stata fermata dalla polizia il 17 febbraio 2018 a Dresda dopo avere tenuto un discorso in cui aveva sostenuto che le sole vittime della seconda guerra mondiale contro cui sarebbe stato operato un olocausto sarebbero stati i tedeschi ed i giapponesi, così come che fosse del tutto legittimo che i tedeschi abbiano condotto gli ebrei nei campi di concentramento perché essi avrebbero costituito una “quinta colonna” nemica. Pure il negazionista Henry Hafermeyer, che aveva indicato ai giudici di avvalersi del diritto di non rispondere (ha partecipato ai filmati di Schaefer ed è indagato in altro procedimento) ha solidarizzato con gli imputati: in uno dei suoi video ha dato la parola a due spettatori del processo; uno di loro era uscito da appena un giorno dalla casa di pena dove era stato fatto trattenere per 4 giorni dal Presidente della Corte Martin Hofmann per avere ingiuriato la Procuratrice.

Per diffondere le teorie complottiste ed i proclami che rivendicano l’esistenza di un reich tedesco sopito, usurpato dalla BRD, tipiche dei Reichsbürger, Alfred Schaefer (così come anche il pregiudicato Gerhard Ittner che è pure separatamente indagato per avere partecipato ad un video dell’accusato in cui ha usato toni razzisti idonei a fomentare violenti risentimenti antisemiti) non ha disdegnato di tenere un discorso durante una commemorazione ai combattenti tedeschi il 25 novembre 2017 a Bretzenheim nei pressi del monumento “Feld des Jammers” di fianco a bandiere con l’aquila tedesca nei colori nazionalsocialisti rosso, bianco e nero. Del pari il già citato Henry Hafermeyer, da una piattaforma Internet rimanda al sito di estrema destra gefangenen.info. Una pagina dalla quale sono diffusi anche auguri per la liberazione del “camerata Wolle”, al secolo Ralf Wohlleben, rilasciato mercoledì 18 luglio 2018 in pendenza di appello nonostante una condanna a 10 anni per complicità in 9 omicidi del gruppo neonazista Clandestinità nazionalsocialista. Ci sono dunque punti di contatto con la destra estrema, anche se Alfred Schaefer in aula si è ripetutamente sforzato di suggerire che la sua è una campagna che mirerebbe solo a svegliare gli animi, prima che si scateni la violenza indiscriminatamente contro tutti gli ebrei.  Toni da imbonitore, ma asserzioni aggressive non diverse da quelle che fomentarono i pogrom.

Nel processo contro i fratelli Schaefer sono previste ancora 4 udienze, la Corte intende escutere anche una poliziotta ed un perito tecnico; non sono invece ancora stati ipotizzati interventi né di consulenti psichiatrici, né di storici, ancorché la difesa dell’imputata Monika Schaefer abbia richiesto alla procura se pendono investigazioni nei confronti del cattedratico canadese Anthony Hall, ventilando di volerlo convocare come teste. Il professore Hall ha partecipato con i fratelli Schaefer ad un video dell’organizzazione Codoh, un gruppo che nominalmente vorrebbe promuovere un dibattito aperto sull’Olocausto. La sigla non mira tuttavia a discutere, o fare ricerca sulla Shoà, cosa niente affatto vietata basti guardare a Yad Vashem in Israele e a numerose altre istituzioni, bensì a negarne assolutamente la realtà storica. Nel sito Vimeo di Codoh si diffondono infatti tra l’altro interviste al noto negazionista David Irving. Sulla home page su Facebook, curata dal fondatore Bradley Smith, compare poi in bella evidenza la copertina di un volume in inglese di Carlo Mattogno, considerato il principale esponente del negazionismo della Shoà in Italia (d’altronde ce ne se ne può rendere conto guardando su internet l’intervista fattagli nel 1994 dall’omologo tedesco Ernst Zundel). Il sito Codoh rimanda tra l’altro (Codoh Update 1/10/2017 diffuso però da Bradley Smith il 10 gennaio 2018) ad una lettera pubblica di Alfred Schaefer del 1° giugno 2018 (come facesse Bradley in gennaio a pubblicare una lettera di giugno non è dato sapere, ma si può vedere a https://www.facebook.com/notes/bradley-smith/codoh-update-1102017/1804955269549780/) dopo l’arresto della sorella avvenuto il 3 gennaio 2018 in cui compare in inglese <questi criminali pervertiti che hanno ordinato che Monika fosse arrestata sono le persone che circoncidono un piccolo bebè ad 8 giorni e si mettono uno zuccotto in testa pensando che questo gli dia il privilegio di governare il pianeta>. Quanto questo sia mera incitamento all’odio razzista e nulla abbia a che vedere con la rivendicata, e peraltro effettivamente mai negata, libertà di ricerca storica si appalesa a chiunque. Ma difficilmente verrà rimosso da Facebook, Mark Zuckerberg ha sostenuto in un’intervista al blog a contenuto tecnico Recode, ripresa anche in Italia da Repubblica, che seppure negare la Shoà è offensivo per la memoria delle vittime ed i superstiti, fin tanto che facendolo non si incita apertamente alla violenza è lecito, in aperto ossequio al primo emendamento della Costituzione USA tutti possono anche dire cose sbagliate. Ma l’affermazione del fondatore di Facebook gli è valsa pesanti critiche, perché così si difende la propalazione di una fake news.

D’altronde il tribunale di Regensburg una settimana fa si è mosso nello stesso solco di pensiero ed ha garantito al cantante soul 46enne Xavier Naidoo il diritto di non essere indicato come antisemita nonostante nelle sue canzoni abbia usato retrivi cliché riferendosi alla Banca Rotschild con i giochi di parole “Baron Totschild” (barone segnale di morte) e “Schmock”. Per i magistrati avrebbe credibilmente inteso criticare unicamente i politici vicini al mondo della finanza. Franziska Oster, legale della portavoce della Amadeu Antonio Stiftung, fondazione impegnata attivamente anche nel combattere il pregiudizio antiebraico, ha subito annunciato che intende ricorrere in appello per vedere corretta la sentenza perché -come ha riportato il Bayerischer Rundfunk– “costituisce un segnale fatale per la formazione politica” (delle nuove generazioni).

I giudici della terza sezione penale del Tribunale di Monaco lascerebbero invece pensare plausibile una condanna dei fratelli Schaefer. Già dopo le prime udienze avevano infatti respinto un’istanza dei legali degli accusati che richiedeva di promuovere un incidente costituzionale sulla norma che punisce la negazione della Shoà e sospendere il processo, così come una domanda di cancellazione del giudizio, affermando che le accuse sono sufficientemente circostanziate per procedere. Alfred Schaefer ha peraltro inoltrato alla Corte anche una seconda domanda dattiloscritta che è formalmente ancora pendente.

 

Immagine di copertina: Pixabay, https://pixabay.com/it/nine-eleven-11-settembre-3134134/

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TAG: Alfred Schaefer, antisemitismo, Monika Schaefer, Università di Berlino, Xavier Naidoo
CAT: Germania, Giustizia

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