Reichsbuerger e negazionismo, due arresti e tumulti in Tribunale a Monaco

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2 Luglio 2018

Alfred e Monika Schaefer sono fratello e sorella, rispettivamente di 63 e 59 anni. L’uno vive in Germania l’altra, non fosse stata fermata ed incarcerata a Monaco di Baviera mentre assisteva al processo alla revisionista condannata Sylvia Carolina Stolz, adesso risiederebbe ancora in Canada. Entrambi sono convinti assertori che “la Shoà non ha mai avuto luogo” e rispettivamente da 4 e da 2 anni hanno postato video sulla piattaforma You Tube in cui hanno propalato tesi antistoriche e razziste.

Da quest’oggi lunedì 2 luglio 2018 sono a processo a Monaco di Baviera. Per il dibattimento sono state inizialmente fissate 7 udienze. Alfred Schaefer è difeso dall’avvocato Frank Miksch di Fürth che la Die Zeit indica legato all’estrema destra, avendo tra l’altro preso parte a manifestazioni dell’ormai vietata Freies Netz Süd, un’organizzazione che tra il 2009 ed il 2014 fungeva da coordinamento per tutte le Kameradschaften neonaziste in Baviera. Monika Schaefer invece è difesa dall’avocato Wolfram Nahrath di Berlino, un passato nella parimenti vietata Wiking Jugend, all’attivo tra le altre la difesa della citata Sylvia Stolz ma anche di Ralf Wohlleben accusato di fiancheggiamento del nucleo terroristico Clandestinità nazionalsocialista.

L’accusa ricostruisce i contenuti di almeno 10 filmati, taluni presentati in più lingue, in cui Alfred Schaefer ha diffuso simboli della NSDAP, negato che le camere a gas siano state usare per massacrare milioni di persone bensì “solo per sconfiggere tifo e dissenteria”, affermato che le ricostruzioni dell’attentato alle torri gemelle di New York sarebbero “una frottola”, gli ebrei “parassiti”, i rifugiati “un’orda nera” pronta a “prendere le nostre città … e con la forza le nostre donne ed in nostri bambini”. In un discorso in una manifestazione avrebbe poi anche fatto il saluto hitleriano, gesto perseguibile in Germania se fatto in pubblico, a differenza dell’Italia dove è stato dichiarato punibile solo se rappresenta chiara volontà di ricostruire la dittatura nazi-fascista e paludandolo invece di valenza lecita per commemorare i morti.

Monika Schaefer ha compartecipato alla realizzazione di alcune clip. In una di poco meno di 6 minuti, in doppia versione in tedesco ed in inglese, dal titolo significativo “Scusa mamma mi sono sbagliata per quanto riguarda l’Olocausto”, ad esempio, ha definito la Shoà “la più grossa e dannosa bugia della storia”; in un altro filmato di oltre 33 minuti in inglese parla di “holohoax”.

Parte del materiale è peraltro stato realizzato e diffuso anche coinvolgendo terzi, per cui almeno altre 3 persone sono indagate separatamente. Filmati dei fratelli Schaefer o degli altri indagati sono sempre reperibili sulla piattaforma video di Google, in particolare spicca un video messaggio di oltre 12 minuti a Monika Schaefer come “prigioniera politica della BRD”. Gli imputati rischiano per i reati ascritti fino a 5 anni di reclusione.

Al suo ingresso in aula Alfred Schaefer ad uso del pubblico e della stampa ha dichiarato di essere “così contento di essere qui oggi” attaccando l’accusa dicendo che la sorella è agli arresti “solo per essersi scusata pubblicamente verso la madre”, guadagnando qualche applauso da un manipolo di sostenitori. Prima che iniziasse l’udienza era però ancora a piede libero ma nell’intervallo gli è stato comunicato un mandato di arresto per avere fatto provocatoriamente il saluto nazista all’indirizzo della sorella che lo ha colto con un sorriso. La disposizione ha mosso a violenti battibecchi da parte di una quindicina di simpatizzanti. Tra di esse Sylvia Carolina Stolz, già condannata a sua volta per il reato di negazione della Shoà, che a fine dell’udienza è stata arrestata per due giorni su ordine del Presidente della terza camera penale Martin Hofmann per avere usato espressioni offensive all’indirizzo della Corte. Un’altra donna seduta di fianco a lei ha urlato alla Procuratrice frasi sconnesse sul “possesso mondiale dei media da parte degli ebrei” ed ha sostenuto che “gli ebrei posseggono nascostamente tutte le risorse idriche” ed ogni forma di potere fino alle autostrade. Almeno altre due persone del pubblico sono state pure identificate in aula su disposizione rispettivamente del Presidente della Corte e della Procuratrice. In quest’ultimo caso l’interessato aveva istigato i poliziotti a ribellarsi ed aveva rifiutato di declinare le sue generalità al magistrato ed aveva dovuto darle agli stessi agenti che voleva sobillare alla rivolta.

L’imputato Alfred Schaefer ha accompagnato la lettura dell’atto di accusa con frequenti moti di ilarità; sua sorella è rimasta invece più compita. La condotta dell’imputato ha indispettito i giudici all’inizio del dibattimento inducendo il Presidente Hofmann a riprenderlo tre volte perché si rifiutava di alzarsi all’ingresso dei magistrati asserendo che essi sono “l’inquisizione” e gli organi della BRD non avrebbero legittimazione giuridica in quanto espressione della continuazione della pressione delle potenze occupanti, mentre il Reich tedesco, mai venuto meno, sarebbe impossibilitato ad operare. Le tesi dei Reichsbuerger. In esito all’episodio i simpatizzanti degli imputati hanno incominciato ad alzarsi in piedi in saluto dell’imputato Monika Schaefer prima dell’ingresso dei giudici esercitando implicitamente a loro volta un disconoscimento della loro autorità.

Il Presidente ha dapprima deciso di verbalizzare solo brevemente l’istanza dell’accusato. Questo ha scatenato un’istanza di ricusazione per la sua supposta prevenzione avverso l’imputato, che dovrà essere decisa da altri giudici. La Corte, nonostante l’opposizione dell’avvocato Nahrath, ha disposto come era in suo potere, di proseguire comunque; però per economicità di giudizio ha consentito ad Alfred Schaefer di presentare integralmente l’istanza processuale prima della lettura dell’atto di accusa. Per circa tre ore (non senza commenti di plauso dai suoi sostenitori, così come ripetuti inviti da parte del Presidente a non uscire dall’alveo della sua richiesta) egli ha così potuto ribadire la sua tesi che la Corte non sarebbe legittimata a giudicarlo, esprimendo anche altri giudizi illuminanti sul suo modo di pensare, quali: che l’attentato delle torri gemelle di New York è opera dei soliti noti intendendo gli ebrei, i Protocolli dei Savi di Sion sono un lavoro scientifico, l’Olocausto una verità di Stato per volere delle potenze occupanti, il popolo tedesco deve avere il diritto di non versare imposte e canoni agli organi dell’attuale BRD. Se poi non bastasse ciò a confermare il fondamento delle accuse, dipingendosi a vittima del sistema, ha pure ripetuto che lui è “Alfred negatore dell’Olocausto Schaefer”.

D’altronde egli aveva tenuto un atteggiamento analogo sabato 30 giugno in una manifestazione a Norimberga, dove pure ha fatto il saluto hitleriano dal podio ed istigato avverso gli ebrei. Al raduno, preceduto da una marcia con slogan inneggianti alla liberazione di conclamati negazionisti come Gerhard Ittner, Horst Mahler e la stessa Monika Schaefer e diversi striscioni in favore della revisionista Ursula Haverbeck indicata come “prigioniera politica della BRD”, poi conclusasi (secondo quanto indicato da Thomas Witzgall sulla piattaforma endstation-rechts-bayern) di fronte alla vecchia casa del gerarca nazista Julius Streicher, avevano partecipato almeno un centinaio di persone.

Nelle sole ultime due settimane a Monaco di Baviera sono giunti in appello altri tre casi di istigazione all’odio razziale e contro la dignità umana (Volksverhetzung) giudicati in prima istanza tra il 2016 d il 2017.

 

Immagine di copertina: Gli imputati in tribunale, dettaglio foto © Anne Wild per gentile concessione.

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TAG: Alfred e Monika Schaefer, Frank Miksch, negazionismo, Reichsbuerger, Sylvia Carolina Stolz, Wolfram Nahrath
CAT: Germania, Giustizia

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