Voleva fare una nuova vittima come Walter Lübcke

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29 Aprile 2021

L’omicidio ad opera di un simpatizzante di estrema destra del presidente del distretto governativo di Kassel, Walter Lübcke è ancora presente nell’opinione pubblica. Da oggi è a processo in Baviera di nuovo una simpatizzante di estrema destra, la cinquantacinquenne naturopata Susanne Gemeinhardt-Seitz, accusata di aver minacciato di morte politici tedeschi, così come di voler perpetrare un attentato. La difendono due avvocati dichiaratamente schierati Nicole Schneiders e Wolfram Nahrath. L’imputata minuta, chioma biondo cenere con evidenti striature scure, entra a volto scoperto e sicura di sé e volge lo sguardo alle fila del pubblico dove siedono quattro noti neonazisti, tra loro anche il presidente del partito Dritte Weg (terza via) Klaus Armstroff. Il gruppo si alza al suo ingresso come un picchetto d’onore secondo una coreografia già nota; per contro resterà seduto quando i giudici lasceranno l’aula.

Elevato l’interesse della stampa tedesca. Dopo gli attentati di Hanau e di Halle, i morti di clandestinità nazionalsocialista -anche lì fini a processo una donna- ed ai componenti di varie altre sigle, da ultimo la dozzina del gruppo S a giudizio a Stoccarda, ai media non passa inosservata la portata delle accuse, in un clima in cui da mesi molti gruppi della destra xenofoba si allineano anche alle marce no-vax ed in pieno anno elettorale.

 

I legami con lo NSU

D’altronde l’accusata secondo il Der Spiegel non sarebbe proprio una anima candida, avrebbe corrisposto con i coadiutori del trio di clandestinità nazionalsocialista (NSU) Ralf Wohlleben ed André Eminger mentre erano in carcere e la Süddetusche Zeitung rincalza che al petto ha tatuata la parola Staatsfeind (nemico dello Stato) circondata da due mitra.

La portata del caso emerge dettagliatamente nell’atto di accusa quando, dopo scaramucce processuali preliminari, il procuratore generale David Rademacher, affiancato dal collega della procura di Monaco Adrian Mangalia, riesce a darvi lettura. “L’accusata impersona un’ideologia impregnata di convinzioni nazionalsocialiste e razziste. Si oppone allo Stato e l’ordine sociale delle Repubblica federale tedesca. Rifiuta persone di origine straniera, ebrei e mussulmani.” Tra dicembre 2019 e marzo 2020 ha scritto sei lettere anonime di minacce a due politici locali bavaresi, una comunità mussulmana ed un’associazione attiva nell’aiuto ai rifugiati e da maggio 2020 ha incominciato a preparare un attentato per uccidere dei funzionari pubblici, o dei mussulmani, acquistando componenti per creare una bomba.

 

Come Walter Lübcke

Al consigliere del distretto di Norimberga Armin Kroder nel dicembre 2019 pervenne una lettera dal tenore “Amico degli ebrei e degli stranieri ammazzato sulla terrazza … vi colpiremo tutti!” in chiaro richiamo all’omicidio Lübcke. Per rafforzare le minacce seguirono anche due telefonate ed ancora il 5 marzo 2020 una lettera con un bossolo calibro 8×75 ed un buono omaggio con le parole “ultimo avviso”.  Analogamente anche il primo sindaco di Schnaittach fu oggetto di lettere minatorie con una cartuccia di fucile. Contestualmente secondo l’atto di accusa, l’imputata avrebbe spedito ad una comunità turca di Röthenbach una lettera minatoria con l’annuncio “non sarete mai sicuri”, il disegno di una testa di maiale ed una cartuccia 6,35 mm; mentre all’associazione FLEck e.V. impegnata sul fronte dell’accoglienza ai rifugiati, giunse una cartuccia con minacce in concomitanza con la data di un evento programmato.

 

Solo la punta dell’iceberg

Le associazioni si sono limitate a presentare denuncia ma i due politici si sono invece costituiti parti lese e testimonieranno. L’avvocato Maximilian Bär non ha nascosto che il suo cliente potrebbe voler seguire il processo in aula dopo avere testimoniato, invece l’avvocato Harald Straβner ha già anticipato che il suo assistito, impegnato anche nel comitato direttivo di un museo ebraico, ed i suoi familiari, forse non lo faranno. Ancora oggi hanno ansia aprendo la cassetta della posta. Per l’avvocato Straβner è evidente che si è individuata la giusta colpevole, ma ci sono delle strutture di simpatizzanti e coadiutori ancora a piede libero che il dibattimento dovrà mettere sperabilmente in luce. È lo stesso richiamo che tuttavia è già rimasto largamente disatteso in oltre cinque anni di processo ai crimini di clandestinità nazionalsocialista.

 

Dalle parole ai fatti

Secondo l’atto di accusa dopo le lettere e le telefonate anonime, l’imputata ha sistematicamente osservato e fotografato diversi possibili obiettivi, inclusi le auto di 14 poliziotti e gli appartamenti di taluno di loro e raccolto gli orari di preghiera di alcune moschee nell’area di Norimberga, incominciando a muoversi per porre in pratica le sue minacce. Attraverso Amazon ha comprato libri liberamente in commercio come “L’autobomba: conosci il tuo nemico”, “Esplosivi ed attentati dinamitardi: riconoscerli ed evitarli” che conterrebbero numerose indicazioni idonee alla costruzione di una bomba. Dopo aver verificato la possibilità di acquistare sostanze chimiche, l’imputata avrebbe deciso di procedere alla costruzione di un ordigno a base di benzina in diverse bottiglie legate tra loro.

 

Alla macchia, ma per poco

Una perquisizione a fine marzo 2020 della sua casa ed ambulatorio aveva tuttavia fatto già emergere alcuni elementi idonei a ricondurla ad autrice delle lettere minatorie, venne lasciata libera e tenuta sotto osservazione ma a fine agosto 2020 era sparita. Fu però ben presto individuata, alloggiata sotto falso nome in un albergo di Fürth il 6 settembre, ed arrestata il giorno dopo. Appena in tempo prima che riuscisse a realizzare i suoi piani. Nella sua auto fuori dall’albergo sono stati rinvenuti una tanica da dieci litri di benzina, cavi di innesco, una cartuccia di 190 grammi di miscela di gas, miccia, fuochi di artificio con polvere nera, un giubbotto anti-proiettili, un sacchetto con pallini di acciaio ed una fionda, nonché coltelli, tirapugni e molto altro ancora. La discesa in clandestinità allo NSU era riuscita per quasi undici anni, a lei per appena due settimane.

 

Il processo e la pandemia

La settima sezione penale della corte d’appello di Monaco presieduta dal giudice Höhne ha programmato 20 udienze, per lo più previste nell’aula bunker del carcere, e si è assicurata la presenza della psichiatra forense Claudia Limmer come perito.

Dopo la sua formale identificazione, il giudice stamane avrebbe voluto procedere subito con quella dell’imputata ma è stato prima investito da istanze della difesa: l’accusata non avrebbe potuto avere un cambio di biancheria, usare la doccia e contattare liberamente il collegio difensivo, inoltre verrebbe sottoposta a quarantena di tre settimane ogni qual volta si togliesse la maschera FFP2 per prendere parola in violazione dei suoi diritti di difesa, perché parlando con la maschera potrebbe non essere sentita.

Il presidente, espressa la piena disponibilità della corte ha sottolineato che il collegio giudicante non può influire con le norme di sicurezza imposte dall’amministrazione carceraria. L’imputata sarà senz’altro autorizzata a ricevere abiti e fruire di pause per non portare la maschera continuativamente, per i giudici potrebbe anzi anche togliersela per parlare e lo faranno presente al personale di sorveglianza, ma non possono cambiare la prassi dell’ente di custodia. L’avvocato Nahrath ha pregato i giudici quantomeno di permettere alla loro assistita di uscire all’aria aperta nelle pause e l’avvocatessa Schneiders ha insistito che tutto il senato giudicante improrogabilmente decidesse, prima della lettura dell’atto di accusa, di cancellare l’obbligo di indossare la maschera per l’accusata. Sia il procuratore generale Rademacher che gli avvocati di parte civile non hanno visto però nulla in contrasto con i diritti di difesa. La corte ha confermato la decisione del presidente. Un assaggio del filo da torcere che i difensori si preparano a dare dalla prossima udienza, procrastinata al 6 maggio per permettere loro di studiare i fascicoli.

 

Immagine di copertina: l’avocato Harald Straβner in una breve conferenza stampa fuori dall’aula bunker (foto dell’autore)

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TAG: estremismo di destra, Germania, Neonazismo, Susanne Gemeinhardt-Seitz, Walter Lübcke
CAT: Germania, Giustizia

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