Né garantista né giustizialista: altro che scusarsi, il Pd può anche sciogliersi

29 Luglio 2015

Quindi la Serracchiani andrà espulsa. Secondo i nuovi regolamenti messi a punto dalla nouvelle vague renziana, interprete fedele del pensiero del Capo, chi vota contro il governo nei momenti decisivi è fuori. Se l’espressione e il tono ci ricollegano  immediatamente a Briatore e le sue baggianate televisive, la materia viva della questione è che la governatrice del Friuli Venezia Giulia, interpretando evidentemente un comune sentire, va ben oltre un semplice voto contro il governo. Dice apertamente che il Partito Democratico sulla storia dell’arresto di Antonio Azzolini ha grandemente sbagliato e “dovrebbe chiedere scusa” agli elettori e più in generale a tutti i cittadini italiani. È chiaro che nel momento bollente delle accuse reciproche e trasversali, l’Italia delle persone comuni e perbene sta con la Serracchiani, poi c’è una parte di segaioli che, senza avere la storia garantista e certificata di un Luigi Manconi, spara le sue cazzate su Twitter inneggiando allo stato di diritto che avrebbe trionfato.

La realtà è che il Partito Democratico e naturalmente il giovane Renzi non portano a casa nulla. Non portano a casa una sincera, leale, aperta, lotta garantista che porterebbe il Pd finalmente in quel girone dei virtuosi che non si fanno più dettare l’agenda dai giudici ma giudicano su voce propria. Questo coraggio il premier non lo trova neppure nei suoi momenti migliori, figuriamoci nei peggiori. Quando arriva una richiesta di arresto da parte della magistratura si naviga completamente a vista, si va dal sì all’arresto per motivi misteriosi (o di convenienza politica) a  quell’atteggiamento di distacco che vorrebbe essere la sintesi della democrazia, per cui lasciare i senatori e i deputati liberi di decidere secondo coscienza. Non si pensa neppure a soluzioni terze, che sarebbero magari più dignitose e produttive, come creare una camera di compensazione di un certo numero di “saggi”, giuristi, avvocati, magistrati, che per conto del Partito Democratico esaminano le carte e poi affidano all’assemblea le loro deliberazioni, ovviamente non vincolanti ma altamente professionali. Cosa volete che ne capisca di fumus persecutionis, ammesso che legga i faldoni dell’inchiesta, un povero deputato del Partito Democratico? Ma lasciamolo vivere, per favore.

È un giorno nero, nerissimo, per il Partito Democratico, perchè nel Paese il sentire comune è che questo Azzolini lo hanno salvato cinquanta-sessanta senatori dem. E visto che è immaginabile che lo non abbiano salvato Gianni Cuperlo e i suoi cari, questa figuraccia è tutta in carico a Matteo Renzie e ai suoi. Davvero un bel successo di immagine, non c’è che dire.

 

(Debora Serracchiani, foto tratta Flickr, Creative Commons)

TAG: Antonio Azzolini, autorizzazione all'arresto, debora serracchiani, immunità, Matteo Renzi
CAT: Giustizia, Partiti e politici

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