Alitalia ha lasciato Malpensa, ma non è quello il punto
Gran piagnisteo della politica locale, nei giorni scorsi, perché non ci sono più voli Alitalia dall’aeroporto di Milano Malpensa.
Come al solito le intromissioni della politica in aviazione riguardano questioni insignificanti e mancano il bersaglio. Rispetto all’era pre‑Covid non ci sono più da Malpensa i voli Alitalia per New York, come non ci sono più quelli di American Airlines, United e Emirates. Basta e avanza quello effettuato dall’americana Delta, pieno di merce nella stiva, ma con pochi passeggeri a bordo. Non c’è più il volo per Tokyo, perché i passeggeri che si muovono fra Italia e Giappone sono una manciata.
Dal primo ottobre, con grande scandalo politico, non ci sono più nemmeno i voli per l’aeroporto di Fiumicino. Non so quanti passeggeri trasportassero, ma è facile immaginare che fossero pochissimi e che quei voli generassero un bagno di sangue alle casse della già disastrata compagnia aerea romana.
Da due mesi Alitalia ha spostato i suoi voli milanesi dall’aeroporto di Malpensa a quello di Linate, che è inopinatamente riuscita a far riaprire dalla politica. I pochi che vogliono volare dalla Lombardia a Roma hanno a disposizione sette coppie di voli giornalieri da e per Linate, usati da pochi passeggeri. Nemmeno c’è più bisogno di volare con Alitalia a Roma per poi proseguire per il Brasile, il Giappone, la California o Israele, perché i collegamenti internazionali superstiti sono davvero pochissimi. Che senso avevano per Alitalia quei voli Malpensa‑Roma vuoti, doppione di quelli quasi altrettanto vuoti da Linate? Nessuno. Già perde milioni al giorno, perché dovrebbe perderne di più, per risparmiare a pochissimi passeggeri la fatica di fare cinquanta chilometri e andare a Linate? Pare che si tratti di una questione di lesa maestà, perché Alitalia “dovrebbe” servire Malpensa.
Ci sarebbero invece questioni molto più importanti su cui obiettare, ma sulle quali difficilmente si sente volare una mosca politica. In primo luogo bisognerebbe constatare che, nel crollo del traffico aereo dovuto alla pandemia, il sistema aeroportuale milanese se la cava molto meglio (o meno peggio) di quello romano, in primis perché resta lo snodo da cui passa il 70% delle merci di tutto il Paese, tanto che molte linee aeree mondiali accettano di volare a Malpensa con pochi passeggeri, perché le merci in stiva giustificano il volo. Ad agosto Malpensa ha avuto più passeggeri internazionali e sette volte il traffico merci di Roma Fiumicino, scusate se è poco e forse, nell’elaborare il piano industriale di Alitalia, qualcuno dovrebbe chiedersi se riportarla a Roma nel 2008 sia stata una mossa così azzeccata…
Alitalia ha il controllo di due terzi dei diritti di decollo e atterraggio a Linate, è come un arbitraggio favorevole che le dà un vantaggio perfettamente legale, ma inopportuno, nei confronti dei concorrenti. L’attuale livello del traffico è così basso che tenere aperti tre aeroporti in Lombardia, Linate, Malpensa e Bergamo è una scelta economica suicida e infatti fino alla fine di luglio Linate è rimasto chiuso, con Alitalia che però non poteva godere dell’aiutino nei confronti dei concorrenti. Ha santi in paradiso e al ministero, quindi ha ottenuto che il Governo ordinasse a SEA, la società concessionaria, di riaprire Linate, ma questa decisione ha scaricato su SEA un onere assurdo e ingiustificato. Tenere aperto anche Linate provoca a SEA almeno centomila euro di perdita al giorno, tre milioni di spreco al mese, in confronto ai quali Alitalia guadagna una frazione, magari un decimo. Lo Stato, per far guadagnare qualcosa al figliolo prediletto Alitalia, non si preoccupa se genera un danno molto superiore ad altri.
Come ciliegina sulla torta Alitalia ha deciso di non utilizzare più a Linate i servizi locali di handling e ha mandato in trasferta da Roma gli operai che caricano e scaricano le valigie etc. Tutto lecito, per carità, ma è uno schiaffo alla forza lavoro locale, che rischia il licenziamento, non essendo super‑protetta come chi è dipendente di Alitalia.
Come al solito la politica lombarda ha visto il dito e non la luna, si è lamentata di una decisione logica, quella di cancellare gli inutili voli Alitalia da Malpensa a Roma, ma non chiede che l’aeroporto di Linate venga chiuso fino a tempi migliori, cosa che tra l’altro faciliterebbe i lavori di ristrutturazione in corso nel terminal. Neanche ha avuto il coraggio di consigliare ad Alitalia di riportare a Roma i suoi operai in trasferta, per evitare di “rubare” il lavoro a quelli lombardi.
Un commento
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articolo di comicità lombarda, il cui snodo aeroportuale al confronto di FCO è quello di una provincia