Aggiungi un mostro a tavola

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9 Ottobre 2023

Sembra di assistere a una continua parodia della realtà, un po’ stile Truman Show, un po’ commedia all’italiana anni Sessanta, stile I Mostri di Dino Risi (1963). I Mostri sono ovviamente gli attuali politici, ma non solo loro, ben distribuiti tra maggioranza e opposizione. Ovviamente, nella maggioranza, come dice lo stesso termine, per forza di cose, ce ne stanno di più.

Penso cosa farebbero oggi Vittorio Gassman, Raimondo Vianello, Ugo Tognazzi, Franca Valeri, Bice Valori, Antonella Steni, Elio Pandolfi, Totò, Alighiero Noschese, Peppino De Filippo, Marisa Merlini e tutti quei giganti del teatro, del cinema e della televisione che ci hanno allietato quand’eravamo piccoli colle loro parodie, immagino come potrebbero parodiare gli attuali.

Maurizio Crozza è in serie difficoltà quando deve fare la caricatura di Vincenzo De Luca, il presidente della Campania, l’originale lo supera e per un attor comico non è una conquista ma un ostacolo quasi insormontabile. O l’ineffabile Antonio Razzi, ex-senatore di Forza Italia, colle sue uscite surreali, come quella che la Corea del Nord sia un faro di civiltà. Già questa, che è invece una realtà, sembra una parodia.

Anche Sabina Guzzanti e Paola Cortellesi sono in seria difficoltà quando devono fare l’imitazione parodiata di Meloni o Santanchè, perché le autentiche riescono a essere ben più grottesche.

Paola Cortellesi / Santanchè

Tempi duri. Ma la parodia è sempre in agguato. Tra i Mostri si aggirano anche certi pseudointellettuali filosofi della domenica che per un po’ sono circolati su qualche rete tv, invitati a illuminare alcuni salotti. Poi gli autori dei programmi, quando hanno visto che più che illuminare oscuravano, se ne sono liberati. Ogni tanto, quando gli autori non sanno come arredare lo spazio vuoto, qualcuno ritorna fuori ancora col turbomondialismo e il turbocapitalismo mentre farebbe bene a riflettere sulle proprie turbomichiate, che sembrano più masturbominchiate visto il narcisismo dei soggetti.

Poi ci sono quelli di sinistra coi pensieri di destra e quelli di destra coi pensieri di sinistra, quelli di centro con pensieri eccentrici, insomma nessuno è mai al proprio posto. A volte si fanno passare per riflessioni acute quelle che ai miei tempi si sarebbero trovate su un sussidiario da scuola elementare, tipo che l’Italia è un paese circondato dal mare e ha un territorio prevalentemente montuoso, che può essere una notizia nuova per chi a scuola non c’è mai andato oppure per chi c’è andato ma senza costrutto, oppure per chi ha studiato così così e ha dimenticato che i tre colori della bandiera italiana hanno un certo significato, evidenziandolo perfino in riunioni internazionali.

Quando Marcello Veneziani, nel 2002, scriveva La cultura della destra, metteva in evidenza tutta una serie di cose che secondo lui esistevano, come la convinzione che gli italiani fossero “brava gente” come spesso si è detto idealizzando il carattere di un popolo e dimenticando totalmente i crimini di guerra, gli eccidi coloniali, e, nel dopoguerra, quanto fossero stati razzisti i settentrionali verso i meridionali, mentre ogni tanto qualcuno se ne usciva con un “è siciliano (o pugliese, calabrese, napoletano) ma è bravo”, per ricredersi ipocritamente e fare la figura di chi torna sui propri passi. O dimenticando quanti meridionali, per scelta o per paura, fossero complici delle mafie, garantendo coll’omertà il lavoro ipogeo della delinquenza. Dimenticando come l’evasione fiscale fosse una piaga ben distribuita in tutto il paese. Dimenticando, soprattutto, quanto quel razzismo perennemente serpeggiante proprio la cultura della destra avesse accentuato in quegli anni – e poi nei successivi alla pubblicazione del libro di Veneziani, conseguenza diretta della volontariamente mancata irreggimentazione di un comportamento erroneo e pernicioso da parte dei politici -, colle discriminazioni, Roma ladrona, i cori contro i terroni da parte della Lega, partito emergente della Destra italiana, che è andato peggiorando progressivamente negli anni.

Una cultura della Destra intrisa di conflitti d’interessi e di berlusconismo, non caldeggiato in verità da Veneziani, ma comunque punto di riferimento per tutti i partiti di destra, alleati dell’allora cavaliere e suoi complici in ogni sua malefatta. Vorrei ricordare che fu Berlusconi che nel 2010 disse che gli italiani potevano sentirsi autorizzati a evadere le tasse. E quindi, con buona pace di Veneziani, a distanza di ventun anni dal suo libro, la cultura della Destra, in Italia, è ancora pesantemente contaminata dal berlusconismo, perfino dopo la scomparsa dell’ex cavaliere d’Italia. D’altro canto era inevitabile possedendo i media e le case editrici più importanti del Paese e rimbambendo il cervello degli italiani colle sue pubblicità, i TG di Emilio Fede e i suoi Maurizio Costanzo Show. Questa è comunque ancora buona parte dell’attuale cultura della Destra, anche se Veneziani ha visto, o preferito vedere, altre cose.

In più si è aggiunto, e si è accentuato nel tempo, come carattere peculiare della cultura di Destra, l’odio, la rissosità, l’impossibilità di parlare con calma argomentando. In ciò ha contribuito moltissimo il perenne clima da campagna elettorale dei partiti di Destra, soprattutto la Lega di Salvini – ma anche AN, poi metamorfosato in Fratelli d’Italia-, il quale l’unica cosa di cui è capace è accendere gli animi colle panzane, inoculando odio e arroganza attraverso i social, postando video di cui qualsiasi altro politico in Europa si vergognerebbe, come quando andò a suonare il citofono al Pilastro di Bologna chiedendo se lo spacciatore fosse in casa.

Questo esempio di spudoratezza ha autorizzato la spudoratezza dei sostenitori di Salvini (e anche di Meloni) che credono che ormai tutto sia loro concesso. Il danno fatto a livello popolare è talmente enorme che sarà difficile recuperare i cervelli di milioni di persone, se non impossibile.

Quest’odio, che in precedenza era comunque tenuto a bada da un’etica e dal senso di vergogna, che oggi non esiste quasi più, ha avuto in tal modo pista libera per affermarsi e ormai è difficile riuscire a parlare colle persone senza alterarsi, tutti si sentono in diritto di dire qualsiasi scempiaggine e di essere pure applauditi. Anche perché oggi le minchiate si applaudono, come si fa in tv, colla claque che batte le mani quando si accende il segnale luminoso mentre il capoclaque gesticola come un direttore di quell’orchestra di applausi finti. Oggi si applaude perfino ai funerali, che un tempo erano un momento di silenzio e di riflessione, oggi tutto è spettacolarizzato e degno di applausi, sembra.

E una cosa che si è quasi dimenticata ma che è fondamentale per capire la cultura della Destra attuale è che il berlusconismo è il frutto avvelenato della P2, la Propaganda 2, la famosa loggia massonica deviata di Licio Gelli, di cui sia Silvio Berlusconi che Maurizio Costanzo facevano parte.

Un giovane di oggi sa assai della P2, che gli potrà sembrare un acronimo per un detersivo o qualcos’altro. E l’ignoranza del nostro popolo, pianificata con precisione proprio dalla P2 e realizzata da Berlusconi e dai suoi ministri e mai più recuperata, ha prodotto un governo peggiore dell’altro ormai da tanti anni.

La parodia della cultura è lì, davanti a tutti, Aristofane avrebbe avuto tanto di quel materiale da scriverci centinaia di commedie mentre quelle italiane cinematografiche attuali non sono abbastanza cattive sulla politica, optando piuttosto per film seri tipo Il Divo (2008), di Paolo Sorrentino, dove non si ride per niente e dove, invece, vista la lettura seria che si è privilegiata, si sarebbero potuti evidenziare ancora di più i veri Mostri che c’erano all’interno della Democrazia Cristiana e i loro rapporti colle mafie italiane, Chiesa inclusa. Che differenza coi film politici, seri, di Elio Petri (Indagine su un cittadino al di sopra di ogni sospetto, 1970) o Nanni Loy (Detenuto in attesa di giudizio, 1971) o altri. Sembra che oggi non si voglia disturbare troppo la politica, perché poi la politica finanzia i film ed è legata a filo doppio colle case produttrici e distributrici. Paradossalmente c’era più libertà di esprimersi in un paese dominato dalla Democrazia Cristiana negli anni Sessanta e Settanta che oggi, dove si ha timore di esprimere con forza un’idea che possa disturbare il potere. Sembra tutto omeopatico.

La commedia, poi, ha il pregio di ridicolizzare tutto, rendendolo più macchiettistico di quanto già non sia e di far arrivare il messaggio attraverso una risata amara, dando l’occasione allo spettatore di ridere anche di sé stesso, mostrandogli quanto poco serio sia il comportamento dei politici che lui ha eletto e che paga fior di quattrini colle proprie tasse.

La commedia all’italiana di oggi è invece concentrata soprattutto su storie esagerate di gente comune, perché si pensa che la gente che guarda il film s’identifichi in quelle storie. Scelte di produttori, chissà quanto legati alla politica.

Di fatto, guardando film come Gli onorevoli, I Mostri, Boccaccio 70, ci si accorge come sia cambiato molto poco nei comportamenti dei politici e dell’italiano medio. E meno male che i grandi attori che ho elencato all’inizio ci hanno lasciato questa eredità.

 

 

 

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CAT: Governo, Partiti e politici

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