Arriverà una Tangentopoli bianca, e spazzerà questo Pd

12 Dicembre 2016

Ognuno di noi ha un suo ’68 da esibire, nuovo o vecchio che sia, e di cui va anche un po’ orgoglioso, seppure sotto forma squisitamente contemporanea, magari un piccolo impegno per gli ultimi, un lavoro in una periferia dimenticata, un aiuto silenzioso a chi sta peggio di noi, o più semplicemente un rispetto sacro per gli altri e per le idee degli altri che in questo tempo amaro si può trasformare in un ’68 di cui andare anche un po’ fieri. Questo per dire che nel corso degli anni ognuno di noi tendeva sempre a qualcosa, e a liberarsi di qualcosa. Tendeva a un mondo migliore e a liberarsi di quello peggiore. (Noi a liberarci della Democrazia Cristiana: ovviamente, e come è particolarmente luminoso in queste ore, non ce l’abbiamo fatta). Semplice, elementare, dunque rivoluzionario. In questi giorni abbiamo letto, com’era inevitabile, più di un profilo del nostro nuovo premier, Paolo Gentiloni. La sottile linea rossa ci dice che è un uomo pacato e rispettoso dello stile, che non ama il conflitto ma anzi lavora incessantemente per smussare gli angoli. Ok, tutte cose note. Qualcuno, però, ha inteso mettere l’accento sul suo passato scapigliato, da extraparlamentare di sinistra, come a riconoscergli una cazzimma che morfologicamente così, di botto, non si direbbe. Ne sono sortiti esiti discretamente comici, come in questo ritratto per l’Unità di Carmine Fotia dove già la rappresentazione di loden e sciarpina di cachemire in un corteo del Movimento studentesco dovrebbe farci sospettare che sotto ci sia la magagna. Qualcuno ha avuto perisno il coraggio di twittare che Paolo Gentiloni è il primo presidente del Consiglio che proviene dalle fila dell’extraparlamentarismo di sinistra.

Ma mettiamo pure che sia. Mettiamo che il Movimento studentesco romano, che Capanna a Milano neppure considerava, oggi abbia uno dei suoi più illustri rappresentanti nella poltrona più importante del Paese. Come dovremmo rivedere quelle lotte, gli ideali di quel tempo, alla luce di questa “rivisitazione” della storia, quali riflessione ci impone una realtà delle cose cambiata così radicalmente? Per farsene un’idea, del prima e del dopo, forse basterà leggere una terribile considerazione di Luciana Castellina – nel 1980 ebbe Gentiloni come redattore di “Pace e Guerra” – che ha poi dato il titolo all’intervista: «Da extraparlamentare Paolo era bravo, poi non so cosa gli è capitato». A differenza di Luciana Castellina, noi sappiamo perfettamente cosa (gli) è capitato. Innanzitutto la perpetuazione di un enorme equivoco della storia, laddove si è creduto che tutti gli extraparlamentari fossero tali sol per la licenza e il gusto di mischiarsi con il popolo quello vero. E ve n’erano a bizzeffe di Gentiloni Silverj Vien dal Mare in quel periodo, che poi negli anni hanno preso strade molto diverse ma tutte, indistintamente, proiettate tra le braccia del Potere. Magari anche operaio (Potop), come nel caso di Paolone Mieli. Era del tutto inevitabile che molti dei rivoluzionari dell’epoca imboccassero poi la strada dell’establishment, persino matematico, per quella vocazione culturale che li avrebbe resi i prescelti della storia.

Ma si può dire, con la serenità del tempo che è passato, che si trattava di autentici infiltrati della Democrazia Cristiana travestiti da movimentisti? Guardate la storia dei Rutelli’s, che sono come le matrioske: ognuno ha fatto l’ufficio stampa dell’altro, tutti allegramente convenuti in età discretamente matura in una formazione politica che era l’espressione ripulita e post-Tangentopoli della Dc, ovverosia la Margherita, copertura politica di un qualche rispetto per non dirsi di sinistra-sinistra ma dalla chiara matrice balenottera. Cos’altro era questa Margherita, che un giorno andò a sposarsi con il rospaccio ex comunista condividendone nulla della storia, ma solo con l’interessata utilità di un matrimonio elettorale?

Per tutti quelli che hanno fatto il ’68, ma anche per tutti quelli che hanno un loro ’68 nel cuore, questa è la fine ingloriosa di una storia, di una speranza collettiva e ancor più crudele è il contrappasso che si perde nella faccia assente e gentile di Paolo Gentiloni. Che poi è lo zio buono del presidente che lo ha preceduto, anch’egli democristiano fino al midollo, del quale non si sa neppure se un giorno avrà il coraggio civile di sostituire Verdini con Pisapia (si può avere di grazia, oggi, fine d’anno 2016, almeno questa certezza?). Questo ex presidente, che ha scelto serenamente il suo successore imponendolo a Mattarella, crede di poter vivere senza pagare dazio una realtà parallela. Che è poi quella di (ri)conquistare il Partito Democratico per via congressuale, immaginando che sia quella la base di partenza  migliore per riconquistare il Paese. Che è quella di mettere un’anima buona a Palazzo Chigi e con lui gestire le nomine più importanti da rinnovare a primavera. Che si garantirà così la benevolenza di Eni, Finmeccanica, Poste, Enel, Terna, e di tutte le strutture militari del Paese perchè così si sta al mondo (e poi non si sa mai). Al quale interessa il decoro momentaneo di un’uscita dignitosa, ma poi dalla notte successiva, rimboccate le coperte ai bimbi, si riprende con la sopraffazione delle intelligenze, muovendo nomi, prottegendo amici. Ma non funziona così, non più almeno, il destino  del Partito Democratico non coincide assolutamente più con il destino della gente italiana. I fessi che straparlano del 40% non sono su questa terra.

Ma arriverà una Tangentopoli bianca, questo è nelle cose. Lo si avverte. Il popolo “sente” perfettamente l’agitazione del Potere per il mantenimento e il controllo delle situazioni. Non solo c’è una distanza, ma una separazione netta. Molti gradi di separazione. È chiaro che a ogni piccola frattura, a ogni caduta di dignità, a ogni esercizio stolido del Potere, qualcuno da un’altra parte gode. E gode senza fare nulla, solo assistendo alle rovine fumanti e suonandoci sopra. Sono i 5 Stelle. Di questa Tangentopoli bianca, che è poi un livello di sopportazione che sta per essere definitivamente superato, questo Matteo Renzi sembra non sapere nulla. Non pervenuta. Qualcuno invece al prossimo giro elettorale ne godrà. Indovinate chi.

TAG: movimento cinque stelle, partito democratico
CAT: Governo, Partiti e politici

5 Commenti

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  1. mario-bosso 7 anni fa

    OH! Così anche Napolitano sentirà il BOOM.

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  2. massimiliano-zanoni 7 anni fa

    Bentornato Fusco, se ne sentiva la mancanza.
    Ormai un ‘must read’ che ci piacerebbe conoscere.

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  3. michele-caputo 7 anni fa

    Ci stiamo riferendo ai M5S che non volevano governare salvo poi allearsi con la Lega di Roma Ladrona?? Vogliamo dire anche del voto di fiducia per questo governo, salvo poi disconoscerlo per opposizione oltranzista e richiedere il voto anticipato?? Insistere su elezioni anticipate significa sovvertire il voto attribuito alla corrente legislatura. Che lavorino per il bene del Paese invece di condurre la solita, ormai trentennale, campagna elettorale per l’assegnazione di poltrone, indennità parlamentari e visibilità a colpi di proclami populisti. Si vergognassero almeno.

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  4. vincesko 7 anni fa

    Ovviamente, era il complesso edipico la determinante profonda e poi l’aria del tempo che spirava in tutto il mondo occidentale che indussero i figli di papà a fare i sessantottini. Elaborato il primo e scemata la seconda, sono tornati all’ovile volentieri. E parecchi sono diventati nei successivi decenni più realisti del re, e sono passati all’altra sponda politica, diventando parlamentari, consiglieri, maitre a penser, direttori di giornale, portavoce, tutti UTILI IDIOTI dei ricchi e dei potenti, o, se sociologi provenienti dalla Facoltà di Sociologia di Trento (dove, ad esempio, hanno studiato Renato Curcio e Mara Cagol, fondatori delle BR), capi o responsabili delle relazioni col personale nelle grandi aziende, mestiere in cui – come scriveva Henry Miller, che ha fatto per 5 anni il vice direttore del personale – è necessario avere molto pelo sullo stomaco. PS: Citazione: “che proviene dalle fila dell’extraparlamentarismo di sinistra”. Segnalo che il plurale di ‘fila’ è regolarmente ‘file’, mentre ‘fila’ è plurale di ‘filo’ in senso figurato. Accademia della Crusca: Il filo –> i fili / le fila. Il maschile va adoperato nel significato concreto: i fili del telefono ecc., il femminile invece sta per‘trama di un ordito’ oppure nel senso metaforico di ‘intreccio’: le fila di una congiura ecc. ATTENZIONE! È sbagliato l’uso di fila come plurale di fila ‘serie, successione’, ad esempio nella locuzione, spesso impiegata, *serrare le fila in luogo del corretto serrare le file. http://www.accademiadellacrusca.it/en/italian-language/language-consulting/questions-answers/plurali-doppi.

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  5. paola-calabrini 7 anni fa

    magari potresti chiederti chi era e che rappresentava la Castellina: se gentiloni ti avrebbe dovuto già far dubitare della sua autentica essenza rivoluzionaria, figurati lei con la sua provenienza e le sue frequentazioni :-) Caro amico, io provengo dalle file del 68, e le magagne non erano certo il fatto che qualche Gentilone vestisse il loden e la sciarpetta di cashimire, ma magari l’evoluzione terrorista del movimento, per mancanza di soluzioni concrete. O il passaggio tout court dal’altra parte della barricata, come gli squallidi stracci e rosselli. Che è senz’altro peggio dell’essere considerati democristiani ;-) E ti comunico una cosa che ti stupirà: anche chi proviene dalla classe operaia, come me, ci tiene a vestire bene, come anche a studiare e a parlare in modo corretto invece di urlare slogan stantii e inattuabili ;-) Oltre a quelli che presto si sono precipitati nel campo avversario per le proprie carriere, sono anche esistiti, ed esistono, compagni che hanno rinunciato all’idea di un’impossibile e deleteria rivoluzione a cui sono stati sacrificati tanti giovani – soprattutto quelli di origine proletaria – ma a cui piacerebbe vivere in un paese civile, in cui si cerca di mettere al centro il lavoro, per i lavoratori ma anche chi il lavoro deve crearlo. In cui si cerca di tener conto delle problematiche internazionali, dell’import ed export, della ricerca scientifica, dell’immigrazione e di tutti gli altri elementi che rendono un paese civile. Certo se per far questo bisogna fare i conti con una Italia che per decenni è stata rappresentata da una classe politica più interessata a monetizzare la propria presenza, e da una opposizione che pian piano si è adeguata all’andazzo generale, tutto è più difficile. Soprattutto se i pochi che tentano di farlo vengono pugnalati alle spalle da quegli stessi compagni che per decenni hanno solo pontificato e che sono stati dichiarati perdenti dalla storia. Mi fanno paura, più dei grillini e dei salviniani, i duri e puri della cosiddetta sinistra senza programmi e senza leadership che però si è assunta il – grato – compito di distruggere qualunque tentativo di governare, perchè in realtà si trova meglio all’opposizione: luogo da cui si può proclamare qualunque cazzata e il suo contrario, senza prendersene la responsabilità! non so nemmeno perchè ti rispondo, vista la conclamata inutilità di confronti con una sinistra che da sempre segue la sua vocazione suicida :-(

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