L’arcipelago sotto la soglia. Di sbarramento e di percezione

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31 Maggio 2017

A destra di Renzi e a sinistra di Berlusconi ci sono, vado a memoria:

  • Alternativa Popolare (Alfano)
  • Direzione Italia (Fitto)
  • Energie per l’Italia (Parisi)
  • Centristi per l’Europa (Casini)
  • Ala (Verdini)
  • Idea (Quagliariello)
  • Scelta civica (Zanetti)
  • Democrazia per le Autonomie (Rotondi)

Non escludo di aver dimenticato qualche sigla.

Che succede a queste formazioni politiche con la soglia di sbarramento al 5%? Se corrono tutte separate, spariscono dal Parlamento. E a dirla tutta, rischierebbero – nessuna esclusa – anche con una soglia al 3%.

Il perché è molto semplice da spiegare, a mio avviso. Oggi, lo spazio politico italiano è diviso fra tre grandi campi:

1)    Il grillo-gentismo del “tutti a casa” a prescindere

2)    Il sovranismo del neo-nazionalista Salvini e di Fratelli d’Italia

3)    L’area liberal-popolare residuale

Ci sarebbe poi un mini-campo a sinistra di Renzi, ma non può essere annoverato alla pari degli altri, per un peso specifico indubbiamente minore.

Chi gioca nel campo dell’area liberal-popolare? Renzi, Berlusconi e tutte le sigle annoverate prima.

Ora, facciamo un ragionamento molto basic.

Qualcuna di queste sigle ha un leader paragonabile – come visibilità e impatto mediatico-emotivo e come capacità mobilitante – a Renzi o a Berlusconi? No.

Qualcuna di queste liste ha un punto programmatico o semplicemente un messaggio elettorale dirimente ed esclusivo rispetto a Renzi o a Berlusconi? No.

Allora, detto con la terminologia del marketing, qual è la reason why per cui un elettore dovrebbe votare per una di quelle sigle? Cosa le differenzia da Silvio e Matteo?

La verità è che al momento non c’è nulla che differenzi neanche Silvio e Matteo tra loro. Il che complica ulteriormente la vita ai partitini, che si trovano in una “notte delle vacche nere”, per cui si fatica anche solo ad essere percepiti là in mezzo. Sarebbe interessante leggere un sondaggio sulla notorietà di quei partiti e vedere cosa viene fuori. Forse l’unico (in parte) noto sarebbe quello di Alfano, giusto perché è presente da sempre nei sondaggi sulle intenzioni di voto. Il che non vuol dire che abbia voti reali, ma solo che esiste perché esiste sui media, come tutte le cose che popolano la pubblica opinione (dall’ebola alla mucca pazza, ai cani assassini e tutti i fenomeni simili che vi vengono in mente, nati sui giornali e morti quando sono spariti dai giornali).

Si spiega facilmente allora anche la frase di ieri di Berlusconi sull’entità della soglia di sbarramento: “io la porterei all’8%”. Un modo per dire, cari Alfano, Fitto, Verdini, Quagliariello, Casini, Rotondi, Parisi, Zanetti & Co., o vi sciogliete e aderite a Forza Italia (qualcuno eventualmente anche al PD), oppure sparite dai radar definitivamente.  Sarebbe un modo efficace per incrementare il bottino di voti (e di seggi) di Forza Italia che non avrebbe più tutti quei rivoli elettorali su cui perdere consenso e per rafforzare le possibilità di fare da partner solitario al PD di Renzi come maggioranza di un governo nazarenico puro, DOCG.

È incredibile, ma Berlusconi è ancora più decisivo che mai, pur avendo perso 10 milioni di voti in meno di dieci anni. Nessuno è riuscito a farlo fuori – politicamente parlando – e nessuno è riuscito anche solo a scalfire il suo protagonismo nell’ambito del centrodestra. E oggi si ritrovano tutti davanti a due opzioni: tornare da lui col cappello in mano, o inventarsi un’alternativa ma col conto alla rovescia per il voto già agli sgoccioli.

C’è spazio di manovra per un colpo di coda dei “partitini”? Se si vota in autunno direi di no. Se non l’opzione di provare un’aggregazione per arrivare a un listone unico, ma che rischia in ogni caso di non raggiungere la soglia.

Se si votasse a fine legislatura, invece, probabilmente si potrebbe osare di più. E cosa potrebbero fare?

Potrebbero lanciare le primarie del centrodestra – che farebbero solo loro a quel punto – ma che aiuterebbero a dare visibilità a tutte quelle sigle e ai relativi candidati, raggiungendo un bel po’ di percezione e di voto d’opinione in più.

Avrebbero, a fine primarie, un leader legittimato e condiviso (possibilmente un nome credibile e spendibile, cioè non “scaduto”).

A quel punto dovrebbero sciogliere tutte le sigle e confluire in una nuova evitando rigorosamente le parole “centro”, “moderati” e “popolare” che sanno di sfigati in partenza.

Last but not least, trovare un messaggio dirompente inventandosi un “nemico del popolo” poco battuto dagli altri: l’Europa è già occupata, gli stranieri anche, i poteri forti anche, i “politici” idem. Che ne so, abolire le Regioni, per dirne una.

Presentare infine una squadra di governo già in campagna elettorale con volti nuovi e provenienti dalle categorie e provare così a convincere quei 10 milioni persi per strada, che finalmente a destra si respira un’aria nuova, che esiste un’alternativa al voto “residuale” a Berlusconi.

Detto inter nos, è la strada che ho suggerito da tempo, direttamente o indirettamente, a chi mi ha chiesto come uscire da questa situazione. E, visto che finora non ha prodotto nulla, ho molti dubbi che possa accadere qualcosa di simile in pochissimi mesi.

Tuttavia, l’alternativa è sotto gli occhi di tutti. Un galleggiamento a tempo sotto la soglia di rappresentanza, ma prima di tutto sotto la soglia di percezione. Un rumore di fondo destinato a sparire.

 

TAG: alfano, elezioni, fitto, italia, Matteo Renzi, movimento 5 stelle, parisi, partito democratico, politica, silvio berlusconi
CAT: Governo, Partiti e politici

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