L’Italia cresce? Sì, di appena 80mila nuovi posti di lavoro

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30 Dicembre 2015

I deputati del Partito democratico hanno voluto celebrare, in pieno Renzi-style, l’anno che finisce. E così hanno pensato di lanciare una campagna pubblicitaria, a pagamento, per esaltare il proprio operato. Il manifesto recita “Le tasse scendono, l’Italia cresce”. In materia di pressione fiscale, attendiamo fiduciosi i dati che attestino un calo reale, quanto necessario.

Tuttavia, sul tema della crescita l’avviso a pagamento dei parlamentari dem tradisce un eccesso di propaganda. A conti fatti, il 2015 termina con una manciata di occupati in più. Per la precisione 81mila: non proprio un miracolo (italiano). E a questo si somma un’ulteriore preoccupazione: da agosto il numero delle persone con un’occupazione è in diminuzione. Nell’attesa di avere un nuovo quadro ufficiale nei primi giorni di gennaio  (i dati Istat a disposizione si fermano a ottobre), i numeri sono inequivocabili: gli occupati in Italia, a ottobre, sono 22 milioni e 443mila. A gennaio erano 22 milioni 362mila, il saldo è di +81mila.

Certo, sempre meglio un piccolo aumento che una riduzione. Ma la creazione di nuovi posti di lavoro è quindi abbastanza ridotta rispetto alle parole del governo, rilanciate dal Pd anche nell’ultimo manifesto pubblico. A una prima occhiata gli effetti del Jobs Act non sono stati così strepitosi. E sorprende l’idea di una celebrazione a pagamento sull’Italia in crescita. Stesso discorso può essere affrontato per il Pil: l’aumento dello 0,8% segnala solo l’interruzione della lunga fase di recessione che ha stremato il Paese. Diciamo così: l’Italia ha interrotto il crollo costante degli ultimi anni. Ma la ripartenza è molto meno rapida di quella spagnola, tanto per fare un esempio. Appare quindi prematuro ‘cantar vittoria’ con lo slogan “l’Italia cresce”. Perché il sottotitolo potrebbe essere “meno di quello che dovrebbe”… e potrebbe.

Ma non solo. La questione va oltre l’aspetto statistico, che pure resta fondamentale. Ci sarebbe, infatti, da comprendere la necessità di spendere dei soldi per un “avviso a pagamento” sostanzialmente banale. Qualsiasi lettore, forse anche chi è più sprovveduto, non trova informazioni aggiuntive in quel banner. Se le tasse scenderanno, il cittadino lo vedrà direttamente a fine mese. L’operazione di comunicazione in realtà sembra, su un livello di struttura, confermare la completa renzizzazione del partito: invece di ‘investire’ in attività sul territorio, si preferisce pagare un’inserzione pubblicitaria abbastanza ‘fredda’, facendola circolare sul web. Peraltro senza alcuna motivazione elettorale, in quanto la scadenza del voto per le Amministrative è ancora molto lontano.

Insomma, il Pd sembra aver accettato il suo ineluttabile destino: essere un comitato elettorale permanente a sostegno del suo leader. Rinunciando definitivamente alla vicinanza con i cittadini, come conferma anche la notizia della vendita delle sedi storiche di partito nella “rossa” Emilia, ormai troppo grandi per l’attuale numero di iscritti. Anche in quei territori ormai la passione e la militanza sono un ricordo. Sostituiti da un avviso a pagamento.

TAG: crisi economica, Matteo Renzi, Pd
CAT: Governo, Partiti e politici

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