Scene di una crisi

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5 Febbraio 2021

La crisi di governo aperta da Matteo Renzi è alla fine arrivata alla miglior conclusione possibile per questa nazione. Nonostante la bolla social dei soliti moralisti a senso unico avesse condannato Renzi quale incorreggibile egoista, irresponsabile, capriccioso pronto a gettare nel caos l’Italia per un paio di ministeri in più, il senatore di Rignano ha rifiutato l’accordo con la vecchia maggioranza e ha aperto la strada alla convocazione di Mario Draghi.

 

Mario Draghi è un gigante della storia mondiale. L’italiano più illustre di questo secolo (Marchionne secondo, tutti gli altri guardano con il telescopio), il salvatore dell’Eurozona, il banchiere centrale che ha saputo comportarsi da statista, in mancanza di tali figure in Europa. Non sarà facile neanche per lui calarsi nella polveriera italica, ma è il miglior uomo che potesse essere chiamato per questo impegnativo ruolo. Per capacità di governo dell’economia, carisma, autorevolezza internazionale, intelligenza politica, rigore morale. Saprà convincere i partiti, e a tal fine avrà Mattarella dalla sua parte.

 

Il paragone con Giuseppe Conte non poteva essere più imbarazzante. La figura dell’ex premier esce da Palazzo Chigi nel peggior modo possibile. Attaccato fino all’ultimo al telefono per elemosinare appoggi e voti in parlamento, ritardando oltre ogni limite le dimissioni, vagheggiando un’incredibile ritorno in carica, fantasticando che “se non si fosse dimesso forse sarebbe ancora presidente”. Si conferma un personaggio politico al limite del ridicolo, dopo due anni e mezzo in cui si è barcamenato tra un’alleanza e la sua opposta, tra provvedimenti populisti e ostentata retorica. Sempre con l’ambizione di restare in carica, nonostante tutto.

La realtà è che Renzi ha mangiato in testa a Pd, M5s, Leu e Conte messi insieme. Li ha portati a spasso per il cortile e poi li ha buttati fuori dal cancello. Renzi si è confermato politico abile, ma gli altri sono stati dei dilettanti, avendo sbagliato tutto quello che potevano sbagliare. Si potrebbe dire che il momento decisivo è stata la capacita’ di Italia Viva di non farsi spaccare dalle lusinghe contiane e piddine. Tanto si discute sul perché Renzi abbia aperto e condotto in porto la crisi. È una discussione senza senso. Renzi lo ha fatto per affermare la propria linea politica, che era evidentemente lontana da quella dei suoi ex alleati. E la propria linea politica è per definizione la migliore per il proprio paese, essendo un fatto soggettivo, da rivendicare di fronte agli elettori. Per qualunque politico. Ma anche volendo andare a fare il processo alle intenzioni al leader di Italia Viva, in politica contano i fatti. I fatti sono quelli sotto gli occhi di tutti: caduto un governo incapace di governare, si è chiamato in carica il miglior uomo sulla piazza. Per distacco.

 

La prospettiva ora è quella di un governo che possa avere l’autorità e la capacità di guidare al meglio l’Italia nell’uscita dalla pandemia e nella ripresa economica, anche con la gestione, fino ad ora pessima, del recovery plan. Ma non solo. Ci sono dossier industriali lasciati marcire dai due governi Conte che devono essere affrontati (Ilva, Alitalia, l’automotive…). C’è un sistema di ammortizzatori sociali, di servizi per il lavoro e pensionistico che ha bisogno di essere profondamente cambiato. I partiti dovrebbero lasciar fare e pensare a ristrutturarsi sul territorio, a preparare una migliore offerta politica per il futuro, a selezionare una più adeguata classe dirigente.

 

Allo stato attuale la scena politica italiana non si presenta bene, nel mezzo di una legislatura che è un complimento definire disastrosa. Abbiamo assistito al fallimento di un’alleanza contro natura tra Pd e M5s, mentre dall’altra parte fa mostra di sè un centro destra a trazione nazional-sovranista che rischia, con la lodevole eccezione di Berlusconi, di non cogliere neanche stavolta il momento storico politico, dilaniato dai dubbi sull’ex presidente della Bce. È comunque abbastanza scontato pensare che Draghi riuscirà a far partire il governo, perché nessuno o quasi avrà la forza e la sprovvedutezza di farlo fallire. Qualora invece ciò non accadesse, sarebbe l’atto politico più folle in 75 anni di Repubblica Italiana, e la Storia si incaricherebbe di marchiare d’infamia chi lo avesse determinato.

 

Va dato infine merito a qualcuno che già da maggio 2020 aveva invocato questa soluzione: Carlo Calenda e Azione, sbeffeggiati dalle risatine di quelli come Marco Travaglio, per cui mai Draghi sarebbe sceso nell’agone patrio. Era il loro incubo e ora si è materializzato. Curioso che, dopo aver cercato i voti di sedicenti e improponibili liberali ed europeisti in Parlamento, ora se ne sia trovato uno vero. Il Migliore.

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CAT: Governo, Partiti e politici

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