Silvio al Quirinale: un’opera d’arte, uno spettacolo post moderno

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1 Gennaio 2022

Se dovessimo parlare di politica ci dovremmo attrezzare con adeguati strumenti, saremmo obbligati a bilanciare una quantità di fattori sinceramente cospicui. Servirebbe una premessa di almeno due o tre tomi che raccontino il nostro Paese, almeno dal 1992 in avanti, se non dal 1989. Farlo con un articolo, implicherebbe capacità di analisti e di sintesi davvero notevoli, che non eviterebbero comunque un numero di battute impossibili da leggere per un lettore medio del nuovo millennio. Uso quindi questa scorciatoia per giungere subito al dunque: Il Cavaliere Presidente della Repubblica sarebbe un’opera d’arte postmoderna, talmente onirica e felliniana nella rappresentazione che solo Andy Warhol riuscirebbe a coglierne il senso, senza cadere nell’imbarazzo dell’osceno. Dirlo proprio oggi, dopo aver sentito l’ultima impeccabile “profusione” clericale di Mattarella risulta ancor più suggestivo. Pensare a  Silvio, sempre più vicino all’immagine estetica di Mao Tse Tung, con quei capelli posticci che talvolta cambiano colore e forma, con Dudu sulle braccia, in un discorso di fine anno, non dovrebbe scandalizzare più di un bibitaro del San Paolo al Ministero degli Esteri.

E immaginare la faccia di Travaglio, Scanzi, Di Battista e di molti altri, sarebbe uno spettacolo nello spettacolo.

Berlusconi, l’uomo dei 36 processi che lui trasforma in 88, l’uomo che prende il Covid e dichiara che la sua era una super carica virale, mai vista e mai studiata dal mondo scientifico. Silvio quello del cucù alla Merkel (“l’inchiavabile”), quello della nipote di Mubarak, delle barzellette al Parlamento europeo. Da un punto di vista dello show, nessuno in vita è in grado di competere. Solo Renzi, potrebbe cercarne un’emulazione ma è troppo giovane e boy-scout per poter raggiungere le vette del Nostro. Berlusconi al Quirinale sarebbe la quintessenza del non plus ultra. Un apice che non permetterebbe più di andare oltre. Gli mancherebbe solo il Monza in seria A, e un derby vinto a San Siro con il Milan e poi potrebbe aprire il suo Mausoleo in pace.  Tutto questo può apparire ridicolo ma se fossimo davvero capaci di condensare la premessa in una frase, potremmo auspicare questo evento come il segno laicamente trascendente che la messa è finita, e che è finita da molto tempo. Non stiamo parlando di politica suvvia, e forse dovremo arrenderci al fatto che ciò a cui assistiamo da almeno trent’anni non ha nulla a che vedere con le dinamiche della polis. Siamo oltre il teatro, il situazionismo, l’escamotage surreale. Quello di cui ci abbeveriamo e che leggiamo sui media tutti i giorni è cinema. Nell’alto varesotto, ma forse anche altrove, si suol dire “fai del cinema” quando qualcuno esagera con la provocazione, frase che in taluni casi, diventa addirittura nome proprio, “Cinema!”  qualora il soggetto in questione faccia della sua narrazione una sconfinata sequela di ridondanti bazzecole senza né capo né coda. Nei contesti più raffinati “Cinema” diventa “Gassman”. Soggetti che Piero Chiara avrebbe inserito nei suoi racconti.

Silvio Presidente della Repubblica sarebbe il male minore, perché in questa babele, ironica e tragica, saremmo costretto a pensare ad un altro destino in cui dovremmo consegnargli le sorti per un bilanciamento “moderato” all’interno di uno schieramento che appare ai sondaggi vincente. Ed in quel caso il nostro noncurante e cinematografico fascino per il trash ci chiederebbe un impegno personale ben più faticoso e diretto. (continua)

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CAT: Governo, Partiti e politici

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