ITA Airways non può sopravvivere da sola
(Immagine di copertina di Francesco Zangari, lin_planespotting)
Nelle recenti audizioni alla Camera dei Deputati Alfredo Altavilla, presidente della neonata compagnia aerea che ha preso il posto di Alitalia, ha reso noto che nel 2021 i ricavi hanno coperto appena un terzo dei costi operativi. Nonostante alcune circostanze abbiano contribuito ad appesantirlo, il risultato è innegabilmente disastroso, continuando così si tornerebbe presto alla bancarotta.
ITA è una compagnia aerea tradizionale o legacy, ma al momento opera come hub carrier in modo poco più che simbolico, perchè nei voli intercontinentali non va oltre poche partenze settimanali da Roma alla volta di New York. Invece di andare a prendere tutti i giorni passeggeri a Palermo, a Vienna o a Tel Aviv, farli transitare nel proprio hub di Fiumicino e infine portarli a Buenos Aires o a Tokyo, come fanno Air France, Lufthansa, British Airways, si limita a prenderli a Palermo, Bari o Napoli soltanto per condurli a Roma e a Milano, come sanno fare in modo molto più efficiente le low cost.
Certo, c’è la pandemia, certo è bassa stagione, certo a primavera inizieranno alcune nuove rotte, ma i concorrenti non hanno mai smesso di fare tanti voli intercontinentali, su cui continuano a viaggiare pochi, ma buoni viaggiatori d’affari, il cosiddetto traffico etnico, cioè chi torna nei luoghi d’origine e, sotto di loro, viaggiano quelle merci che, pagando tariffe elevate, giustificano praticamente da sole quei voli.
Piccola, senza alleanze significative, basata a Roma dove il traffico intercontinentale è povero, in entrata, turistico e prevalentemente estivo e quello merci raggiunge (dati di novembre 2021) soltanto un decimo di quello di Milano, ITA non ha un presente e sicuramente non ha un futuro, nella sua forma attuale.
Un comunicato stampa di ieri ha informato che Lufthansa e MSC, il gigante del traffico marittimo, basato a Ginevra, ma di proprietà dell’imprenditore italiano Gianluigi Aponte, hanno chiesto insieme 90 giorni di esclusiva nell’accesso alla cosiddetta data room, con la prospettiva di rilevare la maggioranza di ITA, comunque mantenendo lo Stato italiano come azionista di minoranza.
L’interesse di MSC ha stupito, ma era invece chiaro a tutti che l’operazione ITA aveva seguito le condizioni che Lufthansa aveva posto da anni per iniziare una trattativa con la linea aerea italiana: riduzione drastica dell’occupazione e della flotta, disimpegno dai settori manutenzione e handling, a cui si è poi aggiunta la discontinuità aziendale che ha liberato ITA dal pesante fardello dei debiti di Alitalia.
Lufthansa ha sempre detto di essere interessata soltanto a un accordo commerciale e che un ingresso nel capitale sarebbe potuto avvenire solo successivamente, tuttavia la situazione dei conti di ITA è già così rovinosa che una decisione dovrà essere presa entro fine giugno e, come dice il burbero Altavilla, se vuoi un accordo devi mettere i soldi sul tavolo. C’è da dire che fino a ieri Lufthansa non avrebbe avuto il benestare dell’Unione Europea per investire in altre linee aeree, ma avendo già restituito oltre il 75% degli aiuti che aveva ricevuto per il Covid dallo Stato tedesco (WOW, ci sono linee aeree che restituiscono i prestiti pubblici!) ora è libera di fare quello che vuole.
Tre anni fa i corporativi sindacati di Alitalia avrebbero immediatamente gridato alla svendita e i politici avrebbero fatto il coro sdegnati, ma dopo la debellatio di Alitalia i pochi e poco pagati dipendenti rimasti in ITA difficilmente apriranno bocca, perché sanno che l’alternativa è la chiusura con licenziamento di tutti, come è appena avvenuto ai colleghi di Air Italy.
Una vendita a Lufthansa non porterebbe nella Foresta Nera o all’Oktoberfest i turisti che desiderano vedere il Colosseo e il Cupolone. Avremo occasione di commentare i pro e i contro dell’ipotesi di vendita a Lufthansa e MSC, è difficile azzardare quante probabilità abbia di andare in porto, ma sicuramente è l’ultimo treno per quello che resta dell’aviazione italiana.
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