La punta italiana della Missione Rosetta ci racconta di cosa è fatta la cometa

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3 Settembre 2015

Il primo mezzo di trasporto escogitato dall’uomo, quando ancora la ruota aspettava di essere inventata, è stata la donna. Lo evidenzia un guru dei mezzi di comunicazione come Marshall McLuhan, che ci tiene a evidenziare la natura razionale della decisione sulla divisione del lavoro: gli uomini dovevano impegnarsi a sgombrare il percorso da ogni genere di ostacoli, mentre le loro compagne agivano come veicoli da trasporto. I motivi per apprezzare la tecnologia sono sempre più di quelli che si immaginano.

Millenni di innovazioni hanno generato esigenze di viaggio e contenuti di spedizione molto differenti da quelli emergenti nelle fasi primordiali dell’umanità. Nel 1985, quando si è cominciato a progettare la Missione Rosetta che avrebbe permesso di conoscere meglio la struttura delle comete, il programma non prevedeva il lancio nello spazio di alcun essere vivente, né uomo né donna. Si assumeva però che la sonda dovesse prelevare dei campioni dal corpo celeste per riportarli sulla Terra, al fine di renderne possibile l’analisi. I vent’anni che hanno separato la pianificazione della passeggiata cosmica dalla sua realizzazione, hanno imposto una modifica degli obiettivi di partenza. I partner americani si sono ritirati nel 1992, e gli obiettivi dell’Agenzia Spaziale Europea sono cambiati per fronteggiare il nuovo contesto di costi e di opportunità scientifiche.

Come era stato deciso fin dalle origini, la sonda Rosetta è stata lanciata all’inseguimento di una cometa – che sarebbe dovuta essere 46P/Wirtanen, con un dirottamento verso 67P/Churyumov-Gerasimenko dopo il fallimento del primo tentativo di decollo dell’11 dicembre 2002. In assenza di Re Magi, le comete sono relativamente interscambiabili: è uno dei vantaggi dell’aver superato anche cammelli e cavalli come mezzi di trasporto. Così, nell’agosto 2014 Rosetta ha raggiunto il suo obiettivo, cominciando a mappare il corpo celeste. Ha stimato la sua massa, che si aggira sui dieci miliardi di tonnellate (un milionesimo di quella terrestre); ha ricostruito la sua forma, che si articola in due lobi congiunti da un collo. Quello più grande misura 4,1 × 3,2 × 1,3 km, mentre quello più piccolo si estende per 2,5 × 2,5 × 1,0 km. In altre parole, la cometa è un oggetto astronomico minuscolo.

L’aggancio vero e proprio sul terreno è avvenuto il 12 novembre 2014: all’accometaggio, che aveva tanto scandalizzato il TG4, non ha partecipato l’intero corpo della sonda, ma il suo modulo destinato al prelievo e all’analisi dei campioni direttamente sul suolo. Philae è il nome del dispositivo di sbarco (lander) e di esplorazione, che ha il compito non solo di trapanare il suolo e di trafugare i frammenti, ma anche quello di sviluppare gli esami che si sarebbero dovuti svolgere sulla Terra dopo il suo ritorno.

Il componente principale di Philae si chiama SD2 (Sample Drilling and Distribution), ed è nella sua realizzazione che risiede il contributo essenziale dell’Italia alla missione. Sulla base del progetto di Selex, e con il finanziamento dell’Agenzia Spaziale Italiana, Eni attraverso la sua controllata Tecnomare ha costruito e verificato la punta destinata a perforare il terreno della cometa, prelevare i campioni, misurare le loro dimensioni, e trasferirli tramite un meccanismo a carosello a tutti i moduli di analisi collocati sul lander.

Il braccio del sistema SD2 è una punta lunga 70 cm, con un diametro di 12 mm e un peso di 200 grammi. La sua costruzione ha richiesto il presidio di tre aspetti critici: anzitutto quello interno dell’architettura strutturale, poi quelli esterni delle basse temperature e del vuoto, che caratterizzano il contesto in cui opera il dispositivo.

Il primo nodo critico, relativo alla configurazione fisica, è progettato per resistere all’ambiente di decollo della sonda. È in questa fase che si accumulano le sollecitazioni dinamiche capaci di danneggiare o distruggere la struttura della sonda. In seguito, durante la navigazione nello spazio e durante la permanenza sulla cometa, non sono previsti particolari carichi statici.

Al contrario, il lavoro di sondaggio e prelievo deve sostenere la sfida di temperature molto rigide (le medie giornaliere variano da -183° a -143°C), e le condizioni di operatività nel vuoto: la cometa esercita una forza di gravità che equivale a un decimillesimo dell’accelerazione di gravità sulla Terra. Con questi vincoli, occorre identificare soluzioni speciali per la lubrificazione dei componenti, dal momento che non è possibile ricorrere a sostanze allo stato liquido.

Il contatto di Philae con la cometa è stato alquanto difficile: la resistenza del suolo, la temperatura e la gravità di 67P/Churyumov-Gerasimenko, si sono rivelate differenti dal previsto. Il robot ha trovato un ancoraggio precario, e invia dati con il contagocce. In ogni caso, le indicazioni che ha fornito hanno permesso di stabilire la composizione della cometa: il suo interno sembra piuttosto uniforme, con una struttura microporosa di polvere e ghiaccio. La configurazione del materiale è poco sorprendente: spiega la trasparenza del corpo celeste (con la sua invisibilità quando si allontana dal Sole) e corrisponde alla definizione poco elegante che Fred Whipple aveva proposto del nucleo delle comete: «una palla di neve sporca».

Ciò che ha svelato l’esplorazione del lander è la presenza di sedici diversi composti organici, tutti a base di azoto – ma nessun con lo zolfo. Alcuni di questi, come l’acetone e l’acetamide, erano addirittura imprevedibili. I ritrovamenti chiariscono il dispendio di tante energie per studiare il nucleo di una cometa. La tradizione astronomica è sempre stata suggestionata da questi oggetti che fanno apparizioni irregolari in cielo, cambiano forma di continuo, e spariscono dalla vista una volta dissolto l’effetto che produce la coda. Ma una delle ipotesi attuali è che le comete potrebbero trovarsi all’origine della vita – e le scoperte su 67P/Churyumov-Gerasimenko potrebbero aprire nuovi percorsi di indagine in questo senso. L’assenza di composti con zolfo contraddice le attese che vorrebbero si fosse trovata la conferma di una vita aliena sotto la punta escavatrice di Philae.

Le comete sono la dissonanza geniale nell’armonia dell’universo. Nelle epoche per le quali il TG4 prova un forte senso di nostalgia, hanno rappresentato i segnali imprevedibili degli eventi catastrofici e delle teofanie; con Pierre Bayle hanno annunciato la nascita dello spirito critico moderno in ambito teoretico e dello spirito liberale in campo politico. Per la scienza contemporanea sono gli scarti del lavoro di produzione dei pianeti e del Sistema Solare. Come i cestini dei rifiuti offrono informazioni preziose agli hacker che intendono violare gli archivi di dati delle agenzie governative, delle banche e delle grandi imprese – così questi corpi celesti con le loro lunghe code (che appaiono solo in prossimità del perielio con il Sole) sembrano fornire una chiave di accesso alle strutture generative dell’intero database astronomico. In mezzo a questa vasta famiglia di fenomeni celesti, in qualche angolo del cosmo, si affaccia anche la vita – l’altra eccedenza geniale con cui l’universo contempla se stesso, la propria armonia e le chiome stravaganti delle comete.

(In collaborazione con Eni)

TAG: Cometa, eni, philae, rosetta, Sample Drilling and Distribution, SD2, Tecnomare
CAT: Hardware e macchine, Robotica

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