Il grande spettacolo nel Cielo

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26 Giugno 2019

Racconta David Gilmour, chitarrista dei Pink Floyd, che quando Clare Torry si presentò alla band, negli studi di Abbey Road a Londra, aveva l’aria più di una casalinga inglese che una cantante. La Torry era stata ingaggiata dal leggendario ingegnerie del suono Alan Parson per aiutare i Pink Floyd a finire il loro album The Dark Side of the Moon. Rimaneva un pezzo, composto dal tastierista Richard Wright, incentrato su un lungo assolo di organo Hammond. Il brano non aveva ancora nome ma doveva rappresentare la sensazione di terrore davanti alla consapevolezza della morte, che lentamente lascia lo spazio alla rassegnazione ed al silenzio. Racconta la Torry che i Pink Floyd non avevano la minima idea di cosa lei dovesse fare, se non di evitare di abbinare parole alla musica, ma solo suoni, come se la sua voce fosse uno strumento. La Torry non era convinta, ma insomma quello era un lavoro come un altro, e gli avrebbe fruttato 30 Sterline, il doppio della solita paga, perché era domenica. Si concentrò sulla musica: Gilmour le aveva detto che si riferiva alla morte. Più tardi la Torry avrebbe raccontato che aveva pensato al diavolo che la stava acciuffando o a Dio che le sorrideva da lontano. Sia come sia, cantò. E nacque il capolavoro assoluto che è The great Gig in the Sky, Il grande spettacolo nel Cielo.

Stasera ho messo il CD, scelto attentamente la traccia, chiuso gli occhi e ascoltato nuovamente The Great Gig in the Sky. Sulle prime note del piano ho immaginato una famiglia, una mamma, un babbo ed una bimba piccola. Hanno viaggiato moltissimo per arrivare, da una terra lontana, sino ad un ponte. C’è un fiume sotto; non l’ho mai visto dal vivo, non ho mai visitato quel confine, ma me lo immagino di aspetto fangoso. Vicino ci deve essere un edificio, forse due, non lo so. Senz’altro su una porta uno stemma con un’aquila e la scritta “We are the face of our Nation” con un poliziotto serio, ma non truce. La bandiera a stelle e strisce. Guardo sempre quell’immagine quando arrivo all’aeroporto ed aspetto il timbro del passaporto. Ho il privilegio, del tutto casuale, di non arrivare dalla fine del mondo, di avere un passaporto.

Anche la musica dei Pink Floyd, con il piano che diventa sempre più insistente con gli accordi, descrive bene l’ufficio chiuso, la folla di mezzi straccioni intorno che non sa che fare, qualcuno che beve una Coca Cola e dei bambini che giocano. E’ il weekend, per la domanda d’asilo bisogna aspettare il lunedì. Tanta gente, il ponte è chiuso. Immagino un muro, non di mattoni, sembra più aria solida, dalla parte americana.

Il babbo tiene per mano la bambina e la moglie è a fianco. Aspettare. Il babbo commina per un po’ lungo la riva del fiume. Poi vede una zona più stretta, si può forse guadare lì. Chiama la moglie, mentre gli accordi insistono e c’è un suono come di ambulanza, o forse di polizia che arriva. “Attraverseremo lì”. Scosta delle canne, prende la bimba e scende.

“I am not frightened of dying. Any time will do, I don’t mind” (Non ho paura di morire, non mi importa quando succederà). La voce del portiere degli Abbey studios, incisa in sottofondo, viene bisbigliata dal babbo. Dall’altra parte del fiume c’è la speranza, la vita. Per loro, per la piccola Valeria. Da questa parte miseria, fame. Non gli fa paura la morte, vuole lottare, povero diavolo disperato. E come si può giudicarlo un incosciente irresponsabile, di non conoscere se quel fiume dal colore schifoso, il Rio Grande che separa Messico dagli Stati Uniti, è pericoloso? E’ forse meglio vivere nel Salvador? Perché non dovrebbe farcela ad arrivare nella terra della libertà?

Riesce a portare la figlia sull’altra riva a nuoto. La piccola Valeria si aggrappa a lui. La moglie dall’altra parte lo chiama, comincia a gridare, grida forte come Clare Torry. Lui le fa un cenno con la mano, tutto OK, OK, ora può tornare a prenderla. Ma Valeria, scivola, finisce in acqua. Il babbo si lancia a prenderla. Grida la bimba, grida la madre lontana, le due voci si confondono con l’organo Hammond.

Il babbo non ha tempo di pensare. Afferra la bimba, ma il fiume è profondo, ci sono mulinelli. Insieme nuotano male, e quella maledetta donna laggiù ancora che grida. Mette la bimba sotto la maglietta per tenerla e provare a nuotare. La riva non è lontana.

La voce di Clare Torry si spegne piano piano. E’ un canto sottile, che porta alla fine, pochi accordi ancora.

Il grande spettacolo nel Cielo. Alberto Martinez Ramirez e la piccola Valeria giacciono a faccia in giù, tra le canne vicino alla riva del fiume. Nella foto, che fa il giro del mondo, la bimba abbraccia il suo babbo.

 

Cronaca dell’accaduto: qui.

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