Nei giorni in cui tutti i telegiornali hanno raccontato incessantemente, come se fosse un’epidemia sociale, la storia della 14enne rasata dalla madre “perché non voleva portare il velo”, un’altra storia di immigrazione avrebbe potuto, e dovuto, essere degnata almeno di uno sguardo.
È la storia di Collins, ventiduenne nigeriano, rifugiato e richiedente asilo, residente in un appartamento di San Donato Milanese, prima cintura hinterland milanese, storica patria dell’Eni, tra i Comuni più ricchi e con la più alta percentuale di laureati d’Italia. In mezzo al verde e tra i villaggi residenziali che Enrico Mattei aveva concepito, fin dall’inizio, come luoghi armoni e vivibili per i “suoi” dipendenti, sorge un piccolo lago artificiale, una cava attorno al quale è bello passeggiare di mezza stagione.
Ma Collins, lì, non è andato a fare una passeggiata, è andato a fare l’ultimo passaggio, a scivolare volontariamente nel laghetto, lo scorso venerdì 17 marzo – ignaro delle nostre superstizioni, che non ci si può permettere quando si ha il destino nemico fin dalla nascita – per essere recuperato poche ore dopo dai sommozzatori. Era un richiedente asilo, qualcuno dice che la sua richiesta era destinata ad essere respinta, qualcuno dice che era depresso e disperato. Di sicuro di Collins sappiamo poco, solo che aveva già tentato di farla finita lanciandosi contro le macchine in strada, e per questo era stato ricoverato in Ospedale e poi affidato ai servizi sociali.
La sua voglia di scappare dalla vita, però, ha vinto, e Collins se n’è andato così. Di lui sapremo poco, e immagineremo tutto: la fuga dalla miseria, forse dalla guerra, o dalla persecuzione, da una famiglia cattiva, o solo povera, o che non c’era più. La speranza di una vita migliore, il morso della nostalgia e della solitudine, la voglia di tornare, di andare avanti e l’obbligo di restare fermo, in un limbo di attesa. Magari la depressione, sicuramente la morte volontaria.
Da Collins, ci racconterà qualche politicante sempre buono per opporsi e sempre tranquillo – lo voglia il popolo – al riparo dalle responsabilità di governo, non dobbiamo farci intenerire: è uno, mica una statistica. Esattamente come una quattordicenne rasata dalla madre “perché non voleva portare il velo”. È una, mica un campione statisticamente rilevante. Solo che di lei abbiamo saputo tutto, di Collins non sapremo nulla. E non è giusto.
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Riflessione amara anche se non riesco a trovare un nesso fra le due storie se non quello della capacità di far notizia in un tempo in cui far notizia sembra importante
Figuriamoci… Ci sono “ignobili” capaci di sentenziare “uno di meno”. Cinici e distanti, si inteneriscono per ogni botolo staviziato che incontrano. Se questa è la “società civile” che abbiamo realizzato, io la rifiuto.