Senza sanatoria, e a rischio contagio

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11 Dicembre 2020

Quando pensi di essere arrivato a fondo, scopri che si può scavare ancora. Sono ormai dieci mesi che sentiamo le istituzioni accusare gli italiani di essere irresponsabili. Perché si accalcano sui mezzi pubblici. Perché vanno nei centri commerciali. Perché si mettono in fila davanti agli skilift delle piste da sci. Perché vanno al bar o al ristorante. Perché si assembrano. E allora vai con le filippiche di Stato e poi con l’esercizio di misure cautelari. Per un certo periodo persino andare a correre è stato guardato come un peccato.

Poi un freddo dicembre arrivi davanti alla Prefettura di Milano e scopri che nel mese di Giugno di codesto anno, 2020, 45 mila migranti hanno aderito alla sanatoria per ottenere il permesso di soggiorno, e poter quindi essere riconosciuti come lavoratori non più a nero. Come soggetti di diritto, con un codice fiscale e una tessera sanitaria in modo da poter essere curati se si dovessero ammalare, in un anno di pandemia. Invece da sette mesi attendono di essere convocati. E mentre la Prefettura ha affastellato circolari e direttive, in cui è stato chiarito che prima gli aventi diritto erano solo agricoltori, poi colf e badanti, in realtà nessuno è stato convocato. Formalmente “a causa del Covid, che avrebbe rallentato le procedure” mi dice Hazal Koyuncuer della Cub Immigrazione, sostanzialmente perché sono entrati a far parte di un limbo, in cui gli stessi migranti esistono e non esistono. La soluzione era stata concertata: far avere agli stessi fantasmi un numero di tessera sanitaria temporanea, cosi da poterli rendere riconoscibili e soprattutto titolari di diritti. In questo modo potevano emergere dal nero da un punto di vista occupazionale, tutelandoli quando da badanti perdevano il datore di lavoro per decesso, in cui si sono accertati casi di mancato pagamento. Soprattutto però, mi dice l’avvocato Giovanni Motta, che si occupa di migranti, il diritto a poter essere curati in caso di malattia. Le Ats però quel numero provvisorio non lo riconoscono. Ma come: dobbiamo stare tutti a casa e in caso di sintomi presentarci presso una Ats per chiedere aiuto ed essere curati, e se sei un immigrato, poiché non esisti, se ti ammali puoi rimanere senza cure rischiando di contagiare altre persone? Facciamo le fasce gialle arancioni e rosse e poi se si ammala un immigrato lo lasciamo senza protezioni, libero di far ammalare altre persone a cominciare dalla sua stessa famiglia?
Chi è l’irresponsabile, in questo caso?

Ecco cosa mi hanno detto i partecipanti durante la manifestazione della Cub davanti alla Prefettura

TAG: #immigrazione #Milano #Cub
CAT: immigrazione, Milano

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