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Immigrazione

People: in corteo, direzione primarie

di Emanuele Telesca
3 Marzo 2019

Di andare alla manifestazione People – Prima le persone ero convinto dal primo giorno in cui ne venni a conoscenza. La sua filosofia ha colto in pieno il sentimento di una cospicua fetta della società civile che non converge sulle attuali politiche governative, né sulla sua etica. Centinaia di migliaia di persone nauseate dal linguaggio triviale e aggressivo dei nostri governanti. Non si può vivere suddividendo il mondo tra “noi” e “loro”. Bisogna convergere sull’uomo: non contano il colore della pelle, il credo religioso, l’etnia, le preferenze sessuali, il censo. Ognuno deve poter esprimere la propria individualità e le proprie potenzialità senza muri, senza reticolati, senza barriere e confini. Il corteo milanese è stato meraviglioso perché non organizzato contro qualcuno, ma a favore di un’ideale positivo e universale. In questo risiede il segreto della sua eccezionale riuscita: aver incluso differenti storie, dalle opposte provenienze, senza stonature o sbavature. Una visione dell’Italia futura decisamente migliore rispetto allo sconsolante panorama odierno.

Di votare alle primarie del PD non ne ero affatto convinto. Anzi. Ho seguito il dibattito tra i candidati con distacco, disilluso dalla possibilità che davvero qualcosa potesse cambiare. L’ultimo confronto televisivo non ha fatto altro che radicare le mie certezze. Nessun riferimento alla patrimoniale, nessuna proposta coraggiosa realmente in discontinuità con le politiche dell’attuale esecutivo, nessuna idea del paese reale nel quale vorrebbero vivere nel 2030 o giù di lì. Lo scarto tra le esperienze virtuose in ambito locale (di cui anche People è testimonianza) e la pochezza della dirigenza nazionale clamorosa. Eppure la manifestazione del 2 marzo mi ha condotto ad un unica conclusione: che il 3 marzo mi recherò ai seggi delle primarie. Intendiamoci: i motivi per non andarci restano tutti, innumerevoli, sul tavolo. Dall’aver approvato e difeso a spada tratta provvedimenti varati nella scorsa legislatura dei quali ci sarebbe da arrossire al non averne sostenuto altri dei quali, invece, farne un fiore all’occhiello. Dall’aver servito su un piatto d’argento temi quali l’immigrazione e la sicurezza a Salvini attraverso gli accordi stipulati con la Libia o alle altre posizioni “minnitiane”, all’incapacità di esprimere una opposizione parlamentare che non vada oltre l’atteggiamento sdegnato di una nobiltà decaduta dopo sei anni di governo. Fino alla colpa più grave: non aver mai chiesto scusa ad una comunità atterrita dai risultati elettorali dello scorso 4 marzo; debacle frutto dei propri errori e delle proprie mancanze. Idealmente il perdono è arrivato da una Piazza del Duomo gremita. Nonostante tutto c’è vita oltre il contratto giallo-verde.

In fondo è una decisione pragmatica. Che possa piacere o meno nessuna alternativa dal versante del centrosinistra può sorgere senza che il PD ne sia al contempo principale artefice e protagonista. Con una simile certezza l’intento è che a guidare il processo possano esservi uomini e donne appassionati, determinati, impavidi. Meno social e più socialisti (diciamo pure socialdemocratici, così da non spaventare nessuno). Se 200.000 persone solcano il centro di Milano in un tiepido sabato pomeriggio di fine inverno a rappresentare l’umanità smarrita significa che gli ingredienti necessari son già a disposizione. Il consiglio è di non trasformare People, i suoi volti, i suoi colori e la sua bellezza nell’ennesima occasione mancata.

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