La direttiva UE sull’efficienza energetica: ottime intenzioni, pessime azioni

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25 Gennaio 2023

La notizia della direttiva europea sull’efficientamento a tappe forzate degli edifici residenziali ha fatto grande rumore; vi sono, in effetti, tutte le ragioni.
Si potrebbe dire che per questa misura, come per quella scomposta del “bonus 110%”, vale il detto per cui “la strada per l’inferno è lastricata di buone intenzioni”.

Cosa dice il cuore della diirettiva?
In sintesi questi i principali obiettivi:
1.     Che entro il 2030, 7 anni da oggi, tutti gli edifici di nuova costruzione dovranno essere a emissioni zero;
2.     Che sempre entro il 2030 tutti gli immobili residenziali dovranno raggiungere la classe energetica E;
3.     Che entro il 2033 tutti gli edifici scalino un altro gradino nella classificazione energetica e raggiungano la classe D;
4.     Che entro il 2050 tutti gli edifici siano a emissioni zero.

Obiettivi ambiziosi, necessari ma – come spesso accade per le direttive europee – partoriti in una dimensione attinente la sfera tecnica (tecnocratica o “politicocratica” come dice il mio amico Andrea Boschetti, che dir si voglia), senza considerare minimamente non tanto la strutturale differenza del territorio e della società europea, bensì la Realtà nella sua sfrontatezza.

Tali obiettivi, così dichiarati e resi di pubblico dominio, rischiano di generare una reazione popolare avversa rispetto a temi cruciali, unita a una drammatica inapplicabilità della direttiva stessa.
Innanzitutto, chi produce tali documenti – pensando all’Italia – dimostra di avere una palese ignoranza rispetto allo stato di fatto. Non solo non si considera il numero – impressionante – di quel 60% di alloggi che sono oggi in classe F e G ma non si considera nemmeno il fatto che gran parte del patrimonio abitativo italiano è in aree storiche e vincolate e, dunque, applicare semplicistiche ricette tecnologiche è non solo dirompente da un punto di vista economico, ma anche devastante per il paesaggio urbano.
Il passaggio al 2033 alla classe D è alquanto irrazionale.
Ma il punto in cui l’ignoranza del legislatore (o della tecnostruttura) europeo è evidente è riferito a uno snodo cruciale, ossia la totale inadeguatezza della filiera produttiva dell’edilizia – italiana certamente ma probabilmente europea – a fare fronte a un impatto come quello che sarà generato dall’applicazione massiva della direttiva: esplosione incontrollata dei prezzi e penuria di prodotti (e non parliamo di cose sofisticate ma, per esempio, degli infissi) saranno effetti indotti esplosivi.
In tal senso il Supebonus che ha prodotto un investimento di circa 68 miliardi di euro per adeguare poco meno di 400.000 edifici è prova della pessima struttura di tali provvedimenti.

Che fare? Le nostre idee sono semplici, forse ingenue.
In primis programmare ingenti risorse europee non per incentivi a pioggia ma indirizzarle per un vero piano per la ri-europeizzazione della filiera produttiva edilizia per riportare – in un tempo di 5 anni – produzioni di tutto quanto serve nell’alveo dell’UE. Così facendo si ridurrà la dipendenza continentale da altre economie, si creeranno posti di lavoro qualificati e forse avremo infissi efficienti (il tono qui è sarcastico) – e tutto quel che serve – a costi giusti.

Poi si dovrebbero graduare gli incentivi in relazione sia alla condizione degli edifici – sarebbe davvero il caso di provvedere alla riforma del catasto a invarianza di gettito, per avere una base razionale su cui strutturare gli incentivi – sia in relazione agli ISEE dei proprietari. Edifici più vecchi e proprietari meno abbienti incentivi più alti e viceversa, per intendersi.

Tali incentivi non dovrebbero mai superare l’85% dei costi complessivi perché regalare denaro pubblico, come è stato per il 110%, è immorale, distorsivo e poco civile.

Infine, fare uno sforzo di analisi e di complessità sganciando gli obiettivi di rigenerazione dalla semplicistica “classe energetica” ma graduando gli stessi rispetto ad azioni di sostituzione impiantistica/tecnologica che – in un processo incrementale – migliorino realmente la situazione generale. Penso soprattutto agli impianti di riscaldamento, raffrescamento e alla produzione energetica sganciati da fonti fossili.

Insomma, con questa direttiva si ha ancora la prova che spesso l’Unione Europea sia qualcosa di distante dalla realtà, una grande invenzione che è rimasta nella sfera del pensiero razionalista senza scaldare il cuore dei popoli. Il rischio è che, continuando su questa strada, anche i più ferventi europeisti perdano, tristemente, la loro fede.

TAG: Direttiva UE edifici residenziali, Efficienza energetica, Suoerbonus 110%, Ue
CAT: Immobiliare, Istituzioni UE

Un commento

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  1. franco-pecchio 1 anno fa

    Quante inesattezze, gli edifici storici e i centri storici sono espressamente esclusi dalla direttiva, i tempi di recepimento sono di due anni, ovvero l’Italia ha due anni di temo per trascrivere il regolamento in norme interne e si, decidere chi disegnate gli incentivi e a chi dare supporto. Questo è un lavoro dei singoli stati mica dell’UE (che non ha mai fatto).

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