Nove domande a Di Maio e Calenda a proposito della vendita dell’Ilva

24 Luglio 2018

Come era facile presagire, Arcelor Mittal, dopo aver cercato in lungo ed in largo uno studio legale per far causa allo Stato, ha invece dichiarato che «accetta tutte le richieste sostanziali di ulteriori impegni rispetto al contratto di affitto e acquisto firmato nel giugno 2017».

Saranno i dubbi sul processo che ha portato a loro l’assegnazione, sarà un concreto pragmatismo (portiamoci l’ILVA a casa prima che salti tutto), questa presa di posizione dimostra che probabilmente vale la pena investire il tempo necessario per capire come stanno le cose. Questa presa di posizione sembra premiare il piglio di Di Maio e far fare una pessima figura a Carlo Calenda, l’ex ministro dello Sviluppo economico che sosteneva di aver fatto il massimo possibile. Sembra, diciamo, perché bisogna capire in cosa consistono questi impegni e gli impegni vanno redatti bene, in modo che siano realmente vincolanti, perché nessuno vigila poi sull’esecuzione post cessione.

Una società come l’ILVA – una società strategica per l’Italia – dovrebbe essere affidata a chi ha l’interesse strategico di svilupparla, non a un soggetto che potrebbe essere disposto a pagare un prezzo rilevante anche se interessato poi a chiuderla. Quindi un prezzo che potrebbe equivalere ad una “dote” per la chiusura, da recuperare dai maggiori profitti fatti in altri impianti grazie alla minore concorrenza, se l’acquirente ha elevate quote di mercato in Europa.

Oggi ci sentiamo di dare solo un consiglio a Di Maio: SE i miglioramenti accettati fossero sostanziali e soddisfacenti (e scritti nella pietra da professionisti rigorosi), assegni l’ILVA a Mittal DOPO aver verificato la correttezza del processo. Se il processo è stato condotto in modo rigoroso è giusto che vincano. Se però l’accettazione delle condizioni fosse una dichiarazione non rispondente al vero o se il processo fosse stato falsato, dubbi potrebbero emergere sulle reali intenzioni di Mittal e quindi assegnare l’ILVA a Mittal potrebbe voler dire dire condannarla alla chiusura.

Sul contenuto dei miglioramenti siamo ansiosi di leggere cosa diranno i giornali, mentre ci permettiamo quindi di formulare qualche domanda sul processo, alla quale sarebbe interessante ottenere qualche risposta.

1) Chi ha definito i pesi per la valutazione delle offerte?

I commissari vociferavano sempre di essere stati costretti «dall’Europa». Calenda nella sua intervista rivolta a difendere il processo pubblicata su Facebook dice lo stesso. Ma la lettera della Commissione Europea sembra dire che è una scelta tutta nostra (vedasi https://www. glistatigenerali.com/imprese/ ilva-ue-governo/)
Qual è la verità?

2) Se è vero che i pesi li abbiamo definiti noi italiani, perché il prezzo pesa 50% e ambiente ed occupazione solo 15%? La crisi dell’ILVA non ha una genesi finanziaria ma ambientale. Un peso elevato dato al prezzo può favorire un soggetto interessato a chiuderla, non a preservare l’occupazione. Inoltre, è vero che la differenza tra le due offerte è solo 50 milioni di euro? Entrambe le offerte prevedono la deducibilità dei canoni di affitto dal prezzo oppure la prevedeva solo l’offerta Arcelor Mittal?

3) Perché i commissari prendono Rothschild come consulente finanziario sulla procedura se c’era già Banca Leonardo, consulente ugualmente blasonato (poi relegato ad un ruolo marginale)? È vero che Rothschild è stato il consulente che ha assistito Marcegaglia nella strutturazione dell’accordo con Mittal per investire sull’ILVA? Che esperienza ha nel settore dell’acciaio il team di BCG che ha seguito progetto? Sono state ponderate le incongruenze tecniche emerse tra piani ed investimenti che rendevano difficilmente valutabile l’offerta e impugnabili eventuali inadempimenti? Sono state precisate le incongruenze in oggetto? Sono state considerate le analisi sulla competitività del preridotto per ottimizzare l’impatto ambientale e inserite nell’analisi finale di BCG?

4) Perché, se come dice Calenda CDP l’hanno portata loro, CDP si oppone al rilancio di Jindal e Del Vecchio a 1,85 miliardi di euro avendo una posizione preminente nel consorzio, abbandona la cordata e poi riappare a fianco di Mittal a 1,8 miliardi di euro in posizione largamente minoritaria? Era una scelta motivata dal prezzo elevato o a bloccare la concorrenza? Perché la stampa anticipava già questo cambiamento di campo quando CDP era in Acciaitalia?

5) Perché il Ministero dell’Ambiente pone un tetto a 6 milioni di tonnellate di produzione (che può aver senso se si produce a carbone e non ha senso se si produce con gas o con altre soluzioni tecniche meno inquinanti), poi rimosso? Un vincolo del genere impatta negativamente sul prezzo che i terzi possono offrire su ILVA (soprattutto se non presenti in Europa) e limita la competizione che può fare ILVA in Europa.

6) Perché ILVA accumula 150 milioni di crediti commerciali verso Marcegaglia (gruppo con un certo indebitamento) se nello stesso periodo non ha la liquidità per spingere la produzione e quindi probabilmente per quello a febbraio 2017 deve mettere 3.300 persone in cassa integrazione?

7) Perché Renzi, che si era fatto sentire molto a supporto della cordata di Acciaitalia, alla fine sparisce e lascia il campo libero a Calenda?

8) Perché Calenda dice che il rilancio di Jindal e Del Vecchio era irricevibile secondo l’Avvocatura dello Stato? Il parere che lui ha pubblicato su Facebook sembra dire che 1) che sino all’aggiudicazione tutto è possibile, potrebbero esserci delle richieste di danni dopo l’aggiudicazione (che lui non aveva ancora fatto quando è avvenuto il rilancio, c’era solo una proposta dei commissari) e 2) bisogna stare attenti all’allungamento dei tempi. Calenda parla di far ripartire la procedura perché non basta il solo rilancio economico, cosa che richiederebbe secondo lui un anno. Non capisco perché: bastava una settimana o due per chiedere agli offerenti di modificare gli aspetti economici, occupazionali ed ambientali delle offerte già inviate, non c’era bisogno di rifare tutto.

9) Come era composto il comitato di sorveglianza? C’erano dei conflitti di interesse?

TAG: Carlo Calenda, ilva, Luigi Di Maio, mise
CAT: Grandi imprese

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