Dublino, la città che non si è arresa ai tassisti

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28 Maggio 2015

La preoccupazione di fornire una qualche rete che attutisca parzialmente l’impatto della concorrenza su un settore tradizionalmente protetto potrebbe anche essere comprensibile: nella misura in cui in Italia le liberalizzazioni appaiono politicamente difficilissime, sarebbe forse un modo per spuntare almeno in parte le armi del dissenso e per mostrare a tutti gli altri che non si cede sic et simpliciter al neo-liberismo selvaggio (fantoccio polemico che non esiste, ma che, come l’uomo nero, fa comunque paura a molti). Come misura pragmatica rispetto ad un fine superiore, il bene collettivo, non già perché trovi necessariamente una ovvia giustificazione intrinseca. Anzi, diciamolo: soprattutto per chi, come i più di noi, incluso il giornale che ospita queste righe, vive tutti giorni esposto ai venti della concorrenza, come è giusto, senza nessun bail-out in caso di problemi, senza paracaduti o sussidi, simpatizzare con i molti, troppi protetti che popolano la penisola e tendono spesso ad esibire persino una certa arroganza, è molto difficile. Tanto che a volte ci si chiede perché la protesta non già dei tassisti o delle molte categorie consimili davanti ad un mero accenno di apertura del mercato, ma quella di tutti gli altri non sia ben più rumorosa e decisa (pur consapevoli dei tradizionali problemi di “tirannia della minoranza”  e di altre criticità specifiche del nostro paese su cui già si è avuto modo di scrivere in passato).

Tuttavia, se proprio non si potesse fare altrimenti, il costo one-off di un tale “risarcimento” sarebbe pressoché di sicuro compensato dai benefici che deriverebbero dall’introduzione della tanto agognata e negletta possibilità di competere. Il caso dell’Irlanda lo indica abbastanza chiaramente.

Come in gran parte d’Occidente, anche a Dublino per molto tempo furono in vigore restrizioni alla concorrenza tra taxi, tramite un sistema di licenze a numero chiuso, che venivano aumentate con grande parsimonia e senza riuscire a tenere dietro alla crescita degli utenti. Negli anni novanta, a fronte di livelli di servizio sempre peggiori, lunghi tempi di attesa ed alte tariffe, mentre la popolazione, in particolare nella capitale, continuava ad aumentare, le storture di tale modello si fecero vieppiù evidenti. Intanto, domanda crescente ed offerta impossibilitata ad espandersi  portarono ad un apprezzamento notevole delle licenze, il cui valore raddoppiò tra l’inizio e la fine del decennio, superando i 100,000 dollari al cambio di allora.

Per cercare di metterci una pezza, il ministero dell’ambiente e degli enti locali propose inizialmente per la zona di Dublino, dove il problema della mancanza di taxi era più acuto, il rilascio di una licenza addizionale soltanto per chi già ne possedesse una e, in aggiunta, la creazione di 500 licenze per nuovi entranti. Tale proposta fu però oggetto di contestazione da parte degli operatori di auto private con autista, che mettevano in dubbio la legalità del meccanismo di distribuzione dei nuovi permessi, a loro giudizio oltremodo restrittivo. La controversia, come spesso accade in questi casi, finì davanti all’Alta Corte, la quale deliberò che il ministero non poteva restringere la concessione di licenze aggiuntive, in quanto ciò avrebbe leso “the rights of citizens to work in an industry for which they are qualified and, further, which affects public access to taxis and restricts the development of the taxi industry”.

In pochi mesi, la sentenza aprì le porte ad una completa liberalizzazione del mercato dei taxi (sebbene non ancora delle tariffe – nessuno è perfetto!), stabilendo di fatto che qualsiasi persona adeguatamente qualificata potesse ottenere una licenza. Ciò che accadde dopo non solo testimonia della totale assurdità del regime precedente – quello a tutt’oggi in vigore in Italia ed in mezza Europa -, cioè di quanto poco e male ed a prezzi eccessivi fossero serviti i cittadini/utenti, ma è un tempo la più forte e banale dimostrazione della forza positiva della concorrenza quando essa è infine libera di dispiegarsi:

entro la fine del 2001, cioè in meno di un anno, nell’area di Dublino il numero di taxi passò da circa 2,700 ad oltre 5,500, per arrivare a 8,300 a fine 2003 (oggi hanno superato i 10,000).  In tutto il paese, se nel 2000 i taxi erano 4,200, dopo soli quattro anni salirono ad oltre 16,000. In ragione di ciò, i tempi medi di attesa si dimezzarono, ottenendo un valore stimato – calcolato dalla stessa agenzia che regola i taxi – del risparmio di tempo di oltre 300 milioni di euro per la sola città di Dublino.

Anche a distanza di tempo, il coro è unanime nel riconoscere gli effetti positivi: “liberalization in Ireland brought massive benefits for consumers – the number of taxis in Dublin increased threefold, waiting times were reduced to a minimum and service reportedly improved”. 

Naturalmente i tassisti già in possesso di licenza furono colpiti duramente da tale impetuoso ingresso di nuovi competitor – si stima che il valore delle licenze nel decennio successivo crollò di oltre l’80%. Per attutire gli effetti di tale decisone, fu creato un “hardship fund” che in qualche caso arrivò a pagare fino a 15,000 euro per singolo tassista, comunque decisamente al di sotto della perdita di valore successiva della licenza, e per un esborso complessivo molto, molto inferiore – circa 1/10 – ai 300 milioni di benefici menzionati sopra. E benché tutto fosse originariamente nato da spinta giudiziaria – pur nel riconoscimento generale della presenza di una criticità dovuta al numero insufficiente di taxi -, non si formò mai un consenso politico circa il fatto che quello dei tassisti ad operare fuori dal regime di concorrenza fosse, come diremmo noi, un diritto acquisito, semmai numerose furono le voci che lo bollarono come un privilegio durato anche troppo a lungo a scapito dei cittadini e della produttività del paese.

Dunque? Dunque là fuori esistono anche paesi che scelgono di non impiccarsi alle (troppe) decisioni scellerate prese nel passato, cosa che in Italia avviene grosso modo in ogni ambito noto, dai taxi, alle farmacie alle pensioni…

 

 

 

 

 

 

 

TAG: concorrenza, Irlanda, taxi
CAT: Innovazione

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