“L’intelligenza artificiale (e umana) salverà le nostre città”
Irene McAleese, Co-founder di See.Sense, spiega come AI, tecnologie innovative e dati applicati alla bicicletta renderanno le città più sicure e pulite
Nel 2013 ha finanziato il primo prototipo tramite la piattaforma di crowdfunding Kickstarter. Nel 2017 l’Unione Europea l’ha inserita tra le start up più innovative del continente. L’anno successivo, la rivista inglese Spectator le ha assegnato il premio “Economic Disruptor of the Year” per aver rivoluzionato l’industria delle due ruote con intelligenza artificiale, tecnologie innovative e un modello di business basato sui dati. Dati preziosissimi che amministrazioni, urbanisti e aziende oggi possono utilizzare per rendere le città più efficienti e sicure, per ciclisti e non solo.
Già dal nome, See.Sense, si può intuire il presupposto del progetto fondato dai coniugi Philip e Irene McAleese, dopo aver rinunciato a due carriere di successo: nessun oggetto è stupido. Nemmeno la lucina di segnalazione della bicicletta, che con l’innesto di intelligenza artificiale e tecnologie innovative può trasformarsi in un sensore evoluto in grado di registrare diverse informazioni: dallo stile di guida del ciclista – come le frenate brusche, considerate un indicatore di viabilità pericolosa – alle condizioni della strada, per esempio buche e passaggi accidentati. Non solo. Grazie a ICON 2, questo è il nome della prima versione del prodotto, si possono monitorare i percorsi urbani più frequentati dai ciclisti e la quantità di CO2 risparmiata. Informazioni che, per la prima volta, grazie a una piattaforma digitale e una applicazione dedicata, possono essere consultate in tempo reale dalle amministrazioni. E senza rischi per la privacy, perché i dati registrati dai ciclisti vengono condivisi esclusivamente in forma aggregata.
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Per le nostre città messe a dura prova dal Covid, l’innovazione di See.Sense può essere una soluzione semplice, veloce ed economicamente sostenibile. “Soprattutto in questo momento, il set di dati che siamo in grado di mettere a disposizione delle amministrazioni è fondamentale per capire se la mobilità temporanea implementata per fronteggiare l’emergenza funziona e come la si può migliorare”, ci dice Irene. Città come Dublino, Manchester e Denver (USA) lo hanno capito e hanno già attivato progetti pilota. “Abbiamo ricevuto richieste anche da Portogallo, Australia e Asia. Sull’Italia non c’è ancora alcun progetto. Ci piacerebbe entrare nel vostro mercato, dove sappiamo che l’uso della bicicletta negli spostamenti urbani, negli ultimi mesi, è cresciuto moltissimo”.
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Nel frattempo, è cresciuto anche il team di See.Sense che sta già lavorando su nuovi prodotti. “Abbiamo appena lanciato See Sense Air, una scatola nera che, oltre a raccogliere i dati, attraverso una tecnologia innovativa connessa direttamente al cloud, localizza con precisione la bicicletta e, in caso di furto, avvisa il proprietario: privati ma anche aziende, come società di bike sharing e cargo-bike, per le quali la sicurezza delle flotte è fondamentale. La nuova frontiera è la digitalizzazione della bicicletta. Abbiamo appena iniziato ma c’è già l’interesse di produttori che vogliono integrare la nostra tecnologia”.
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Anche se siamo solo all’inizio, la storia di See.Sense insegna molte cose. La più importante è che l’intelligenza artificiale, da sola, non basta a rendere più efficienti e sicure le nostre città. Serve anche quella umana, perché su questa partita la responsabilità del risultato è collettiva: di istituzioni, aziende e cittadini. All’estero lo hanno già capito. E noi, che dell’industria delle due ruote facciamo un vanto, cosa stiamo aspettando?
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Un commento
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ci salveremo solo se riusciremo a ragionare con il nostro cervello e mettere alla berlina le cretinerie che ci vengono propinate dai giornali e dalle TV.