Nell’internet del futuro sarà l’ufficio a lavorare per il tuo benessere
L’innovazione è uscita da smartphone e computer per invadere il mondo reale, a partire dai luoghi dove lavoriamo. Tecnologia wearable e Quantified Self aprono tutta una nuova serie di prospettive sulla qualità della nostra vita e del tempo che trascorriamo in ufficio.
Il posto di lavoro è il luogo in cui passiamo una porzione molto ampia del nostro tempo. Le aziende stanno inoltre capendo che innalzare i livelli di benessere dei propri dipendenti può avere un diretto ritorno sulle loro performance. Lavoratori meno stressati significa lavoratori più produttivi.
WellBeing@Work accomuna alcuni progetti del JOL WHITE, uno dei laboratori per l’innovazione di Telecom Italia che ha sede presso il Sant’Anna di Pisa. Al suo interno si studiano metodi per monitorare il benessere psicofisico e implementare meccanismi di prevenzione ad alto tasso tecnologico.
Un esempio è il progetto Trans.Safe: iniziato a metà 2014, e portato avanti insieme al JOL S-CUBE di Milano, è mirato a sviluppare sistemi di supporto per alcune fasce di lavori considerate ad alto rischio, specialmente nel settore dei trasporti, dove alcune occupazioni implicano un elevato stress potenziale. È il caso degli autisti di camion, treni e personale specializzato nei centri di controllo. Vengono impiegati sensori ambientali che determinano il comfort e il livello di stress presente nell’abitacolo o nell’ufficio, e sensori indossabili che misurano come ciascuno reagisce ai fattori di stress. L’ambiente di lavoro non viene più considerato uno spazio inerte, ma prende vita rispondendo attivamente al mutamento dello stato psicofisico dei suoi occupanti.
Abbiamo parlato con Gianluca De Petris, responsabile del Joint Open Lab WHITE di Telecom Italia, per farci spiegare come le grandi aziende stanno iniziando a occuparsi di questa tematica.
Qual è l’idea che c’è dietro a progetti come Trans.Safe?
Ai sensori ambientali sono affiancati dei sensori indossabili che forniscono informazioni su come si sente una persona in un dato momento. Possono essere messe così in atto delle contromisure, e qui entra in gioco il coaching. Le informazioni che arrivano dall’utente vengono integrate da consigli operativi; ma innescano anche trasformazioni direttamente nelle condizioni dell’ambiente, grazie ad attuatori che modificano alcuni parametri (per esempio sul sistema di illuminazione).
I fattori soggettivi hanno più influenza di quelli ambientali e stiamo sperimentando dei metodi non invasivi per monitorarli, come per esempio nel progetto Phaser.
In che cosa consiste?
È pensato per prevenire le malattie cardiovascolari e dello stress lavoro-correlato. Le malattie cardiovascolari, infatti, sono al primo posto fra le cause di morte nel mondo. Phaser è portato avanti in collaborazione con l’Imperial College, che fornisce la consulenza di medici, e Philips Research, che fornisce un orologio per la rilevazione di parametri vitali attraverso la tecnica della fotopletismografia (che studia la diffusione dei raggi luminosi nei tessuti). È già presente un prototipo che è stato testato su un focus group di sette camionisti. In collaborazione con il JOL MobiLab, stiamo portando avanti un piccolo trial interno con degli utenti amici per perfezionare la soluzione. Daremo agli utenti degli orologi indossabili e monitoreremo altri parametri tramite una bilancia e un misuratore di pressione. Attraverso questo sarà possibile fornire consigli personalizzati su peso, pressione e dieta. Il tutto è pensato anche per far interagire gruppi di persone in team attraverso un meccanismo di gamification.
Tecnologia, salute e prevenzione: quali possibilità apre la tecnologia?
La tendenza del Quantified Self permette di raccogliere informazioni su se stessi. Si apre così un mondo dell’autoconsapevolezza che porta a un miglioramento del proprio stato di benessere psicofisico. Se a questo si riescono ad affiancare alcune informazioni di coaching, all’aspetto della consapevolezza si aggiunge quello della prevenzione. In base ai parametri che ti chiedo di inserire oppure che misuro, posso suggerirti una serie di comportamenti virtuosi che riducono eventuali rischi. Educando la persona singola colgo l’opportunità, su base sociale, di ridurre il rischio di malattia.
Quali parametri vitali è possibile controllare?
Sono moltissimi i parametri che è possibile monitorare e ne stiamo sperimentando di nuovi. Il problema è che molti degli strumenti che li misurano sono invasivi, come la fascia cardiaca, per esempio. Stiamo sperimentando un dispositivo indossabile sulla testa, un elettroencefalogramma che misura parametri di stress e attenzione, che è molto importante per la prevenzione di incidenti. È considerato invasivo e stiamo capendo se è possibile sostituirlo con dei metodi indiretti meno ingombranti, come sensori elettrici e sensori ottici.
Che sviluppi possono avere questi progetti?
Ci sono già alcune automobili che stanno pensando al tema della sicurezza ed esistono delle tecnologie presenti a livello consumer. L’idea che abbiamo è quella di portare questi algoritmi e questa sensoristica all’interno di tutte le automobili. Al momento ci stiamo concentrando su lavoratori professionisti come i camionisti, che poi sono coloro che fanno i percorsi più lunghi. Ci sono già dei dispositivi di sicurezza installati negli abitacoli dei camion. Vorremmo affiancarne di nuovi oltre a quelli già esistenti per ottenere una maggiore flessibilità e avere una maggiore connessione allo stato fisico del guidatore. I dispositivi che ci sono ora, come il tachigrafo, non misurano lo stato di affaticamento né se la notte prima il camionista ha dormito bene. I dispositivi indossabili, invece, riescono a fare delle misure anche sulla qualità del sonno, fornendo una serie di informazioni molto importanti per poter prevenire gli incidenti.
Come sarà l’ufficio del futuro e perché l’azienda dovrebbe preoccuparsi della salute dei suoi lavoratori?
L’ufficio sarà senza dubbio più sensorizzato e saranno più oggettivi i criteri di scelta dei parametri da monitorare. Monitorando lo stato di salute sarà più semplice correggere i comportamenti che causano problemi, come la postura scorretta. C’è poi tutta una nuova attenzione sulla corresponsabilità dell’azienda nel benessere sociale. Il benessere sul lavoro condiziona fortemente la produttività della persona. Molte aziende offrono assicurazioni integrative e fare in modo che il lavoratore sia più consapevole della sua condizione e del suo stato di salute porta un diretto vantaggio economico. Ci si focalizza sulla prevenzione individuando eventuali comportamenti scorretti in modo da evitare lo sviluppo di conseguenze più serie.
A proposito dello stress, come fare per individuarlo e come risolvere eventuali problematiche con l’aiuto della tecnologia?
Ci sono degli algoritmi molto efficaci per misurare e interpretare il grado di stress. Si possono mappare giorno per giorno le situazioni più impegnative, come per esempio l’incarico di tenere discorsi in pubblico. Già avere consapevolezza dei picchi di stress e di ciò che lo causa può aiutare molto. Ci sono svariate tecniche per calmare la tensione. Ad esempio, alcuni particolari colori, suoni o attività sociali. Per capire in maniera automatica quelle che sono le situazioni più logoranti e distinguerle dallo stress positivo, l’eu-stress, c’è ancora molta strada da percorrere. Ma ci stiamo lavorando!
In quali altri progetti è coinvolto il JOL WHITE?
Quest’anno abbiamo inaugurato alcuni progetti molto interessanti. Uno è per il monitoraggio a casa dei soggetti fragili, nello specifico i bambini autistici, da parte di specialisti. Per esempio, la Scuola Superiore Sant’Anna, con cui collaboriamo, ha realizzato una palestrina sensorizzata con cui si può stabilire qual è la probabilità che un bambino sviluppi l’autismo in base a come interagisce con i giocattoli. La finalità è quella di riuscire a stabilire dei metodi di prevenzione anche in questo campo.
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