7 Modelli di Marketing dei Contenuti sulla Crisi Economica
Dalle narrazioni della colpa ai mercanti di rabbia, dalla brandizzazione della speranza ai paradigmi apocalittici, dalla pornografia della miseria a quella del successo.
La crisi economica è stata spesso raccontata con modelli basati sull’accentuazione e la semplificazione, con lo scopo di posizionare i contenuti-prodotto in un mercato sempre più ampio.
Nel secondo numero del 2016, il Time ha dedicato la copertina alla possibilità imminente di una nuova recessione economica mondiale, generata dalla bolla cinese. Gli ultimi giri di montagne russe delle borse internazionali sembrano confermare la possibilità di un’altra ondata di cadute economiche generalizzate, questa volta distribuite più globalmente, anche se a macchia di leopardo.
In uno scenario del genere diventerebbe fondamentale come sia stata fino ad oggi interpretata e comunicata la crisi. Questo vale soprattutto per quella che è una nuova comunicazione di massa digitale, in cui i contenuti informativi e narrativi meno specialistici si sono talvolta compattati attorno a particolari modelli interpretativi.
Si tratta di contenuti che erano inizialmente molto più bilanciati e integrati tra loro, ma che si sono poi atomizzati nella forma di contenuti-prodotto, creati e distribuiti in quello che può essere definito il mercato dei contenuti sul tema della crisi economica.
Voglio qui individuare sei (più una) di queste tipologie di contenuto-prodotto sulla crisi economica. Lo faccio dalla sola prospettiva delle strategie dei contenuti e non da quella della maggiore o minore accuratezza nel cogliere le dinamiche finanziarie.
Con il termine “contenuti” intendo articoli, testi, pubblicazioni, blog post, video, infografiche, sempre con una particolare attenzione per la forma, per la pubblicizzazione e per la diffusione digitali.
Definisco chi usufruisce, legge o vede i contenuti con i termini user e consumatore, laddove i contenuti online non vengono passivamente letti, ma sempre di più utilizzati e/o consumati.
I titoli che utilizzo come esempio all’inizio di ogni capitolo sono inventati e, nel caso esistano davvero, si tratta di un’interessante casualità.
Le immagini che accompagnano il testo sono tratte da diversi film. Ma, quando parlo di contenuti, non parlo direttamente di film.
1. Il Contenuto Spiegazione
“Che cos’è la crisi?
“La crisi economica spiegata ai bambini”
“Le 10 cause della crisi economica”
Negli ultimi otto anni, l’interesse per la finanza è aumentato notevolmente. La crisi ha fatto nascere quella che può essere definita la prima vera e propria finanza pop: non più seguita solo da chi vuole giocare in borsa, ma anche da chi desidera cogliere l’essenza delle condizioni economiche e sociali che sta vivendo.
L’esplodere della crisi economica ha anche coinciso con l’inizio della diffusione massiccia dei social media (con una sincronia più o meno causale e casuale).
Questo significa che la crisi economica è stata subito seguita dalla nuova e disseminata produzione di contenuti e dalla loro condivisione sempre più massiccia e capillare.
I primi contenuti con un target generale/generalista sono stati quelli che hanno tentato di spiegare a una grande quantità di lettori online come si sia sviluppata la crisi economica del 2008 (prima), del 2010 (poi) e dell’Eurozona (a più riprese).
Non solo, il crollo totale di tante certezze e l’inevitabile caduta di autorevolezza degli esperti e degli accademici di settore, hanno favorito il veloce proliferare di spiegazioni della crisi che hanno sottolineato l’aleatorietà e l’imprevedibilità d’interi sistemi, saperi e prassi, aprendo la strada a numerose interpretazioni che, fino ad allora, erano state di nicchia, non canoniche e alternative.
Si è così diffusa l’offerta di contenuti dedicati a chiunque sentisse l’esigenza di riprendere fiato dopo lo shock, iniziando magari a capire quali siano le dinamiche capaci di far crollare un equilibrio finanziario che si riteneva incrollabile, nonostante la sua evidente imperfezione.
Contenuti la cui strategia di marketing è stata la promessa di chiarire, innanzitutto e una volta per tutte, come sia avvenuta la crisi economica, con quali dinamiche, con quali tempistiche e con quali causalità. Se vogliamo individuare i due temi maggioritari di questi contenuti possiamo identificare, da un lato, il tema degli stravolgimenti geopolitici che hanno ridisegnato gli assetti economici e, dall’altro, il tema dell’immoralità del sistema finanziario, identificato come malsano, predatorio e speculativo.
Quello della spiegazione della crisi è quindi il tipo di contenuto originario, in cui si sono definite tante nuove prospettive che si sono poi sviluppate in alcuni dei modelli che seguono.
2. Il Contenuto Colpa
“Wall Street Killers”
“Nuove regole per un mercato davvero globale”
“Speculatori: chi sono gli uomini che possono far crollare una nazione”
Se la promessa originaria è stata quella di spiegare la crisi, la questione della colpa è stata fin da subito uno dei temi principali.
Di fronte al caos, sono le identificazioni di chiari colpevoli o le elaborazioni della colpa ad essersi rivelate preziosi punti di riferimento per chiunque abbia voluto creare o produrre contenuti sulla crisi economica.
I Contenuti-Colpa si sono presentati in due forme distinguibili.
Un primo tipo di Contenuto-Colpa è nato all’interno delle stesse culture economiche liberali-liberiste. Di fronte al crollo sistemico si è diffuso velocemente un nuovo sentimento di appassionata e volenterosa auto-moralizzazione.
Un sentimento che ha portato alla diffusa creazione di contenuti dedicati a spiegare e auspicare nuove e possibili forme di regolamentazione dei processi finanziari. A questi si sono aggiunti molti contenuti incentrati su una condanna di tipo capitalista-conservatore degli eccessi della nuova finanza. Diversi articoli e serie di articoli diffusi online sono sembrati veri e propri riti collettivi di purificazione da quella che era stata la seduzione della speculazione sregolata, drogata e psicopatica.
Il target di user e consumatori dei Contenuti-Colpa auto-moralizzanti sono tutti coloro che credono o vogliono credere che la crisi sia stata frutto di uno stato d’eccezione deviato e deviante del sistema economico e che una nuova era di pesi e contrappesi possa far rifiorire un libero mercato sano e portatore di un benessere generalizzato.
Si tratta di un target individuato su un’impostazione appositamente generale e superficiale, non per quanto riguarda la descrizione dell’user, ma per quanto riguarda l’approfondimento concreto delle dinamiche finanziarie. I contenuti che approfondiscono di più, infatti, escono dagli spazi del marketing generalista dei contenuti e hanno più a che vedere con le dinamiche di diffusione dei contenuti specialistici.
Questo vale anche per il secondo tipo di contenuto ispirato alla questione della colpa.
Mi riferisco in questo caso a quel del tipo di contenuto in cui i colpevoli della crisi economica sono stati individuati in specifiche persone, precisi gruppi bancari e determinate corporation multinazionali. Non è stata un’operazione particolarmente difficile: è bastato diffondere online le connessioni, le gerarchie e le attività dei maggiori potentati economici mondiali che, in forme oggettive e inconfutabili, hanno un’enorme influenza sui processi finanziari.
È però molto importante notare come gran parte della creazione e della diffusione di contenuti tendenzialmente anti-capitalisti o post-capitalisti non abbia principalmente ruotato attorno a letture materiali/materialiste della crisi o a letture basate su una strategica critica delle ideologie (impostazioni che ci sono e ci sono state, ma che sono rimaste laterali e minoritarie nei rapporti di forza della diffusione dei contenuti digitali).
Piuttosto, anche i contenuti d’ispirazione anti o post-capitalista hanno insistito sempre di più sugli aspetti più visceralmente morali della crisi economica. Anzi, sarebbe meglio dire che abbiano insistito sugli aspetti più visceralmente immorali.
Così come nel caso dei contenuti di auto-moralizzazione, si possono sottolineare le dinamiche di marketing e di posizionamento dei contenuti-prodotto basati su un istintivo concetto delle responsabilità personali.
L’uso dei concetti di colpa attiva una comunicazione profondamente emozionale, in cui i principi di razionalità sono spesso secondari. Le emozioni di auto-censura e moralizzazione, così come quelle di disprezzo umano e di risentimento personale, diventano molto più vendibili rispetto alle specifiche critiche delle strutture, dei meccanismi e delle tecnologie costitutive degli avvenimenti socio-economici.
In diversi progetti di creazione e diffusione di contenuti online si può osservare come la comunicazione critica della crisi economica sia stata velocemente piegata, più o meno consapevolmente, a più che funzionanti dinamiche di sponsorizzazione e vendita del Contenuto-Colpa.
In alcuni casi il Contenuto-Colpa è mutato o è regredito a Contenuto-Rabbia.
Quello dei Mercanti di Rabbia è forse uno degli aspetti che più confermano la necessità di osservare la comunicazione della crisi economica anche dalla prospettiva del marketing dei contenuti e del posizionamento dei contenuti-prodotto.
Si può dire che le narrazioni della crisi economica abbiano, di fatto, seguito le richieste di un nascente e sterminato mercato dei contenuti, in cui l’emozionalità offre, ad esempio, un potenziale di traffico online molto più immediato, più distribuibile e più convertibile rispetto ai contenuti che vadano oltre la moralizzazione e la rabbia come esperienze di veloce consumo. Questo è anche accaduto, e continua ad accadere, perché un qualsiasi contenuto che sappia congiungersi con l’emozionalità può anche agganciarsi a percorsi di traffico, consenso e condivisione che coprono interi settori di user e consumer. Settori che vanno ben oltre alle nicchie dei temi economici.
Non sembra essere un caso che molti dei Contenuti-Colpa in merito alla crisi economica si siano velocemente integrati e accavallati a forme di contenuto e comunicazione d’ispirazione vagamente mistica, che spaziano dalla riscoperta della moralizzazione ecclesiastica alle più nuove forme di paganesimo, panteismo e spiritualismo.
I destinatari di questi contenuti sono un largo numero di consumatori che richiedono, innanzitutto, la possibilità di identificarsi, riconoscersi e differenziarsi in una nuova cifra morale, che possa chiudere con il passato o superarlo.
In questo scenario s’inserisce in qualche modo un’altra nicchia fondamentale dei Contenuti- Colpa, che è quella genericamente definita come complottista e che, quando realmente tale, può essere soggetta a critica soprattutto nel momento in cui diventa apertamente e continuativamente espressione di un marketing e di un posizionamento del prodotto presso un preciso target di user e consumatori. In questo caso, il target è costituito spesso da user e consumatori di contenuti che desiderano una gratificazione psicologica data dall’accesso a esperienze di esclusività della conoscenza e di padronanza continuata di paradigmi onniesplicativi.
3. Il Contenuto Soluzione – Speranza
“Come uscire dalla crisi”
“Economia del XW3, la nuova via per uscire dalla crisi”
“Uscire dalla crisi? Sì, ma puntando di più sul platino fosfato”
Se esiste un settore che non è in crisi, è quello dei libri su come uscire dalla crisi.
Le ricette sembrano infinite, così come sono infiniti i contenuti creati sul tema. Digitando “uscire dalla crisi” su Google troviamo centinaia e centinaia di articoli, che vanno da autorevolissime teorie economiche a corsi d’illuminazione eco-spirituale.
Uno dei paradigmi più abusati ed emblematici del Contenuto-Soluzione (o, come si vedrà, Contenuto-Speranza) è quello che apre il discorso partendo dal celebre termine cinese wēijī (危機). Come ormai è noto, l’espressione vorrebbe dire sia “crisi” sia “opportunità”.
Il paradigma di partenza alla base di libri, comunicazioni e contenuti è quindi quello della crisi come opportunità per un nuovo mondo, con l’applicazione di teorie economiche e filosofie di vita differenti.
Il discorso della crisi come opportunità dimostra come gli eventi storici eccezionali aprano dibattiti e discussioni enormi, ridando vita all’elaborazione del pensiero e alla ricerca di significato degli umani.
Al tempo stesso, però, riafferma prepotentemente la diffusione dei meccanismi di marketing dei contenuti sulla crisi economica.
In questo caso è interessante notare come il Contenuto-Soluzione venga spesso orientato verso la speranza-come-prodotto e l’ottimismo-come-prodotto, due articoli ampiamente richiesti da ampi settori di user e consumatori in cerca di narrazioni positive, stimolanti e sdrammatizzanti.
Tornando al wēijī (危機), i più attenti studiosi della lingua cinese fanno notare da tempo che wēijī (危機) non significhi obbligatoriamente “crisi+opportunità”. Se il simbolo cinese 危 (wēi) è tradotto abbastanza unanimemente con “pericolo”, l’espressione 机 (jī) è polisemica e può significare opportunità, ma anche inganno, perno, momento cruciale, macchina e altro ancora.
In pratica, la cultura occidentale sembra aver ribrandizzato il wēijī (危機), limitandolo a uno dei suoi significati più suggestivi ed entusiasmanti.
La lettura del wēijī (危機) come crisi+opportunità viene utilizzata spesso anche nella comunicazione e nei contenuti di psicologia e psicoanalisi. Forse considerando l’esempio della psicologia diventa più chiaro come l’opportunità sia solo una delle possibili declinazioni della crisi, e che limitarsi a essa sia un approccio positivamente suggestivo ma non esaustivo.
Anche nel marketing dei contenuti di finanza ed economia, un wēijī (危機) interpretato strumentalmente suggerisce un tentativo di brandizzazione della speranza dell’uscita dalla crisi.
La suggestione positiva funziona in psicologia come stimolo all’attività così come in economia favorisce, ad esempio, un incremento dei consumi.
Tuttavia, al pari delle crisi psicologiche, non ci sono reale superamento ed evoluzione se non subentrano anche l’accettazione dell’abbandono di molte sicurezze e la disponibilità ad attraversare le zone più oscure, senza alcuna certezza di successo.
Al pari delle crisi psicologiche, anche le crisi economiche implicano metamorfosi dolorose. Ad esempio, un modello di uscita dalla crisi può significare l’abbandono d’interi settori di popolazione al loro destino, la rinuncia alla solidarietà sociale o, peggio ancora, l’uso della violenza o la più o meno aperta depredazione di risorse altrui.
Ambiguità, crudeltà, asimmetrie, relatività e incertezze che invece scompaiono, sia nei contenuti di superficiale aiuto psicologico che nei Contenuti-Soluzione-Speranza sulla crisi economica, che funzionano piuttosto per posizionare sul mercato un’interpretazione della crisi come opportunità certa.
4. Il Contenuto Apocalisse
“Come nel ‘29. Dalla crisi globale alla guerra mondiale”
“Le nuove guerre finanziarie del mondo multipolare”
“Game Over. Il crollo che nessuno ti sta raccontando”
Si potrebbe pensare che le narrazioni apocalittiche siano destino di chi viva a cavallo di due millenni. Ma, più seriamente, basterebbe considerare che, nemmeno 25 anni fa, qualcuno aveva proposto allegramente la “fine della storia”. Oggi che, invece, la storia non è per niente finita, si può capire perché si sia diffuso un certo disagio generalizzato di fronte al corso degli eventi globali.
Quello del Contenuto-Apocalisse è, molto probabilmente, un contraltare alle semplificazioni del Contenuto-Soluzione-Speranza. La crisi economica viene interpretata come il primo passo definitivo del susseguirsi di una lunga serie di worst case scenarios, che porteranno a un conflitto globale.
Non conosco statistiche in merito, ma sarebbe probabilmente sorprendente il numero di persone che considerino possibile un conflitto militare imminente, soprattutto seguendo il ragionamento per cui, secondo una diffusa e quasi inconsapevole collettiva coscienza storica, le società umane sono sempre uscite dalle crisi scegliendo la guerra.
Del resto, si tratta di una realtà non immaginaria, che sta già seminando morte e distruzione in più punti della terra e che sembra sempre più sfuggire a quelli che, per anni, sono stati i riti strategici delle diplomazie.
Quella dei contenuti apocalittici che ruotano attorno alla crisi economica, però, diventa una forma d’intensivo marketing dei contenuti quando blinda le proprie stesse coordinate, vale a dire vendendo il prodotto-previsione dell’imminente distruzione come una possibilità certa.
Come si vede e si vedrà continuando quest’analisi, la caratteristica costitutiva dei contenuti-prodotto è proprio quella di dogmatizzare la propria tesi di fondo più riconoscibile, giungendo a quella stessa forma di fanatismo soft di alcune strategie pubblicitarie per cui, ad esempio, uno shampoo è certamente migliore di un altro perché impreziosito da un’esclusività radicale, decisiva e sempre distinguibile.
Esattamente come il Contenuto-Soluzione-Speranza considera e vende come prodotto la certezza dell’uscita dalla crisi, così il Contenuto-Apocalisse vende come prodotto la certezza dello sbocco della crisi in una Terza Guerra Mondiale (veramente mondiale).
La differenza fra probabilità e certezza può sembrare poco rilevante, ma è in questo caso fondamentale, perché è con l’affermazione della certezza che il contenuto diventa soprattutto un prodotto e non anche un prodotto (senza dimenticare che anche le interpretazioni basate sull’equidistanza, la prudenza e il non posizionamento possono altrettanto trasformarsi in contenuti-prodotti).
Indirizzato verso una particolare nicchia di consumatori di contenuti, suggestionati da forme di conoscenza passivo-aggressiva, lo specifico Contenuto-Apocalisse passa da una comprensibile e giustificata nevrosi a una molto più strutturata psicosi; laddove uno degli elementi caratteristici della psicosi può essere il continuo e non conseguente collegamento di elementi ed eventi, con lo scopo di rafforzare una sola possibile narrazione e visione ossessiva del reale. La diffusione del Contenuto-Apocalisse, quindi, si basa sulla costante lettura di ogni avvenimento successivo alla crisi economica come il tassello già deciso/già manovrato del percorso verso una catastrofe più o meno generalizzata.
5. Il Contenuto SuccessStory
“L’azienda di Caveschiullo che vende lamponi al Sultano del Brunei”
“Ecco la startup di Lello Bello, Steve Zuckerberg di San Valcorino”
“Mollo tutto e apro una scuola di volo“.
Il Contenuto-SuccessStory è una delle narrazioni più diffuse e integrate al Contenuto-Soluzione-Speranza.
In uno scenario di sconforto prolungato e di crisi recidiva, il contenuto di quelli che non si arrendono è una vera e propria forma di storytelling terapeutico. Si tratta spesso di narrazioni oggettivamente reali, da cui però vengono tratte conseguenze non altrettanto oggettivamente conseguenti e, a volte, più che strumentali al posizionamento del prodotto.
L’esempio più emblematico è certamente quello della narrazione e della creazione di contenuti relativi al mondo delle startup, la cui stessa definizione contiene già la suggestiva narrazione di ripartenza da un’ipotetica fase zero.
Posso sottolineare personalmente come esista una vera e autentica difficoltà nel non farsi coinvolgere dalle narrazioni della volontà nel mondo delle startup, soprattutto quando si parla dei singoli progetti, che si riconoscono come concreti e intensamente vissuti, ma che favoriscono anche l’introiettare di una convinzione post-calvinista, secondo cui la dedizione e la fatica siano inevitabilmente destinate a essere premiate.
La difficoltà nasce nel momento in cui chi crea contenuti relativi a un progetto imprenditoriale intuisce che la narrazione e la comunicazione stesse diventeranno elementi costitutivi del possibile successo di un progetto. Nei primi anni, nel mondo della narrazione delle startup, è stata spesso messa in atto una nuova forma di responsabilità sociale delle strategie dei contenuti, anche di quelli giornalistici. Comunicazione e narrazione si sono piegate pro bono alle strategie aziendali dell’entusiasmo-come-prodotto e dell’entusiasmo-come-capitale-di-partenza delle startup.
Un meccanismo, questo, che è diventato e diventa qualcos’altro nel momento in cui le necessità delle due parti, progetto aziendale da un lato e narrazione dall’altro, s’invertono, arrivando al funzionante paradosso di una narrazione che non si presenta nemmeno più come supporto strumentale di una startup o di un ecosistema startup, ma che viene distribuita come contenuto-prodotto a se stante, in cui l’ecosistema startup stesso può diventare proprio il target dell’offerta del contenuto-prodotto.
Se la comunicazione delle singole storie di successo era prima solo un’attività di promozione strategica delle singole realtà, presto è subentrato il Contenuto-SuccessStory, da distribuire e vendere in quanto tale, non presso i potenziali clienti di una startup e per la startup, ma presso un vero e proprio segmento indipendente di user e consumatori.
In questa forma i Contenuti-SuccessStory sono diventati un chiaro esempio di marketing dei contenuti, dove il prodotto è quello brandizzato sul concetto dei volenterosi che ce la fanno nonostante la crisi e oltre la crisi e il target è soprattutto costituito da chi consuma il contenuto perché desidera far parte di uno scenario d’innovazione che lo allontani dal vissuto della crisi.
Non solo, è interessante considerare come il Contenuto-SuccessStory sia legato a doppio filo alla narrazione sdrammatizzante della crisi economica anche nel suo tendere a trascurare il canale diretto che va dai capitali finanziari, rimasti senza modelli produttivi efficaci, agli investimenti su modelli produttivi innovativi e in fase startup.
Al contrario di diverse tipologie di contenuto, però, il Contenuto-SuccessStory sembra già in declino, soprattutto nelle sue forme più banali, e l’ambiente di riferimento sembra avere una grande necessità di nuove forme di comunicazione.
6. Il Contenuto Miseria
“Pensionata sorpresa a rubare prosciutto: avevo fame”
“Madre si prostituisce per mantenere i figli”
“Abbiamo incontrato il disoccupato che vuole vendere un rene su eBay”
I titoli immaginari di sopra non hanno niente d’inverosimile e sono drammaticamente reali. La narrazione degli aspetti più tragici della miseria causata dalla crisi si basa su elementi radicalmente oggettivi. È anche grazie alla massiccia diffusione di simili contenuti che si sta creando una narrazione collettiva delle conseguenze più sciagurate della crisi.
Ma non voglio occuparmi di questo.
Quella che va analizzata, in questo caso, non è la palese urgenza e necessità di riconoscere e denunciare la miseria indotta dalla crisi. Quelle che vanno analizzate, dalla prospettiva dei contenuti, sono le specifiche strategie che hanno fatto della miseria una dei più utilizzati e utilizzabili contenuti-prodotto della crisi, fino a creare nuove forme di pornografia della miseria. (Non esprimo alcun giudizio morale in merito alla pornografia, ne considero solo alcune delle tecniche di comunicazione).
Possiamo identificare come pornografia della miseria quei contenuti dove la miseria viene offerta insistendo sui dettagli più spettacolari e osceni, comunicati ed esibiti con lo scopo di eccitare il consumatore dei contenuti.
Al pari dei mercanti di rabbia, la pornografia della miseria utilizza il contenuto nel suo valore di consumo. Questo vale soprattutto quando il risultato del consumo è quella particolare forma di indignazione che si esaurisce in se stessa e che sembra essersi ormai compattata come un vero e proprio prodotto da social media.
Il prodotto Contenuto-Miseria s’inserisce in una dimensione di puro consumo spettacolare ed esperienziale, a cui, ad esempio, seguono molto raramente evoluzioni sociali e si rafforzano, piuttosto, nuove espressioni di paternalismo.
L’esperienza dell’indignazione non significa obbligatoriamente indignazione, anzi, ne è una sublimazione, così come la pornografia è una sublimazione del sesso e non significa obbligatoriamente sessualità.
È inoltre interessante notare come il Contenuto-Miseria venga utilizzato da pubblicazioni e siti web di qualsiasi orientamento politico e culturale, e allo scopo di sostenere le più disparate posizioni e analisi della realtà della crisi, diventando così un perfetto esempio di contenuto-passepartout.
Il Contenuto-Miseria non è certo una novità, ma si può osservare come il digitale ne abbia favorito la sua vincente creazione e distribuzione, soprattutto nelle sue forme più semplificate, che non impongono l’interpretazione secondo le vecchie tecniche televisive, ma che l’interpretazione la suggeriscono, la rendono applicabile e ne permettono la co-creazione così come la co-elaborazione.
Nel suo diventare un contenuto-prodotto passepartout, sostanzialmente isolato dalla necessità di correlazioni e geometrie di significato, il Contenuto-Miseria si è così affermato come uno dei contenuti più utilizzati nel marketing dei contenuti sulla crisi economica.
7. Il Contenuto Analisi del Contenuto
“Comunicare la crisi: come abbiamo raccontato la più grande crisi economica degli ultimi 80 anni”
“Sette modelli di marketing del contenuto sulla crisi economica”
“Perché comunicare online?”.
Perché, come nel caso di questo testo, si cerca di analizzare la comunicazione della crisi?
L’analisi della comunicazione della crisi è sempre più diffusa per un motivo preciso: è ormai chiaro a tutti quanto la stessa comunicazione sia una parte dei processi economici e finanziari.
Soprattutto per quanto riguarda la finanza, la gestione delle informazioni e le tempistiche di comunicazione hanno un ruolo uguale, e sul corto periodo talvolta maggiore, a quello dei risultati produttivi più materiali (o più calcolabili, seppur immateriali).
Stessa cosa vale per il ruolo della comunicazione aziendale delle organizzazioni decisive nel mondo finanziario, quali possono essere le famigerate agenzie di rating, la cui azione di potere comunicativo è da tempo ampiamente discussa e analizzata.
Nel caso di un testo come questo che state leggendo, però, come ho già detto, l’analisi ha piuttosto a che vedere con le strategie dei contenuti e le forme radicalmente nuove dei contenuti digitali. Forme radicalmente nuove che hanno fortemente influenzato l’approccio alla comunicazione su ampia scala della crisi economica.
Si può affermare che l’accelerazione della metamorfosi del mercato dei contenuti possa essere fondamentale nel definire quelle che potrebbero essere le molteplici reazioni collettive a una nuova crisi economica.
Questo significa che, di fronte a una nuova crisi economica, sarebbero modelli come quelli identificati in questo testo a definire potentemente le concatenazioni degli eventi e il sostegno a decisioni più o meno apertamente politiche in merito alla crisi.
Siamo in uno scenario contemporaneo di una comunicazione e un’informazione generalizzate e auto-riproducenti. Seguire, decostruire, costruire e agire nelle dinamiche dei contenuti è quindi diventato uno dei metodi più efficaci per una reale interazione con il corso del mondo.
Il mercato dei contenuti è oggi più visibile, osservabile e riconoscibile.
Le dinamiche di monetizzazione e la pressoché completa tracciabilità dei cicli di vita dei contenuti online hanno stravolto le vecchie geometrie di funzionamento della creazione, della diffusione e della vendibilità dei contenuti.
Il marketing dei contenuti sulla crisi economica si è presentato in molte forme. Quelle analizzate in questo testo possono essere riassunte come le forme dell’estremizzazione e dell’accentuazione spettacolare di alcune caratteristiche vendibili e generalizzabili delle interpretazioni degli eventi, con lo scopo, più o meno cosciente e più o meno programmato, di compattare e definire dei contenuti-prodotto da posizionare presso dei determinati target di user e consumatori. Gruppi di user e consumatori sufficientemente ampi per una sostenibilità del processo di produzione e diffusione dei contenuti.
Il marketing dei contenuti online è quindi l’organizzazione del nuovo consumo di massa dell’informazione e della comunicazione. Un consumo di massa che ha superato l’imposizione totalitaria dei vecchi media e che richiede, invece, momenti di partecipazione alla creazione dei contenuti e d’identificazione tramite la loro diffusione.
Sarebbe un errore considerare l’aspetto marketing dei contenuti come una forma ancora esterna o laterale alle strategie di diffusione del pensiero complessivamente inteso, così come sarebbe un errore continuare a considerare l’aspetto marketing come unicamente declinabile nella sua convenzionale forma pubblicitaria.
Così come l’informazione e la narrazione sono entrate prepotentemente nelle strategie di marketing e della comunicazione aziendale, anche le strategie di marketing si sono diffuse incredibilmente oltre i loro vecchi confini, trovando nelle interconnessioni digitali i percorsi ideali per la propria veloce espansione.
Chiunque voglia oggi occuparsi di comunicazione e delle strategie dei contenuti deve considerare la crescente diffusione di modelli di contenuto-prodotto in scenari dove l’informazione e il marketing dei contenuti si stanno fortemente ridefinendo e continuamente contaminando tra loro.
Chiunque voglia muoversi nell’attuale mondo della saturazione delle informazioni e della continua fuga in avanti delle strategie dei contenuti, dovrà sviluppare una particolare sensibilità per le varie intensità che in ciascun contenuto assumono elementi come il marketing, il posizionamento del prodotto, gli obiettivi comunicati nel messaggio del brand, gli obiettivi che hanno mosso la creazione materiale del contenuto e le ripercussioni sociali della forma e delle distribuzioni dei contenuti.
Perché interrogarsi sugli scopi più concreti della creazione dei contenuti è diventato il momento cruciale di una qualsiasi strategia che sia concretamente consapevole e potenzialmente libera.
immagini: "The Wolf of Wall Street", (2013) "American Psycho" (2000) "The Secret of My Success" (1987) "The Road" (2009) "Trading Places" (1983) "Gangs of New York" (2002) "They Live" (1988)
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