La scuola migliora se accoglie la tecnologia (e i telefonini in classe)

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18 Gennaio 2023

Aumentare gli stipendi degli insegnanti a scuola legandoli al miglioramento del rendimento scolastico dei propri studenti.

È un ingaggio ipotetico che potrebbe essere fornito da un utilizzo nuovo della tecnologia e nel più ampio campo di un’educazione digitale che rinnovi la scuola.

Ne hanno parlato a Milano, tra gli altri,  in una tavola rotonda appositamente dedicata, Maria Dimita dell’associazione Laribinto che si dedica ai ragazzi che soffrono di dislessia; Elisabetta Kriste di T con 0 ente di formazione accreditato in Regione Lombardia, Alessandro De Felice di Spin Off anch’esso ente d’imprese accreditato in Regione Lombardia; Andrea Arnaldi, massimo esperto di e – sport;  Massimo De Donno uno più importanti formatori italiani all’apprendimento

Dal dibattito è emerso prima di tutto – ha detto la dott.ssa Dimita – che a scuola gli studenti sono spesso lasciati soli, isolati, soprattutto quando l’uso del voto serve a determinare una preparazione scolastica che si riverbera sul piano umano, facendo di molti ragazzi degli infelici, perché colpiti nella loro identità, in caso di voto negativo o non rispondente alle loro aspettative, al punto d’ indurre  molti di loro ad abbandonare gli studi.

A queste considerazioni si sono aggiunte quelle del Dott.De donno – Ad di Genio net – secondo cui “in una società nativo digitale come quella scolastica, bisogna affrontare il tema dell’abbandono scolastico provocato dal sistema dei voti, che dovrebbe essere superata dalla cultura del gaming”.

È infatti possibile superare la cultura della sopravvivenza a scuola, ovvero dello studiare per non essere bocciati, trasformandone la presenza in uno stimolo  di felicità ad apprendere con divertimento, facendo della scuola stessa non un luogo del giudizio, ma della formazione, della partecipazione reale alla formazione di una coscienza culturale, sociale e politica. Questo cambiamento passa attraverso il superamento di due paradigmi oggi interpretati come dogmi: il voto come punizione, per addomesticare alla frustrazione; e l’uso del cellulare come risorsa per formare e non come distrazione.

Coniugando infatti l’uso del device in classe e a casa, è emerso dal dibattito,  attraverso l’ausilio di App, il telefonino (o  i-pad)  può diventare la cartina di tornasole per far innamorare dello studio i ragazzi. Se nell’apprendimento di una materia infatti, si consentisse di imparare ogni parte di un capitolo, impedendo di lasciare lacune cognitive su una determinata area, si potrebbe evitare di far trascinare le lacune anche negli anni successivi.

Tutto questo si può fare, se i ragazzi fossero messi nelle condizioni di apprendere attraverso il gioco, come avviene nei videogiochi. Non si passa ad un livello superiore (livello 2) fino a quando il primo non sia pienamente completato.

Lo stimolo al superamento del livello, sganciato da un giudizio che  finisce con il pesare sull’identità, consentirebbe da un lato di divertire lo studente e dall’altro di liberarlo dal ‘peso’ dello studio mutandolo nel desiderio di apprendere con facilità.

Tecniche affinate – ha detto ancora De Donno – dopo anni di ricerche, cui ha contribuito da protagonista il CNR che sulle modalità di come apprende la mente lavora ormai da vent’anni.

“Invece, conclusa l’emergenza pandemica, gli stessi bandi che si occupano di finanziare la ricerca stanno tornando a chiedere la formazione in presenza, anziché capire il valore del lavoro frontale ma da remoto”, ha aggiunto Elisabetta Kriste.

Lavorando infatti con la tecnologia come compagna e non come nemica, è possibile acquisire dati e informazioni elaborandoli nel volgere di pochi minuti e poi testandoli con altrettanta rapidità. Con un guadagno di tempo per gli insegnanti e gli studenti e consentendo a chi tiene un’aula di poter verificare i miglioramenti dei propri studenti, legando all’integrazione del profitto un surplus salariale.

Una strategia win -win sentenzia Andrea Arnaldi, convinto che lo stimolo a migliorarsi appartenga proprio alla cultura dello sport che il gaming sollecita e favorirebbe poi le imprese anche nel lavoro sulle soft skills, troppo spesso tralasciate nella formazione all’inserimento. Tesi condivisa da De Donno che accanto alla scuola di formazione ne ha creata una appositamente dedicata alle Soft Skills. Una vera e propria accademia che lega allo studio, l’nserimento nel mercato del lavoro.

La scuola può cambiare insomma se accettiamo di usare gli strumenti di cui siamo dotati, senza averne paura. Offrendo opportunità anziché continue restrizioni

 

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CAT: Internet, Milano

2 Commenti

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  1. massimo-crispi 1 anno fa

    La scuola non migliora se si usa la tecnologia e basta. La tecnologia è un mezzo, ma se non ci sono i contenuti da veicolare, resta quello che è, una macchina e bona lè.
    L’uso sfrenato che della tecnologia fanno i ragazzi, e non solo loro, non porta a niente. La tecnologia non fa che amplificare l’esistente e se l’esistente è la banalità la tecnologia aiuterà la banalità ad assurgere ai massimi ranghi, come succede.
    Ci vogliono i contenuti.
    Mi sembra di sentire quella sciagurata mamma finlandese, turista e mamma per caso, che si stupiva del tempo passato in classe, anziché all’aperto, per gli allievi nella scuola dove aveva iscritto il figlio. L’aria farà anche bene, ma è soprattutto importante ciò che imparano i ragazzi.

    Questa mitizzazione del gioco, o gaming, visto che bisogna per forza usare parole straniere per farsi capire, usata in senso deleterio, non ha bisogno di un telefonino o di un tablet, dove i ragazzi passano fin troppo tempo durante il giorno.

    Il gioco è il disegno, il gioco è la musica, il gioco è scrivere un racconto, il gioco è fare teatro insieme, non passare a un livello superiore come in un videogioco dove si sono uccisi tutti i mostri che si oppongono all’esploratore.

    Il gioco lo fa l’insegnante, che dev’essere in grado di captare l’attenzione degli allievi, i quali non devono essere distratti dalla chat e mandare faccine e cuoricini o foto porno al vicino, o fare il video al sedere della bella di turno del banco davanti, perché questo succede. La tecnologia va usata ma non abusata.

    Gli allievi devono tornare a tenere la penna in mano e scrivere in corsivo, a cominciare dalle aste, se non lo sanno fare, perché è dall’organizzazione dello spazio e dall’ordinarlo su un rigo che parte il pensiero, non da una macchina che calcola per te, lasciandoti più ignorante di prima.

    E questo nonostante ci possano essere i cosiddetti “serious games”, tipo i Venti mesi o Se mi ami non morire. La vita non è un videogioco. Se insisti sul videogioco poi si sviluppa la dipendenza da immagine e da schermo, dove c’è uno schema e se si esce fuori dallo schema, il gioco, programmato per andare avanti in un unico modo, non ammette varianti perché la strategia dev’essere quella decisa dalla macchina e basta. Non credo che sia la soluzione per un pensiero elastico e diversificato.

    I ragazzi che disegnano usano ormai quasi tutti solo colori saturi perché quelli sono i colori che vedono sugli schermi, senza sfumature. E infatti vengono su senza sfumature, come negli USA e nei paesi dove la fantasia non si riesce più a sviluppare. La maggior parte degli “esperti” si basa su studi fatti negli USA. Bell’esempio.

    Quindi no, no ai telefonini in classe. In classe si sviluppa il pensiero, la scrittura a mano, la parola, il dialogo e, magari, si impara la lezione.

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  2. ilballodeizanzoni 1 anno fa

    Ma l’autore e gli autoproclamati esperti seduti alla tavola rotonda sanno di che cosa parlano? Quando si sono seduti per l’ultima volta per una settimana di seguito di fronte a una classe normale e non a una platea che ha pagato per ascoltarli?
    Che cosa ha da dire sulla scuola gente che sfodera frasi come “è un ingaggio ipotetico” senza vergognarsi di non riconoscere un falso amico della lingua francese? Dobbiamo imparare qualcosa dal massimo esperto di “e-sport” parola ridicola che abbina lo sport a persone che passano ore sedute alla playstation?
    Però un’utilità questo articolo può averla: se ne assegni la lettura a una classe e la si inviti a evidenziarne le incongruità provando a immaginare una classe in carne ed ossa (non una serie di lezioni web per gente che non si conosce, non è mai vista e mai si vedrà) in cui si applica la didattica dei livelli superiori.

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