Chi possiede Twitter può comandare sul mondo

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26 Aprile 2022

Il multimiliardario sudafricano Elon Musk ha comprato, per 44 miliardi di dollari, il social network Twitter, che conta al mondo oltre 200 milioni di abbonati. Ha immediatamente spiegato che la sua operazione non ha come obiettivo guadagnare soldi, ma influenzare il dibattito democratico, aprendo per Twitter nuove strade che permetteranno la libera espressione di tutti.

Il significato di queste parole è chiarissimo: con questa operazione, Musk ha un’influenza politica paragonabile, se non superiore, a quella del presidente degli Stati Uniti, della Russia ed altri potenti sparsi per il pianeta che, fino ad oggi, avevano usato Twitter per propagare la loro visione del mondo, aprendo un dibattito giusto e necessario sulle cosiddette “fake news”, ovvero le bugie fatte passare per verità in uno spazio telematico senza alcun controllo.

Specialmente dopo aver visto l’effetto degli interventi di manipolazione politica operati dalla Russia sostenendo Donald Trump e Marine Le Pen, credo che sia chiaro a tutti quanto quest’arma sia temibile e pericolosa. Negli ultimi mesi, Facebook e Twitter prima di tutti, avevano cercato di moderare l’esplosione di queste Fake News intervenendo sui profili fittizi, generati da un computer, e che lasciano credere al pubblico che una determinata affermazione sia sostenuta da milioni di persone al mondo, perché quel sistema di intelligenza artificiale produce milioni di click in pochi secondi.

Allo stesso tempo, diversi Stati stanno cercando di operare nella stessa direzione, promulgando leggi restrittive e creando strutture di controllo della rete. Tutto ciò lascia un sapore amaro in bocca. È chiaro che ciascuno di noi vorrebbe avere a disposizione un’informazione corretta, documentata e veritiera, ma è altresì vero che quasi nessuno ha voglia di investire ore ed ore del suo tempo per costruirsi un’opinione critica.

Il dibattito sulla libertà di espressione e di pensiero diventa così un dibattito su chi abbia il diritto di decidere se un’informazione sia una verità o una bugia. Basta guardare agli esempi della Cina, del mondo Arabo e della Russia per capire che, se un regime dispotico ottiene il controllo sul sistema industriale di un paese, ottiene anche il controllo sulla scelta delle verità. L’ondata neonazista che da qualche anno allaga l’Europa e, negli Stati Uniti, ha prodotto il fenomeno Donald Trump, dimostra che la potenza della propaganda di regime va molto al di là dei confini nazionali – basta vedere il fatto che due elettori su cinque, in Francia, hanno votato per una candidata apertamente sostenuta dalla Russia, nemica giurata dell’Unione Europea, e le cui ricette economiche e sociali sono certamente il motivo per cui molti francesi, spaventati a morte, hanno votato un candidato per cui non provano alcuna simpatia, ma rispetto a Marine Le Pen persino l’Orso Yoghi ed il pasticcionismo grillino sono meglio.

Non esiste un metodo democratico per stabilire se una notizia sia vera o falsa. Da sempre, i governi degli Stati, non importa da quale parte della Guerra Fredda sedessero, hanno taciuto, manipolato, ingannato, mentito. Per oltre un secolo, la libera stampa, il Quinto Potere, è stato l’unico modo efficiente di moderare le spinte antidemocratiche dei governi. Ora quel mondo è scomparso, i giornali sono sempre meno letti e sono in balia dei social networks. Le leggi contro la Fake News sono (tutte) leggi per la limitazione della libertà – in una situazione di crescente militarizzazione del pianeta, di decrescente importanza dei sistemi elettorali democratici e dei sistemi di contrattazione sindacali, di esplosione dell’analfabetismo di ritorno, dell’annientamento del sommo valore della singola vita umana.

Non so dove ci porterà tutto questo. Chi legge gli articoli scritti dal team di IBI World (Paolo Fusi, Claudio Oliva, Gelena Katkova, Simone Coccia, Silverio Allocca, Luca Franci e Zeinab Ltaif) vede bene che cerchiamo di documentare con un largo uso delle note a piè di pagina tutte le affermazioni dei nostri reportage – e ciò non di meno siamo costretti a batterci contro le denunce e contro gli strali dei sistemi di controllo. In Francia, ad esempio, il quotidiano elettronico Mediapart ha sospeso il nostro account per un mese a causa di un articolo critico nei confronti del governo svedese.

Ma tutti noi siamo solo un bruscolino nell’occhio, tutt’al più. Se Elon Musk trasforma Twitter in una piattaforma apparentemente democratica che, come obiettivo, ha quello di stabilire quale notizia sia vera e quale sia falsa, quale politico locale sia quello giusto e quale quello sbagliato, quale guerra legittima e quale illegittima, ci avviamo a grandissima velocità verso un mondo distopico che, fino ad ora, avevamo solo visto nei film catastrofisti e fantascientifici.

TAG:
CAT: Legislazione, Telecomunicazioni

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