Decalogo 5: non uccidere
Omaggio a Krzysztof Kieślowski
Il ragazzo feroce di rabbia si sfoga
contro chi non si merita rabbia,
bersagli indifesi incolpevoli
da punire per troppa noiosa
innocenza. Lorda una vetrina
pretenziosa, spaventa stupidi
piccioni zampettanti, scaglia
sassi dal cavalcavia sugli ignari
passanti. Poi stringe tra le mani
la corda assassina, meditando
un’atroce sentenza di morte.
Anche la vittima ha le sue colpe,
ebete grasso di laidezza, indegno
di esistere. Strozzarlo quindi,
spaccargli la testa, buttarlo
nel fiume: non pensare
ai suoi occhi sbarrati, ai piedi
contratti, alla smorfia del volto
sgomento. Con calma finire
il panino che il porco aveva iniziato;
un peccato lasciarlo ammuffire.
Tu non ucciderai. Non spargerai sangui viventi
che gridano a me dal suolo, lì dove sono sparsi.
O della vita tua chiederò conto, e sarai sottoposto
a giudizio. Non far morire l’innocente
e il giusto, non sfinire nemmeno chi ha sbagliato,
per non essere bandito dal mio altare.
Domina la tua ira e il desiderio, non cercare
vendetta contro ciò che respira nel creato.
Perfino un bruco è stato amato e scelto,
io l’ho voluto e così costruito:
unico e solo.
Grottesco il trionfo omicida
si affaccia alla mente,
vittoria istantanea esultante
eterna irrimediabile sconfitta.
Il male esploso: da dove il male,
furente grido, grido abissale,
assoluto potere di un gesto
di sfida sovrumana.
“Sono forse il custode di qualcuno?
Nessuno è come me, se uccido”.
Il ragazzo assassino pagherà
la sua colpa all’ordine sociale
trasgredito. Il boia generoso
gli concede un’ultima boccata
di fumo senza filtro.
Non la corda che ha usato
per strozzare, ma un’altra
lo attende più pesante:
il suo corpo bambino penderà
irrigidito, burattino innocente
come mai era stato.
Dalla raccolta inedita “Decalogo”.
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