Dialogo tra il direttore del Tg e la sua assassina (Racconto breve)

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13 Maggio 2021

Mi ritrovo, all’ora della pausa di lavoro, in un ristorante nei pressi del Duomo. Appartato in un angolo in fondo al locale, consumo, senza appetito e tutto solo, un pasto che forse neanche mi piace. In controluce, avanza con un passo armonioso una figura di giuste proporzioni, fino a fermarsi a un passo da me. Respiro un profumo tenue e dolce, prima di alzare lo sguardo dal tavolo che fissavo da chissà quanto tempo.

“Buongiorno signor direttore, come va?”

Avvolta in un grazioso cappottino verde, da cui esce un foulard a fantasia che dà sull’ocra, una donna snella, di media altezza, con il volto radioso e sorridente, mi è di fronte: è Antigone, la donna che ho conosciuto la scorsa settimana sul volo Catania-Milano! Resto stupito, ammutolito, e solo dopo qualche attimo riesco a dire:

“Buongiorno! Che piacere rivederla! Si accomodi, prego. Mangi qualcosa insieme a me!”

“Mi siedo per un caffè, grazie. Trovarla è stato più difficile di quanto pensassi. Le informazioni che ho sul suo conto mi hanno portata da tutt’altra parte. In ultimo, ho seguito una traccia che mi ha condotto qui, finalmente alla meta. Accidenti, quanti ristoranti frequenta! Sono stata in ben cinque posti prima di questo e tutti abbastanza distanti l’uno dall’altro!”

“Lei, ha preso informazioni su di me?”

“No, me le hanno semplicemente consegnate.”

“E, chi, se posso osare chiederglielo?”

“Mi dispiace, non le è dato saperlo.”

“Mi dirà, almeno, perché mi ha cercato?”

“Per vederla, ovviamente.”

“Ne sono contento. Pensavo che lei mi detestasse, che mai avrebbe desiderato vedermi di nuovo”.

“Dovevo necessariamente rivederla. Sono abituata a portare al termine i miei propositi”- Dice con un tono che ha del sensuale. Resto disorientato. Non riesco a farmi un’idea ben precisa della persona che si è seduta al mio tavolo, prendendo posizione alla mia destra. Il suo atteggiamento confidenziale e gentile mi scombussola, non c’è dubbio. E, allo stesso tempo, mi mette in guardia da qualcosa che non saprei definire. Non sarà mica una donna psicopatica, che ha reazioni improvvise e nervose, come quella che ha avuto durante il viaggio in aereo, quando mi ha apostrofato con eccessivo vigore mostrando tutta la sua insofferenza per i favoreggiatori del Premier? Mentre faccio questo pensiero, la osservo, sorridendo appena. I suoi occhi scuri sono lucidi e abissali. Mi osserva come se avesse davanti l’uomo della sua vita, con quell’energia che le donne ricevono dal flusso del sangue e dal battito del cuore. E, se anch’io, chissà per quale motivo, le piacessi, come lei piace tanto a me? Se quella reazione rabbiosa in aereo non fosse stata altro che la ripercussione di un sentimento verso un uomo, che, in fondo, ammira?

“Io, rientro in un suo proposito?” – Le chiedo.

“Ci rientra in pieno”.

Segue un altro momento di confusione, durante il quale mi chiedo cosa realmente possa volere da me questa donna. Possibile che voglia sedurmi? E, se si, per il piacere di farlo, o perché vuole ottenere qualcosa in cambio? Mentre mi perdo in questa riflessione lei mi fissa divertita, con occhi ammalianti, che le conferiscono un’aria irresistibilmente accattivante, ma anche ironica. Chi è mai costei? Mi domando con un’ombra di preoccupazione. Decido di investigare senza ricorrere a stratagemmi di sorta per camuffare la mia intenzione e passo a chiederle:

“Lei, vive a Milano?”

“La mia famiglia è milanese, ma io vivo in Grecia da molti anni”.

“Si occupa, forse, di archeologia?”

“Lei fa associazioni troppo facili e, per questo, sbagliate. Se le racconto qualcosa sulla mitologia, come quando ci siamo conosciuti, lei mi dice che sono una professoressa di lettere o storia dell’arte, poiché le viene in mente il nozionismo, o qualcosa del genere; se, invece, le rivelo che vivo in Grecia, lei mi trasforma in un’archeologa, poiché pensa alle antiche rovine.”

“Vero, sono uno sciocco”.

“Non più di qualsiasi altro uomo di potere di questo triste paese”.

E, quest’ultima frase, me l’ha rivolta accompagnandosi a un’espressione gentilissima, come se quelle parole componessero un complimento e non un’offesa. Mi accorgo che prende a guardarmi con tenerezza. Almeno, così mi sembra. In fondo, lei è una persona che potrebbe essermi superiore da tanti punti di vista. La mia auto-stima cede di colpo. Sento di non essere alla sua altezza. Forse non sono nemmeno scaltro quanto lei, sebbene abbia sempre creduto di esserlo più di chiunque.

“Gli uomini, talvolta, si sentono infallibili, mentre in verità sono molto vulnerabili, anche se sono in posti di comando e in vista, come lei.” – Mi dice in un modo che appare quasi materno. Nel suo sguardo, ora, intravedo onnipotenza. Lei mi ha appena dimostrato che legge chiaramente i miei stati d’animo. Non resisto più alla tentazione di sapere chi, realmente, sia questa donna. In modo diretto le domando:

“Mi dice, per favore, lei chi è e che cosa fa nella vita?”

“Gliel’ho già detto in aereo, quando ci siamo conosciuti. Sono Antigone e faccio l’eroina.”

“Non scherzi, ho bisogno di saperlo. Lei mi appare come una donna alquanto misteriosa e non so come continuare a rapportarmi nei suoi confronti”.

“Si comporti come meglio crede, seguendo il suo istinto e facendo ricorso alla sua coscienza. D’ora in poi avrà bisogno di apparirmi al meglio delle sue possibilità se vorrà evitare il peggio”.

“Non capisco, cosa vuol dire?”

“Senta, direttore, mi creda, parlerei con lei per ore, forse anche per giorni, per farle comprendere pienamente perché una donna come me si mette in cerca di un uomo come lei, ma temo di non avere molto tempo a disposizione. Sa, ho molti impegni. Seguo da molto tempo il suo lavoro giornalistico, in maniera assidua e con estremo interesse, attenta a non farmi sfuggire niente. Ho studiato nei minimi particolari e in ogni sfumatura il suo modo di dare e commentare notizie. Ho maturato una concezione molto precisa del suo lavoro. Vorrei solo essere oltremodo sicura che il mio giudizio su di lei non risulti imperfetto e non presenti un difetto di valutazione. Ecco, perché le chiedo, gentilmente, di concedermi un po’ del suo tempo per rispondere a qualche mia domanda”.

La richiesta, espressa con molta affabilità, mi sorprende. Non riesco a intuire il suo intento e a capire quali siano le sue reali intenzioni, al di là di un probabile confronto di idee o di teorie sulla maniera di fare comunicazione. Desideroso di stare ancora insieme a lei, mi rendo disponibile e la invito a pormi le sue domande:

“Prego, mi dica pure, è un piacere per me soddisfare qualche sua curiosità sul mio conto”.

Lei mi guarda con un’espressione sempre più affabile, ancora più dolce e docile, come a ringraziarmi per averle concesso il mio tempo che, diversamente, non avrei impiegato in maniera altrettanto piacevole. Dopo aver fissato per qualche momento il mio orologio “Rolex”, mi chiede:

“Egregio direttore, perché nel panorama generale dell’informazione, tranne qualche sporadica eccezione, più nessuno racconta il paese reale?”

“Il concetto di realtà, talvolta, diventa opinabile. A mio modo, per esempio, ritengo di raccontare alla gente cose che non fuoriescono dalla realtà”. – Le rispondo risoluto.

“Veda, signor direttore, io ho sempre pensato, invece, che la realtà sia una sola, opinabile nei limiti del buon senso, non a dismisura, come evidenziano i giornalisti come lei”.

“L’informazione, da sempre, interpreta la realtà come meglio crede. Se lei non ha una buona concezione del giornalismo italiano, deve considerarlo e giudicarlo nella sua totalità, non parzialmente, scegliendo la parte da colpire”. – Rispondo, risentito.

“La casta dei giornalisti è ampia. Davanti a me ho il rappresentante, che più di tutti, ne interpreta la deformazione. Per questo ho cercato lei e non altri. Per il resto potrei anche concordare con lei: quasi tutta l’informazione nazionale non assolve al suo compito. Ai direttori di telegiornali e quotidiani non conviene dare un quadro attendibile della precarietà delle famiglie italiane, poiché a nessuno dei protagonisti della vita pubblica giova creare un clima di emergenza intorno ai problemi reali e vitali che interessano il Paese. Così, politica e informazione diventano campi coincidenti, affinché la loro legittimazione non venga messa in discussione, stringendo un patto tacito di sopravvivenza a discapito, naturalmente, dei cittadini, dei compratori di giornali e dei telespettatori. Qualcuno, con le sembianze di un ragioniere e un cervello medio, anni fa, alterò la funzione della politica fino a ridurla a mero esercizio mediatico. La Sinistra non trovò niente di meglio da fare che adeguarsi a questo improponibile sistema, snaturando una tradizione culturale che pure le era sempre appartenuta. Oggi, in un clima d’inflazione culturale prima ancora che economica, si assiste increduli ai blà blà blà televisivi di governanti e oppositori intorno a falsi problemi e a falsi propositi. Sono sempre gli interessi personali e dei clan a farla da padrone. Tutto questo è volgare, disonesto, insopportabile. Come vede, non ho predilezioni particolari nei riguardi dello schieramento della politica e dell’informazione. E non mi giudichi un’anarchica insurrezionalista o qualcosa del genere. Sono solo una persona che rivendica giustizia, onestà, rettitudine, come ce ne sono tante. Ora, mi dica signor direttore, non crede che lei, col suo mestiere, perpetui il male, diffondendo consapevolmente un’informazione contraffatta, alterata ai fini di servire e propagandare un regime politico che relega nel disagio chiunque non lo prediliga e vi aderisca?”

“Le sue opinioni sono rispettabili e, sicuramente, lei non è una cittadina sprovveduta. Per quel che concerne la sua domanda ho da fargliene un’altra: lei forse si trova in una situazione di disagio per causa mia?”

“Io, personalmente no. Ma migliaia di famiglie italiane sono interessate da una situazione di stento, di disperazione e di frustrazione a causa di uomini immorali che non assolvono al loro compito di governanti e di politici. Trova giusto essere al servizio di questa gentaglia e truffare, quotidianamente, chi magari anche per caso si trova a seguire il suo telegiornale?”

“Premesso che io non obbligo nessuno a seguire il mio lavoro in televisione, penso di non estorcere nulla ai telespettatori”.

“Mi scusi, direttore, ma non crede che dare in pasto a una platea informazioni tendenziose col solo scopo di coprire le azioni illecite e arbitrarie di chi governa una nazione sia, in qualche modo, una truffa?”

“Questa è una sua opinione che naturalmente non condivido. Se non si vuole seguire il mio tg basta cambiare canale”.

“La prego, direttore, non sia misero e ovvio. Ho fatto un viaggio piuttosto lungo e impegnativo per venirla a cercare, sottraendo tempo prezioso ad altre faccende. Sono una persona abitualmente mite, ma divento un po’ nervosa quando il mio interlocutore si rifugia nella banalità. Trovo aberrante che un servizio pubblico si attrezzi di un telegiornale come il suo, a prescindere da chi lo segue. Veda direttore, quando scorgo un’ingiustizia grave compiuta ai danni del popolo, che mi dà particolarmente modo di pensare all’imperfezione e alla degenerazione del potere politico, mi reco dalla persona che se ne rende colpevole chiedendogliene direttamente conto. Fino a prova contraria, lei, gentile direttore, supportando gli abusi che alimentano il potere da cui dipende e da cui riceve denaro per svolgere una vita agiata, commette una di quelle ingiustizie che richiede, per così dire, il mio intervento. Le chiedo di avere ancora un po’ di pazienza e di rispondere a quest’altra domanda, per favore: quando lei alimenta tanto ottimismo col suo tg, pensa mai ai tanti padri che si sentono umiliati dal non poter comprare lo zainetto richiesto dai propri figli? Alle madri che sono in cerca dei mestieri più umili per poter contribuire maggiormente al sostentamento della famiglia? Ai giovani disperati che dopo aver conseguito un titolo di studio, con estremi sacrifici economici, non riescono a trovare un’occupazione perché non sono protetti dall’apparato che lei decanta?”

La guardo e cerco di capire dove il suo ragionamento vuole andare a parare. Dopo un breve silenzio, durante il quale mi fissa con occhi di ghiaccio, riprende:

“No, non ci pensa mai. Naturale. Sarebbe mostruoso se, diffondendo le sue sciocchezze in tv, avesse davanti agli occhi la costernazione di tanta gente. Non pensa, illustre direttore, che bisognerebbe invertire una tendenza che sta portando questa nazione a esprimere una società tra le più insensate del mondo?”

Decido di reagire, con calma, a un clima che va facendosi pesante, da inquisizione:

“Con questo tipo di discussione, mia cara, lei non mira a diventare mia amica, ma il mio giudice morale!”

“Ha quasi indovinato. Non sono qui per diventare una sua amica. Non voglio credere che lei sia tanto stupido da averlo pensato. Sono qui, molto vicino a lei non per essere il suo giudice, ma il suo giustiziere. La prego, resti calmo e soprattutto fermo, altrimenti il nostro dialogo finirà qui e, cosa che più dovrebbe importarle, anche la sua abominevole esistenza”.

Resto strabiliato, sbalordito, incredulo. Incomincio ad avere paura. La minaccia mi appare inequivocabile! Atterrisco quando lei estrae dalla tasca del cappotto un revolver. Col braccio teso sotto il tavolo, lo punta verso di me.

“Non si faccia strane idee, signor direttore. Non appartengo a nessuna organizzazione terroristica.  Detesto il terrorismo, procura solo morte e dolore. Credo invece nelle iniziative portate avanti attraverso il pensiero e la passione. Ora, sia gentile, risponda a questa domanda: crede o no che il suo padrone, assecondato dai suoi alleati e dai servi dell’informazione, come lei, sia riuscito a rendere normale anche un linguaggio goliardico, strutturalmente volgare e grettamente maschilista?”

“Cara signora, il mio padrone, come dice lei, usa il linguaggio che più gli è proprio. Se viene preso a modello, è segno che egli riesce a esercitare un carisma”.

” E mi dica, direttore, non le rimorde la coscienza esaltare pubblicamente un simile modello negativo di comportamento? Come può costantemente beatificare chi commette ripetutamente nefandezze? Lei loda l’immagine infausta di un individuo posticcio in ogni suo aspetto. Lei esalta il carattere meschino di un uomo di potere che cerca per sé e i suoi protetti la condizione migliore, speculando sui bisogni essenziali degli altri. Lei, miserabile direttore, cerca con la sua insulsa mediazione di far passare per virtù ogni schifezza commessa dal suo padrone, sostenendo la menzogna e diffondendola quanto più è possibile. Lei contribuisce a imbruttire il mondo quanto un qualsiasi malfattore”.

“Gentile signora, mi perdoni, ma credo che lei sia mossa dall’odio. Non trovo logico da parte sua fare certi paragoni, accostandomi a un mascalzone qualunque. Se mai lei volesse uccidermi, dandomi colpe che non mi assumo, commetterebbe comunque un atto violento. Metta giù quell’arma, le prometto che non la denunzierò alla polizia.

“Le sembra possibile, ignobile direttore, che dopo aver fatto tanta strada e fatica per incontrarla, una volta trovatami al suo cospetto mi lasci convincere di rinunciare al mio intento?”

“Benedetta signora, lei si metterà in un guaio serio! La prego, deponga la sua arma, si metta l’animo in pace e parleremo, se vorrà, per tutto il tempo che lei desidera”.

“Lei è più stupido di quanto pensassi. Solo per questo dovrei ucciderla. Crede che io desideri parlare con lei per soddisfare una smania o per guarire una frustrazione? Sto conversando con lei, ponendole delle domande, soltanto perché voglio ascoltare le ultime parole scialbe di un uomo che cerca goffamente di scampare al destino che lo attende. Lei non è in grado di offrirmi un motivo per rinunciare ad eliminarla”.

“Rifletta, sant’Iddio! Cosa guadagnerebbe da questo omicidio, santa signora? Vale veramente la pena uccidere una persona per così futili motivi, facendosi chissà quanti anni di carcere?”

“Non sono mai andata in galera, signor direttore e non credo che ci andrò mai. Sono incensurata, pur avendo regolato altre faccende come queste. Sono piuttosto brava nel mio lavoro e di solito prendo molte precauzioni. Il mio gingillo è dotato di un silenziatore molto sofisticato. Nessuno si accorgerà di niente quando le sparerò. Quando la scopriranno priva della sua insignificante vita, io mi sarò già dileguata. La polizia cercherà una donna bruna, che nel frattempo ha indossato una parrucca bionda e rivoltato il suo cappotto double face, che da verde è diventato nero”

“Ma, lei chi diavolo è? La supplico, non commetta un assassinio insensato!”

“Si calmi e non alzi la voce, altrimenti l’assassinio avverrà in questo momento! Sappia che se anche lei gridasse con tutto il fiato che ha in corpo, o cercasse di fuggire, riuscirei comunque a ucciderla e a squagliarmela. Alzi un’altra volta la voce e si ritroverà all’inferno!”

“Signora benedetta, non posso credere che lei sia un’assassina di professione. La scongiuro, mi dica che non è vero e che non ha nessuna intenzione di spararmi”.

“Saranno in molti quelli che penseranno a lei come una persona arrogante e autoritaria, giacché ha fatto fuori dal tg gente che non era disposta a scendere tanto in basso come lei. Trovo che lei sia solo ridicolo, come in questo momento. Risponda a quest’altra domanda: crede che il suo idolo sia più impegnato a risolvere i bisogni reali di tanti italiani, garantendo a tutti la possibilità di una vita migliore, o sia più preoccupato di garantire un’invulnerabilità e una ricchezza spropositata per sé e i suoi adepti?”

“Cosa vuole che le risponda? Ogni capo di governo ha i propri limiti. Per il resto, mi creda, ho sempre avuto stima per le persone che, come lei, credono in una giusta causa. Si convinca che io non sono e non rappresento il male da sopprimere!”

“Oh, lo so bene. Lei è soltanto una minuscola parte del male da cancellare, perché minuscola è la sua persona. Ma il male lo si sconfigge eliminandolo poco alla volta, partendo dal basso, dalla sua entità più debole.”

“Signora, lei si sta mettendo in una faccenda che potrebbe arrecarle molto danno. La prego ancora una volta di porre fine al suo gioco pericoloso”.

“Dica la verità, se lei potesse, mi farebbe subito arrestare, vero?”

“No, non lo farei”

“Bugiardo. Abituato a mentire per mestiere, ora mente per paura. Non si guardi intorno per cercare aiuto! Le giuro sulla tomba di mio padre che se lei prova a muoversi da quella sedia le scarico addosso tutti i colpi contenuti in questo revolver!”

“Mia cara, io non posso rappresentare per nessuno un male così grande da dover essere annullato a prezzo della vita. Rifletta, lei è abbastanza ragionevole per non commettere una sciocchezza del genere”

“Concordo, ragiono abbastanza. Se non avessi ragionato e riflettuto convenientemente non sarei venuta a cercarla per impedirle di continuare a svolgere il suo sporco lavoro. Lei non merita di esistere!”

La misteriosa donna, la cui identità a questo punto mi è ancora del tutto estranea, tira fuori il braccio da sotto al tavolo e mi punta l’arma in pieno viso. Sta per sparare quando, terrorizzato, emetto un grido di paura di fronte a una morte che penso ormai prossima ad arrivare. La donna preme il grilletto. Dalla breve canna del revolver esce un sottile fiotto d’acqua che m’inonda il volto.

Antigone mi scarica addosso tutto il serbatoio di quel maledetto giocattolo. Mi porto le mani in faccia per asciugarmi, ma mi accorgo di essere solo molto sudato.

Mi alzo dal letto, sorridendo in maniera nevrotica, alla maniera di chi ha appena scampato un grosso pericolo. Abbandono un sogno terribile e angosciante e mi preparo una camomilla. Non ne prendevo da tempo.

 

( by oscar nicodemo)

 

 

TAG: letteratura, politica italiana, racconto breve, Tg
CAT: Letteratura

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