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Letteratura

“Io sono un po’ strega!”

di Filippo Cusumano
25 Maggio 2021

Siamo in pochissimi nello scompartimento del Freccia Rossa che mi riporta a Venezia.
Tutti rigorosamente distanziati e provvisti di mascherina.
A pochi metri da me riconosco due colleghi che non vedevo ormai da quindici anni, più o meno dall’epoca in cui ho lasciato l’Azienda.
Li riconosco con qualche incertezza, per via della mascherina.
Anche loro riconoscono me.
Di uno dei due, che all’epoca consideravo poco più di un ragazzino, mi sorprende la trasformazione: era un giovanottino magrissimo e con i capelli lunghi, adesso è un omone pelato in evidente affanno per il sovrappeso.
Proprio da lui, una volta scattato il riconoscimento, mi arriva il complimento più ingombrante:”Lo sai che non sei cambiato per niente?”.
Non è vero naturalmente.
Ma la frase è gentile, mi dispiace solo di non avere abbastanza faccia tosta per ricambiare.
Mi limito ad un generico “Anche tu sei in gran forma!”.
Segue la rievocazione del bel tempo che fu. E’ un discorso che sento spesso quando incontro i colleghi rimasti in Azienda: “Non sai cosa ti sei risparmiato! L’azienda che hai conosciuto tu non esiste più! Hai avuto la fortuna di andartene nel momento giusto…”
Esauriti i convenevoli di rito, i due ex colleghi prendono posto in carrozza.
Sono a pochi passi da me e sento praticamente tutto quello che dicono.
All’inizio parlano di lavoro. Discorsi grigi, niente di interessante.
Poi passano a raccontarsi alcuni fatti personale.
Sento uno dei due che dice all’altro: “Ho sposato una strega!”
“In che senso?”, chiede l’altro.
“Non le sfugge niente!”
“Perchè? Hai qualcosa da nasconderle?”
“Ma và! Semplicemente qualche volta ho delle preoccupazioni, che riguardano soprattutto il lavoro, che vorrei evitare di condividere con lei per non ammorbarla…”
“E lei invece ti becca subito?”
“Esattamente. Ci mette un nanosecondo per capire che ho avuto una giornata storta!”
Penso immediatamente ad una mia collega con la quale in azienda mi era capitato di condividere la responsabilità di un grosso progetto organizzativo.
Lavoravamo fianco a fianco consultandoci continuamente.
Un giorno andammo al bar a bere un caffè e quando stavo per pagare, lei mise una mano dentro il mio portafogli, afferrò con la velocità di una gazza un pezzetto di carta e, ridendo, disse : “Voi uomini siete tutti uguali, avete sempre il portafogli pieno di pezzi di carta inutili”
In effetti il pezzo di carta era lo scontrino di un bar. E tenerlo nel portafogli non aveva senso.
Non potei fare a meno di ridere con lei, poi le chiesi:
“Scusa, ma se invece di essere uno scontrino, quel pezzo di carta fosse stato il referto di un’analisi clinica che volevo tenere riservato?”
“Non ti preoccupare, in quel caso non lo avrei preso, io sono un po’ strega!”
Cosa che poi mi provò in diverse occasioni, dimostrandosi capace di prevedere sviluppi non banali di situazioni (lavorative e non) molto intricate.
Semplice intuito femminile? Oppure capacità di prevedere il futuro?
Un fatto è certo: le donne che amano vantarsi di essere streghe non sono poi così rare.
Ne ho incontrate più di una, quella che ho descritto era solo la più decisa nel definirsi in quel modo.
E quando sento una di loro dire: “Sento che le cose andranno così”, mi guardo bene dal prenderla sottogamba.

 

 

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