L’insegnante d’italiano

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17 Luglio 2022

Erano passati molti anni da quando si erano visti l’ultima volta.
Una trentina per l’esattezza.
Lui, allora, era un adolescente brufoloso, lei la sua insegnante d’italiano delle medie.
Adesso si trovavano seduti l’uno di fronte all’altra, in un battello che avanzava sul Canal Grande.
Lui l’aveva riconosciuta subito. 
“Chissà se si ricorda di me”, si era domandato, mentre il figlio, un bambino di una decina d’anni che sedeva accanto a lui,  si concentrava nel tentativo di migliorare il proprio record personale in un gioco elettronico.
Lei era stata una persona molto importante per lui: lo aveva sempre incoraggiato nei suoi tentativi di esprimersi, non risparmiandogli quache critica quando se la meritava, gli aveva dato anche ottimi consigli di lettura.
Lo aveva anche pesantemete rimproverato, minacciandolo di portarlo dal preside, una volta che lo aveva sorpreso a darsele di santa ragione con un compagno di classe nel cortile della scuola.
Ricordava bene le sue parole: “Solo gli stupidi credono di risolvere i problemi alzando le mani. Sei uno stupido tu?”

“Le piace Venezia, professoressa?”, si era deciso a dire, dopo avere a lungo esitato.
Lei aveva distolto lo sguardo dal bellissimo palazzo del ‘500 che stava ammirando e lo aveva fissato:
“Ci conosciamo?”
“Si. Qualche decina d’anni fa frequentavo la scuola media “Francesco Petrarca” e lei era la mia insegnante d’italiano”
“E tu sei…?”
“Io sono Francesco Mambretti, con tanti alunni che avrà avuto dubito che si ricordi di me…”
“Ma certo che mi ricordo di te. Certo non ti avrei riconosciuto con quel barbone…”
“Lei invece non è cambiata quasi per niente”
“Sei diventato bugiardo. Oppure compassionevole. Oppure non ricordi bene com’ero trent’anni fa.”
“Ricordo tutto. In particolare una cosa che mi ha detto.”
“Quale?”
“Lei ci aveva dato un tema su un argomento serio, quasi filosofico, il rapporto tra cultura e crescita personale. Io avevo inserito nel mio svolgimento alcune considerazioni di taglio umoristico. Ero allora un lettore accanito di Whodehouse e mi piaceva tentare di imitare il suo stile. Tentativi quanto mai goffi.”
“E io come ho reagito?”
“Lei non solo mi ha dato un’insufficienza, ma mi ha anche detto:  l’umorismo ha due regole precise, va fatto quando la situazione lo consente e da chi lo sa fare”
Lei aveva sorriso al ricordo di quella sua antica frase, aggiungendo dopo : “E a quelle due regole ti sei sempre attenuto?”
“Ci provo ancora”, le aveva risposto.
Poi il figlio gli aveva ficcato il gomito in una costola, dicendogli: “Ca’ Rezzonico, dobbiamo scendere!”
“Professoressa, è stato un piacere”, aveva avuto appena il tempo di dire, mentre con il figlio si accalcava verso l’uscita.
“Anche per me”, aveva risposto lei, “Buone cose!”

 

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CAT: Letteratura

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