Lo sciattone
Ieri sera ha piovuto fino a tardi, ma adesso il cielo è limpido e l’afa di ieri é scomparsa.
Mi siedo al caffè della piazzetta, ordino un caffè e inizio a sfogliare il giornale. Che parla quasi esclusivamente della pandemia: dei suoi effetti sulle nostre abitudini, sulla nostra economia, sui nostri rapporti con il prossimo e via discorrendo.
Dopo un po’ ne ho le tasche piene. Argomenti seri e importanti, non dico di no, ma anche deprimenti.
Per fortuna, seduto ad un tavolino poco distante dal mio, c’è un grande affabulatore sul quale… sintonizzarsi. Parla con la signora che sta accanto a lui di Joyce e di Virginia Woolf. Racconta del seminario che inizierà a breve come docente, cita continuamente, con grande padronanza della materia e brillantezza, autori importanti.
Per un po’ lo ascolto, affascinato. Poi, purtroppo, anche loro iniziano a parlare della pandemia: si concentrano sulle mascherine e sui così detti negazionisti. Niente di nuovo o interessante, estraggo dallo zaino il libro che sto leggendo. Sono arrivato all’ultimo capitolo, mi mancano giusto una decina di pagine.
Quando chiudo il libro, intercetto una conversazione completamente diversa da quella di prima. L’affabulatore adesso parla di un amico che si sta separando.
“Pensa – dice all’amica – era cotto di lei. E anche molto preso sessualmente. E sai cosa dice adesso? Dice che lei lo ha sfinito con le sue premure soffocanti, con quello che lui definisce il suo atteggiamento materno e sororale“.
“Il tuo amico sarà sicuramente uno sciattone…”, dice a quel punto la signora.”
“Da cosa lo capisci?”
“Lo sciattone é fatto così.”
“Così come?”
“Non solo si lascia andare, ma finisce anche per diventare insofferente a chi gli sta appresso per accudirlo…”
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