Perché ancora si scrive poesia?
Scrivo perché sono
Perché ero e sarò
Perché mi guardo allo specchio e mi riconosco
Scrivo per ridere e piangere
Per saziare la fame
Quando i digiuni della mia anima
Mi attanagliano.
Perché ancora si scrive poesia?
Perché a volte ci si sente soli anche tra tanta gente, perché dentro ci sono vuoti che non riesci a colmare,
butti giù strofe per lenire quanto dentro ti soffoca, per amore realizzato o semplicemente vagheggiato.
Perché in un mondo dove tutto è esposto, esibito, detto, ci sono quelle parole che non riesci a pronunciare, sono scudo che protegge la nostra anima, sono rifugio dove nascondersi quando non ci si sente capiti.
Si scrive poesia perché ci si interroga sui perché del mondo, quello che rimanda messaggi e immagini lontane dal nostro modo di pensare e di essere, che vorrebbe assorbici nelle sue spire seducenti, luci abbaglianti; o semplicemente si scrive domandandosi il perché non riusciamo a entrare in contatto con un amico che ci siede vicino, perché i nostri sforzi di comprendere non trovano spiegazioni semplici.
Si scrive perché forse si è alla ricerca della semplicità, quella che in un mondo artefatto sembra banalità, ci si vergogna ad essere semplici, perché ciò che non è modificato, filtrato, non è cool, è out.
Forse si scrive proprio per essere out, fuori il coro che ci vorrebbe parte integrante di esso senza veramente accettarci con le nostre debolezze, le nostre fragilità.
Si scrive poesia perché vogliamo attestare la nostra imperfezione, vogliamo comunicarla, urlarla.
La poesia è allora una sorta di carta d’identità, ci racconta e racconta al mondo chi siamo, senza maschere, senza imbrogli, senza doversi fingere migliori. É il nostro racconto sciatto, difforme, insensato, fuori lo schema perché rigare sempre dritto è una virtù da pochi, quasi un’offesa all’umana natura che a volte ha bisogno d prendere sentieri storti per ritrovarsi dritti, di scegliere soluzioni alternative per arrivare all’obiettivo.
L’obiettivo della poesia non è mai altisonante, sempre dimesso perché non pretende di essere capito, vorrebbe essere sentito, partecipato, colto, compreso.
Si scrive poesia perché una pagina riempita di un sentimento conferisce più colore alla giornata rispetto ad una pagina bianca, perché dire chi siamo, cosa vogliamo, è un atto rivoluzionario; perché non ci si può presentare agli altri sotto mentite spoglie in eterno. Bisogna riuscire a esporsi, a mettersi a nudo, a mostrare un pezzo di pelle affinché si possa essere riconosciuti e cercati.
Si scrive poesia per catturare sintonie, perché condividere umori significa partecipare al mondo dell’altro.
La poesia, a pari delle corde di uno strumento, è una cassa armonica, acusticamente piccola, ma un grande strumento.
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