Solo un pudico saluto: e fu subito amore

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27 Aprile 2019

Tutto è racchiuso in un pudico saluto, che provoca in chi lo ha ricevuto uno tormentoso sconvolgimentoFu lei, scintillante, è non lui a salutare, circostanza non di poco conto, come se ci si sentisse non solo privilegiato, scelto, degno di attenzione ma già predisposto e raccolto, affinché l’amore cortese e gentile potesse attecchire in un nobile animo.

Siamo alla fine della seconda metà del 1200 e così si dispiegava nella letizia comportamentale l’approccio amoroso, la corresponsione sentimentale.

È questa la storia tra Dante e Beatrice sulla quale il Sommo scriverà la “Vita Nova” e narra di questo amore giovanile che lo segnerà per tutta la vita. L’aveva vista quando lei aveva nove anni e ne fu fascinosamente folgorato ma senza che Beatrice si accorgesse della sua presenza e solo dopo nove anni si rivedono e Lei saluta Dante che, ne subisce tramortito, la sua ineffabile bellezza. Ed il giovane poeta si perita a scrivere per Lei sonetti che rappresentano la fulgida pienezza della poesia cortese, quella dello stilnovo, che portano la dama prescelta alla centrale speculazione della letteratura, ma concedono ai poeti di sciorinare componimenti che rimaranno come perle imperiture nella storia dell’idillio d’amore.

Nel vederla era stato travolto da una passione sconvolgente, di quelle che fanno tremare i polsi, obnubilare la vista, perdere l’appetito. Ma era una passione solo sua, dalla quale la giovanissima Beatrice non era stata lambita. Benché in seguito l’avesse cercata più volte, tra loro non era nata una storia d’amore. Dovranno passare altri nove anni,perché Beatrice diciottenne si accorgesse di lui.

Nel 1283, proprio allo scadere del nono anno, accadde un episodio che Dante racconta così: “questa mirabile donna apparve a me vestita di colore bianchissimo, in mezzo di due gentili donne, le quali erano di più lunga etade; e passando per una via, volse gli occhi verso quella parte ov’io era molto pauroso, e per la sua ineffabile cortesia [ …] mi salutò”.
Era la prima volta che Beatrice lo vedesse e a lui “parve allora provare tutti li termini della beatitudine».
“Il bel saluto che mi rivolgete guardandomi con gentilezza quando vi incontro mi colpisce nel profondo del cuore;Amore mi assale e non bada affatto se mi reca offesa o mi porge grazia”.
Il saluto di Beatrice –non per caso definita donna della cortesia- è salvifico, da gesto cortese si sublima in segno di grazia.
Chi lo riceve prova ‘l’estremo della beatitudine’ («tutti li termini della beatitudine»), si riempie di tanta «dolcezza» da restare «inebriato».

Beatrice è sorvegliata: cammina per strada fra due accompagnatrici più anziane, parenti o amiche, comunque «gentili».
Ottempera dunque alle regole. Ma poi, inaspettatamente, le infrange.
Dante non dice se la dama scortata procedeva a capo chino o guardando fissa davanti a sé; dice però, senza possibilità di equivoco, che essa «volse gli occhi verso quella parte» dove lui era, che Beatrice cioè rivolse lo sguardo su di lui.
L’infrazione alla regola, forse non sempre rispettata nella quotidianità del vivere, ma sicuramente ben salda nella cultura comportamentale del tempo, è netta.
Non pago, Dante aggiunge che Beatrice «per la sua ineffabile cortesia» lo salutò. Un saluto gratuito pronunciato di propria iniziativa: in altre parole, non in risposta a un saluto di Dante, di cui il racconto non fa cenno, ma come gesto libero e spontaneo. Il comportamento di Beatrice è dunque trasgressivo. Se leggiamo il gesto-scrive un grande dantista Marco Santagata-di una dama che assume l’iniziativa sforzandoci di fare nostra la mentalità di allora, ecco che ciò che a noi può apparire banale, per non dire scontato, assume ben altro significato.

Il saluto di Beatrice esprime un amore disinteressato e superiore.È la rottura delle convenzioni, oggi diremmo l’indifferenza nei confronti del perbenismo sociale e quindi quel tanto di scandaloso che essa contiene a conferire al saluto una connotazione di eccezionalità.
Ma è con lo sguardo che Beatrice cerca Dante, lo colpisce con un dardo sontuoso lanciato dai suoi occhi, come lo scoccar di una freccia da un arco ben teso.
Così canta la poesia.

“Quando lei passava vicino a qualcuno, tanto decoro scendeva nel cuore di colui, che non osava nemmeno sollevare lo sguardo, né rispondere al suo saluto.
Molti dicevano: -Questa non è una semplice donna, piuttosto è uno dei bellissimi angeli del cielo -. E altri dicevano: -Questa donna è una meraviglia, un miracolo; che benedetto sia il Signore, capace di fare simili miracoli! -. Io dico che lei si mostrava così nobile e così piena di bellezze, di grazie, che tutti quelli che la guardavano provavano dentro di loro una dolcezza virtuosa e delicata, ma tale che non sapevano descriverla; né c’era qualcuno che potesse guardarla senza essere subito costretto a sospirare”.
“Ella cammina, sentendo le lodi di ammirazione intorno a lei, con un atteggiamento di mansueta modestia; e appare come una creatura scesa sulla terra dal cielo per mostrarne i prodigi. Lei appare tanto bella a chi la guarda, che trasmette, attraverso gli occhi, una dolcezza tale nel cuore, che non può comprenderla chi non l’abbia direttamente provata: e sembra che dal suo volto emani uno spirito delizioso pieno d’amore, che dice all’anima: Sospira”.
“Nobile donna mia, finché mi rimane un po’ di vita, vi piaccia di non essere restia nel mostrarvi ai miei occhi, in modo che io muoia consolato in pace”.
“Rende ogni cosa umile, non fa apparire solo se stessa piena di grazia, ma ciascuna cosa”.
“I suoi occhi lucevano come le stelle e la sua voce era piana, dolce, soave, delicata come quella degli angeli celesti.
Per lei amor ha signoreggiato la mia anima”.

Per Lei scriverà la Commedia, necessariamente divina, perché così era Beatrice, dispensatrice di doni e di grazia e Dante crea il Paradiso, come dirà il grande poeta argentino Borges, con il proposito di fondare un regno per la sua dama.

 

TAG: Dante Alighieri
CAT: Letteratura

Un commento

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  1. dionysos41 5 anni fa

    Dante ha scritto una “Vita Nuova” e non una “Vita Nova”. E poi perché citarlo in orride parafrasi d’italiano pseudomoderno e non invece nella sua lingua originaria? Tutto molto approssimativo e superficiale.

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