Symbolum

lo diede ai suoi discepoli (Matteo 26,26)
Nella notte, le strade dell’addio:
strade che portano a tacere
nel buio; al nascosto mistero.
Al dio vero e abbandonato,
a un amore lasciato cadere. All’altare
nei campi, appena schiarito
da fari di auto veloci
come lampi di luce,
o raggi pietosi penetranti.
Ma l’ostia spezzata chiude il gesto
per sempre, e tutto è compiuto
nella notte senza voci,
senza aiuto.
Fu tradito: una porta sbarrata,
il passaggio taciuto, o chissà
che miscuglio nel vino.
E c’era chi brindava, c’era chi bestemmiava
lì intorno.
Più lontano qualcuno godeva
tra lenzuola macchiate,
rito antico a chiusura
di una indegna vittoria.
Oltraggio verso una storia arresa;
il tradito implora pietà
da chi lo consegna al nemico
perduto, anche lui,
di paura.
Prese il pane materia, il pane grano
nostro quotidiano sostentamento.
Pane del padre e simbolo di fame
per sempre domata, sudore di terra
o immeritata manna dal cielo.
Mano di madre che si infarina,
forno di legna, cenere e fuoco.
Crosta dorata, profumo
che lento si sparge in cucina.
Prese il pane e lo spezzò,
nutrimento della carne;
guardò fuori
aspettando il rumore del giorno.
Grazie per l’aria e per la luce,
grazie per la croce futura.
“Nolite quaerere a Deo”, sola preghiera
riconoscente, misura di un sorriso,
del ginocchio piegato.
In questa sera oscura, o truce notte
ardente; fatti benedizione,
voce dall’alto, “nisi Deum”,
ha supplicato:
ucciso.
Lo diede offerta, gratuito dono,
– amici non più servi – disse;
mangiate tutti, mangiamo insieme
in questa cena ultima, mia mensa
e mia comunità. Certa alleanza
perché non vi abbandono,
unica vera vena del cuore
e ricompensa, umanità di Dio
raccolta in una stanza.
Corpo sacrificato, sacrificante
corpo: muto, in ascolto, angosciato,
tremante nell’ orto. Corpo
rivestito di spini e sudari,
vivente carne sofferente;
corpo svuotato, fino alla morte
obbediente: spogliato e sputato.
Come agnello portato al macello;
sgozzato, mangiato.
E fu sepolto.
Risorto poi, corpo glorioso elevato,
liberato dal male, rinato.
Corpo sdoppiato
eterno e bambino, immobile
e in cammino: anima crocefissa
alla materia, anima bella, luce
da luce generata.
Questo è il mio corpo,
umano e divino.
Sangue vendemmia raccolto
in un calice, deterso dal volto,
mani inchiodate e cuore trafitto;
sangue stillante dai rami,
dai mali di ogni palestina;
rappreso incrostato indelebile,
castigo e delitto,
flebile pianto di neonato,
canto roco di uno
disperso nel deserto, mestruo
colante di babilonia.
Sangue che intride la terra
e stride vendetta, si infetta
per una ferita veniale;
sangue di carneficina
o di cerimonia nuziale,
di agguato e di guerra.
Sangue di vite e di una vita,
linfa di tralci aggrappati
alla vigna, sangue
che danza inebriato,
esplode di stupore,
si immola per amore.
Per voi, per tutti: l’offerta, il dono.
Che è perdita
di corpo e di pensiero, parola e gesto;
rinuncia alla memoria,
aperta resa
al non più io, al noi,
al resto.
O dio – mio dio. Se pesa
questo lasciare
la propria storia,
sola certezza, vero che sazia…
Cosa chiedere poi?
Grazia e perdono.
Remissione, assoluzione,
ritorno al prima e nuovo inizio;
magica forza dal niente
al tutto, da notte a giorno.
Servizio
di clemenza e pietà,
abiura del peccato,
impostura del male:
nihil videbat, il dannato,
nel tombale silenzio.
Improvvisa la luce
cum ipso et in ipso.
Carità.
In memoria. Non cancellate,
mantenete il ricordo:
ogni parola serbate, il bene
il tempo la preghiera.
Quello che è destinato a sparire
– il non ritorno, gloria del nulla.
Ora della passione,
crocifissione cosmica,
il vuoto sordo e cieco.
Morire del giorno, e sera
inesorabile.
Ma poi di nuovo aurora,
il chiaro, l’eco di una risposta
che aspettavate;
e c’è.
Questo fate,
in memoria di me.
Garda, febbraio 2014
3 Commenti
Devi fare per commentare, è semplice e veloce.
il mondo intero ha bisogno di LAICITà, ovunque, a cominciare dalle scuole di ogni grado, al fine di sottrarre credibilità alla superstizione religiosa, eterna fonte di divisione, di maschilismo, omofobia, intolleranza verso chi non crede e verso chi vuole rispetto per i propri diritti quando questi siano in contrasto con la superstizione di turno.
La mediazione, il dialogo interreligioso et cetera sono utili quanto asciugare l’acqua a terra invece di riparare il tubo che perde:
utili nel breve periodo, ma non risolvono il problema, poiché una gran parte della popolazione mondiale non ha gli strumenti intellettuali per opporsi alla propaganda religiosa, ed una fetta di questa parte diviene inevitabilmente intollerante ed i credenti moderati raramente si battono contro tale intolleranza, o perché rischiano la vita, o perché i problemi delle categorie discriminate dalla religione non li riguardano personalmente (divieto di matrimonio gay, divieto di eutanasia et cetera)
per fare del bene non occorre alcuna superstizione religiosa, mentre questa è terreno perfetto per l’intolleranza, verso le donne, i gay, chi crede ad altre superstizioni, chi non crede, chi vuol fare valere i propri diritti in contrasto con la religione imperante nel pasese dove vive
Grazie dei suoi commenti. Non sono credente, ma rivendico il diritto intellettuale ed emotivo alla condivisione del mistero millenario della sofferenza innocente, che spera in un riscatto sempre procrastinato. Il dolore di chi viene tradito, perseguitato, portato al macello come l’agnello di Isaia, nel silenzio complice dei più, rimane irredimibile.